sabato 11 aprile 2015

La perversione del senso del 25 aprile di Moni Ovadia



Nel corso della mia vita e da che ho l’età della ragione, ho cer­cato di par­te­ci­pare, anno dopo anno a ogni mani­fe­sta­zione del 25 aprile. Un paio di anni fa, per­cor­rendo il cor­teo alla ricerca della mia col­lo­ca­zione sotto le ban­diere dell’Anpi, mi imbat­tei nel gruppo che rap­pre­sen­tava i com­bat­tenti della “bri­gata ebraica”, aggre­gata nel corso della seconda guerra mon­diale alle truppe alleate del gene­rale Ale­xan­der e impe­gnata nel con­flitto con­tro le forze nazi­fa­sci­ste. Qual­cuno dei com­po­nenti di quel drap­pello mi rico­nobbe e mi salutò cor­dial­mente, ma uno di loro mi rivolse un invito sgra­de­vole, mi disse: «Vieni qui con la tua gente». Io con un gesto gli feci capire che andavo più avanti a cer­care le ban­diere dell’Anpi che il 25 aprile è «la mia gente» per­ché io sono iscritto all’Anpi con il titolo di anti­fa­sci­sta. Lui per tutta rispo­sta mi apo­strofò con que­ste parole: «Sì, sì, vai con i tuoi amici palestinesi».
Il tono sprez­zante con cui pro­nun­ciò la parola pale­sti­nesi sot­tin­ten­deva chia­ra­mente «con i nemici del tuo popolo». Io gli risposi dan­do­gli istin­ti­va­mente del coglione e affret­tai il passo lasciando che la sua rispo­sta, sicu­ra­mente becera si disper­desse nell’allegro vociare dei manifestanti.
Que­sto epi­so­dio, appa­ren­te­mente inno­cuo, mi fece scon­trare con una realtà assai tri­ste che si è inse­diata nelle comu­nità ebrai­che. I grandi valori uni­ver­sali dell’ebraismo sono stati pro­gres­si­va­mente accan­to­nati a favore di un nazio­na­li­smo israe­liano acri­tico ed estremo. Un nazio­na­li­smo che iden­ti­fica stato con governo.
Natu­ral­mente non tutti gli ebrei delle comu­nità hanno imboc­cato que­sta deriva scio­vi­ni­sta, ma la parte mag­gio­ri­ta­ria, quella che alle ele­zioni con­qui­sta sem­pre il “governo” comu­ni­ta­rio, fa dell’identificazione di ebrei e Israele il punto più qua­li­fi­cante del pro­prio pro­gramma al quale dedica la pre­va­lenza delle sue energie.
Io ritengo inac­cet­ta­bile que­sta ideo­lo­gia nazio­na­li­sta, in pri­mis come essere umano per­ché il nazio­na­li­smo deva­sta il valore inte­gro e uni­ver­sale della per­sona, poi come ebreo, per­ché nes­sun altro fla­gello ha pro­vo­cato tanti lutti agli ebrei e alle mino­ranze in gene­rale e da ultimo per­ché, come inse­gna il lascito morale di Vit­to­rio Arri­goni, io non rico­no­sco altra patria che non sia quella dei dise­re­dati e dei giu­sti di tutta la terra.
L’ideologia nazio­na­li­sta israe­liana negli ultimi giorni ha fatto matu­rare uno dei suoi frutti tos­sici: la deci­sione presa dalla comu­nità ebraica di Roma, per il tra­mite del suo pre­si­dente Ric­cardo Paci­fici, di non par­te­ci­pare al cor­teo e alla mani­fe­sta­zione del pros­simo 25 aprile. La ragione uffi­ciale è che nel cor­teo sfi­le­ranno ban­diere pale­sti­nesi, vul­nus inac­cet­ta­bile per il pre­si­dente Paci­fici, in quanto nel tempo della seconda guerra mon­diale, il gran muftì di Geru­sa­lemme Amin al Hus­seini, mas­sima auto­rità reli­giosa sun­nita in terra di Pale­stina fu alleato di Hitler, favorì la for­ma­zione di corpi para­mi­li­tari musul­mani a fianco della Ger­ma­nia nazi­sta e fu fiero oppo­si­tore dell’instaurazione di uno stato Ebraico nel ter­ri­to­rio del man­dato bri­tan­nico. Men­tre la bri­gata ebraica com­bat­teva con gli alleati con­tro i nazi­fa­sci­sti. Tutto vero, ma il muftì nel 1948 venne desti­tuito e arre­stato: oggi vedendo una ban­diera pale­sti­nese a chi viene in mente il gran muftì di allora? Pra­ti­ca­mente a nes­suno, se si eccet­tua qual­che ultrà del sio­ni­smo più iste­rico o a qual­che fana­tico modello Isis.
Oggi la ban­diera pale­sti­nese parla a tutti i demo­cra­tici di un popolo colo­niz­zato, occu­pato, che subi­sce con­ti­nue e inces­santi ves­sa­zioni, che chiede di essere rico­no­sciuto nella sua iden­tità nazio­nale, che si batte per esi­stere con­tro la poli­tica repres­siva del governo di uno stato armato fino ai denti che lo opprime e gli nega i diritti più ele­men­tari ed essen­ziali. Un governo che lo umi­lia esco­gi­tando uno stil­li­ci­dio di vio­lenze psi­co­lo­gi­che e fisi­che e pseudo legali per ren­dere esau­sta e irri­le­vante la sua stessa esi­stenza. Quella ban­diera ha pieno diritto di sfi­lare il 25 aprile — com’è acca­duto per decenni e senza pole­mica alcuna — e glielo garan­ti­sce il fatto di essere la ban­diera di un popolo che chiede di essere rico­no­sciuto, un popolo che lotta con­tro l’apartheid, con­tro l’oppressione, per libe­rarsi da un occu­pante, da una colo­niz­za­zione delle pro­prie legit­time terre, legit­time secondo la lega­lità inter­na­zio­nale, un popolo che vuole uscire di pri­gione o da una gab­bia per garan­tire futuro ai pro­pri figli e dignità alle pro­prie donne e ai pro­pri vec­chi, un popolo la cui gente muore com­bat­tendo armi alla mano con­tro i fana­tici del sedi­cente Calif­fato isla­mico nel campo pro­fu­ghi di Yar­mouk, nella mar­to­riata Dama­sco. E degli ebrei che si vogliono rap­pre­sen­tanti di quella bri­gata ebraica che com­batté con­tro la bar­ba­rie nazi­fa­sci­sta hanno pro­blemi ad essere un cor­teo con quella ban­diera? Allora siamo alla per­ver­sione del senso ultimo della Resistenza.
La verità è che quella del gran muftì di allora è solo un pre­te­sto cap­zioso e stru­men­tale. Il vero scopo del pre­si­dente Paci­fici e di coloro che lo seguono — e addo­lora sapere che l’Aned con­di­vide que­sta scelta -, è quello di ser­vire pedis­se­qua­mente la poli­tica di Neta­nyahu, che con­si­ste nello scre­di­tare chiun­que sostenga le sacro­sante riven­di­ca­zioni del popolo pale­sti­nese. Per dare forza a que­sta pro­pa­ganda è dun­que neces­sa­rio stac­care la memo­ria della per­se­cu­zione anti­se­mita dalle altre per­se­cu­zioni del nazi­fa­sci­smo e soprat­tutto dalla Resi­stenza espressa dalle forze della sini­stra. È neces­sa­rio discri­mi­nare fra vit­tima e vit­tima israe­lia­niz­zando la Shoah e cor­to­cir­cui­tando la dif­fe­renza fra ebreo d’Israele ed ebreo della Dia­spora per pro­porre l’idea di un solo popolo non più tale per il suo legame libero e dia­let­tico con la Torah, il Tal­mud e il pen­siero ebraico, bensì un popolo tri­bal­mente legato da una terra, da un governo e dalla forza militare.
Se come temo, que­sto è lo scopo ultimo dell’abbandono del fronte anti­fa­sci­sta con il pre­te­sto che acco­glie la ban­diera pale­sti­nese, la scelta non potrà che por­tare lace­ra­zioni e scia­gure, come è voca­zione di ogni nazio­na­li­smo che non rico­no­sce più il valore dell’altro, del tu, dello stra­niero come figura costi­tu­tiva dell’etica mono­tei­sta ma vede solo nemici da sot­to­met­tere con la forza.

25 Aprile. E' ancora scontro sulle manifestazioni a Roma

di Alessandro Avvisato, Contropiano.org
25 Aprile. E' ancora scontro sulle manifestazioni a Roma
Nella Capitale non cessano le polemiche intorno alle celebrazioni del 25 Aprile che quest'anno festeggia i settanta anni dalla Liberazione del paese dal nazifascismo.
A Roma continua a pesare l'ipoteca posta dai gruppi ultrasionisti della comunità ebraica – coadiuvati da una complice e acritica campagna stampa – contro la presenza di bandiere palestinesi nel corteo. L'anno scorso si arrivò allo scontro platealmente, con una aggressione ripetuta della Led (Lega di Difesa Ebraica) contro chi esibiva una bandiera palestinese alla partenza della manifestazione al Colosseo.
Memori di quella esperienza, le reti solidali con i palestinesi, da tempo hanno avviato un percorso di confronto pubblico per arrivare in modo compatto e unitario al corteo che storicamente parte o si conclude a Porta San Paolo, luogo simbolo della Resistenza romana contro il nazifascismo.
A subire il massimo di pressioni è stata l'Anpi provinciale di Roma, titolare delle celebrazioni, che a fine marzo aveva convocato una riunione pubblica per discutere come organizzare il 25 Aprile cercando di stemperare le tensioni. Ma i gruppi oltranzisti dell'ebraismo romano hanno abbandonato la riunione con accuse fantasiose e annunciando che non sarebbero stati in piazza il 25 Aprile perchè le bandiere palestinesi sono estranee, anzi sono il simbolo dell'alleanza con i nazisti. Il ritornello, piuttosto stonato, è il solito discorso sui rapporti tra la Germania nazista e il Gran Muftì di Gerusalemme, dimenticando che la Palestina degli anni '30 era una colonia britannica e che lo stesso atteggiamento lo ebbe Gandhi che conduceva la lotta contro l'occupazione coloniale britannica dell'India, ritenendo la Gran Bretagna il problema e il nemico principale dei popoli delle colonie. Insomma una decontestualizzazione del tutto strumentale e tesa a far sì che l'occupazione di bandiere israeliane della manifestazione del 25 aprile negli ultimi anni, è stata esagerata, intrusiva e in finale aggressiva. Utilizzando l'apripista della Brigata Ebraica, i gruppi sionisti sono via via diventati una presenza ingombrante nelle manifestazioni esibendo le bandiere dello Stato di Israele e pretendendo la rimozione di quelle palestinesi.
Il pressing dei gruppi sionisti ha fatto sì che la Giunta comunale di Roma, coadiuvata dall'Anpi nazionale, esautorasse l'Anpi provinciale dalla gestione del corteo del 25 Aprile, convocando una manifestazione “istituzionale” in Campidoglio nella quale, evidentemente, verranno accettate le bandiere dello Stato di Israele ma non quelle palestinesi. A quel punto il presidente dell'Anpi provinciale, Nassi, ha rassegnato le dimissioni per protesta contro questo blitz. Secondo alcune fonti, l'Anpi provinciale, a maggioranza, non avrebbe però accettato le dimissioni riconfermando la fiducia a Nassi.
Le reti solidali con la Palestina in queste settimane hanno lavorato per allargare la presenza in piazza alle altre resistenze, come quella kurda e quella nel Donbass, discutendone pubblicamente in più incontri e decidendo di mantenere comunque l'appuntamento del 25 Aprile in piazza a Porta San Paolo, sia per dare un segno non avvilente all'anniversario della Liberazione e alla funzione avuta dalla Resistenza partigiana, sia per non accettare i diktat e i ricatti dei gruppi sionisti della comunità ebraica romana.
L'appuntamento antifascista, antimperialista e antisionista a Porta San Paolo, alternativo a quello istituzionale in Campidoglio è stato dunque confermato, anche per manifestare pubblicamente il sostegno alla comunità palestinese, da sempre presente nelle manifestazioni del 25 Aprile, ma negli ultimi anni oggetto di ripetute intimidazioni ed esclusioni, che a questo punto vengono legittimate dalla manifestazione istituzionale. Una posizione questa respinta però da diversi circoli dell'Anpi.
Ma i problemi “romani” non finiscono qui. Da anni infatti, in alternativa alla manifestazione “ufficiale” del 25 Aprile, si tiene un corteo di movimento nella zona sud/est (Centocelle), da sempre molto partecipato. I tentativi di convergere su un unico appuntamento al momento non hanno portato ai risultati auspicati e neanche quello di differire un po' gli orari per consentire anche a chi andrà a Porta San Paolo di poter raggiungere in un secondo momento il corteo territoriale. Insomma una conferma di incomunicabilità tra i vari settori del movimento romano dalla quale ancora non si riesce a venire fuori.
Appare paradossale che anche sulla Resistenza antifascista, che pure ha dato ottima prova di sé con la manifestazione contro Salvini poco più di un mese fa, non si riesca a produrre momenti convergenti. Ma è evidente che, anche se non ci sarà il corteo ufficiale, la mattina del 25 Aprile non si può lasciare Porta San Paolo vuota di contenuti antifascisti coerenti e di presenze caratterizzate dal sostegno ai popoli che resistono.

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