mercoledì 15 aprile 2015

Podemos: «La Ue non è il cortile del capitale noi e Syriza siamo forze popolari»

Rafael Mayoral, 40 anni, uno dei dieci saggi che compongono il Consejo de coordinacíon, massimo organo direttivo di Podemos
«Come avvo­cato della Pah ho impa­rato una lezione. Quando l’ordine sta­bi­lito vuole pre­ser­vare se stesso, cerca di instil­lare l’idea che il cam­bio è impos­si­bile. Però quando la mag­gio­ranza sociale si uni­sce, l’ordine sta­bi­lito vacilla». Parla Rafael Mayo­ral, 40 anni, uno dei dieci saggi che com­pon­gono il Con­sejo de coor­di­na­cíon , mas­simo organo diret­tivo di Pode­mos. Ex avvo­cato della Piat­ta­forma con­tro gli sfratti (Pah), rico­pre ora il ruolo di Segre­ta­rio delle rela­zioni con i movi­menti sociali nel par­tito di Pablo Iglesias.
Pode­mos dice di non rico­no­scersi nelle cate­go­rie poli­ti­che tra­di­zio­nali. Il vostro non è un par­tito di sinistra?
Effet­ti­va­mente rifiu­tiamo le eti­chette di destra e sini­stra, ormai usu­rate. Il Psoe, per esem­pio, dovrebbe essere un par­tito di sini­stra, però ha appog­giato la troika e ha con­tri­buito al disa­stro sociale spa­gnolo. Per noi la linea di demar­ca­zione non è tra destra e sini­stra, ma tra forze che difen­dano gli inte­ressi dei grandi capi­tali e forze che agi­scono a tutela della mag­gio­ranza sociale. Una mag­gio­ranza, peral­tro, com­po­sita: la crisi non ha col­pito solo gli ope­rai o i set­tori sociali più tra­di­zio­nal­mente legati alla sini­stra, ma anche i liberi pro­fes­sio­ni­sti, e per­sino la pic­cola e media impren­di­to­ria. Insomma, più che un’ideologia, noi difen­diamo un nuovo modello di paese, dif­fi­cile da com­pri­mere in cate­go­rie vecchie.
Come tanti mili­tanti di Pode­mos, lei viene dal Par­tido comu­ni­sta e da Izquierda Unida. A che cosa si deve que­sta migra­zione di massa?
Uno dei motivi è che mili­tanza in que­ste for­ma­zioni si riduce spesso ad un’appartenenza sim­bo­lica, tant’è che spesso risulta dif­fi­cile par­te­ci­pare ai pro­cessi deci­sio­nali interni. Inol­tre la sini­stra tra­di­zio­nale mani­fe­sta, a mio giu­di­zio, uno scol­la­mento rispetto alla realtà del paese. Attual­mente, non mi pare che sia in grado di inter­pre­tare e rispon­dere alle esi­genze di cam­bia­mento della società spagnola.
Par­lando di par­te­ci­pa­zione: non c’è il rischio che il cari­sma e l’esposizione di Igle­sias oscu­rino la voca­zione plu­ra­li­sta del vostro partito?
Non mi pare. Soprat­tutto in que­sta fase, sia il par­tito – inter­na­mente — che la società hanno biso­gno di rife­ri­menti poli­tici sta­bili e forti e da que­sto punto di vista Pablo sta facendo un lavoro magni­fico. Inol­tre, con le lezioni vicine, le sue doti comu­ni­ca­tive sono imprescindibili.
Come si posi­ziona Pode­mos rispetto all’Europa?
Siamo cer­ta­mente favo­re­voli ad un’Europa unita. Però la Ue non può essere il cor­tile del capi­tale finan­zia­rio. Al con­tra­rio, dovrebbe essere uno spa­zio di rap­pre­sen­tanza e di tutela degli inte­ressi dei popoli e delle nazioni. La Gre­cia ha avuto la dignità di riven­di­care que­sti diritti e di divin­co­larsi dalla stretta tede­sca, men­tre la Spa­gna resta genu­flessa al cospetto della Mer­kel. Non è un caso che i governi più cri­tici nei con­fronti delle deci­sioni gre­che, siano stati pro­prio Spa­gna e Por­to­gallo: né il nostro governo né quello por­to­ghese hanno inte­resse che dall’altro estremo del medi­ter­ra­neo, giunga la con­ferma che un altro modello d’Europa è possibile.
In che modo la tra­iet­to­ria di Syriza sta influendo su quella di Podemos?
Innan­zi­tutto la vit­to­ria di Syriza ha fatto sì che si con­so­lidi defi­ni­ti­va­mente l’importanza e la spe­ci­fi­cità dell’area geo­po­li­tica com­po­sta dai paesi dell’Europa meri­dio­nale. Per­ciò l’affermazione di Tsi­pras non influi­sce solo sulla realtà spa­gnola ma anche su quella degli altri paesi dell’area medi­ter­ra­nea (a cui aggiun­ge­rei l’Irlanda). Con Syriza al governo, la lotta dei paesi del sud Europa per modi­fi­care l’assetto del potere sullo scac­chiere comu­ni­ta­rio è diven­tata più con­creta. La Gre­cia, oggi, è l’avamposto di un fronte comune su cui non solo la Spa­gna è chia­mata a bat­tersi, ma anche l’Italia, il Por­to­gallo, e tutti i paesi pro­strati dalle poli­ti­che di austerità.
Però non c’è una Syriza o un Pode­mos in Italia….
Ed è giu­sto che non ci sia. L’Italia non ha biso­gno di una replica di Pode­mos, per­ché la nostra è una for­ma­zione legata alla realtà e al con­te­sto spa­gnoli. Le con­di­zioni sociali per un cam­bio poli­tico esi­stono ovvia­mente anche in Ita­lia e il rin­no­va­mento demo­cra­tico che esige l’inadeguatezza delle attuali forze poli­ti­che è una neces­sità urgente tanto in Spa­gna quanto altrove in Europa. Però ogni paese deve dare la sua rispo­sta spe­ci­fica; deve tro­vare in auto­no­mia la forma poli­tica più adatta a cana­liz­zare que­ste istanze. Così come noi non abbiamo rical­cato Syriza, l’Italia dovrebbe evi­tare di rical­care Podemos.
Come giu­dica l’avvicinamento della Gre­cia alla Russia?
Ogni paese sovrano ha il diritto di intes­sere rela­zioni con altri stati. I ver­tici della Ue cre­dono di poter det­tare le poli­ti­che estere ai paesi eco­no­mi­ca­mente più deboli secondo i loro inte­ressi, ma di fatto si tratta di un’ingerenza nelle scelte di un governo autonomo.
La que­stione dei nazio­na­li­smi (Cata­lo­gna e Paesi Baschi su tutti) sarà cru­ciale per l’esito elet­to­rale. Qual è il punto di vista di Podemos?
Non temiamo le urne e quindi non ci oppor­remmo ad un ipo­te­tico refe­ren­dum indi­pen­den­ti­sta, se que­sta fosse la volontà del popolo cata­lano o basco. Però vor­remmo evi­tare di arri­vare a tanto: Pode­mos pro­pone un pro­getto demo­cra­tico e inclu­sivo, rivolto a tutti gli spa­gnoli. Stiamo lavo­rando affin­ché anche cata­lani e baschi si uni­scano que­sto pro­getto di rin­no­va­mento comune, per un paese unito nel rispetto delle dif­fe­renze e oppo­sto alla gestione pseu­do­na­zio­na­li­sta di par­titi come CiU, che fanno gli inte­ressi del grande capi­tale sfrut­tando il sen­ti­mento nazio­na­li­sta. Non è con l’imposizione, ma con il rin­forzo della sovra­nità popo­lare e dei diritti per i cit­ta­dini che si costrui­sce un’alternativa poli­tica cre­di­bile al secessionismo.
A urne chiuse, biso­gnerà aspet­tarsi alleanze con altri partiti?
Noi siamo pronti a dia­lo­gare con chiun­que, però col­la­bo­re­remo solo con le forze poli­ti­che e sociali che vogliano effet­ti­va­mente difen­dere gli inte­ressi della mag­gio­ranza sociale. In ogni caso qual­siasi pos­si­bile alleanza, sarà sot­to­po­sta al voto dei militanti.

Fonte: il manifesto | Autore: Giuseppe Grosso

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