Il 13 luglio scorso, dopo
l’annuncio dell’acquisizione della marchigiana Indesit da parte del
gruppo statunitense Whirlpool, Matteo Renzi aveva definito l’operazione
“fantastica” rivendicando di aver “parlato personalmente con gli
americani a Palazzo Chigi”. “Noi, se ci riusciamo, vogliamo portare
aziende da tutto il mondo a Taranto, a Termini Imerese, nel Sulcis, come
nel Veneto. Il punto non è il passaporto, ma il piano industriale”. Ora
il piano industriale di Whirlpool è arrivato, ma è ben diverso dagli
auspici del presidente del Consiglio: chiusura di tre siti produttivi e
1.350 esuberi.
Il 13 luglio scorso, dopo l’annuncio dell’acquisizione della marchigiana Indesit da parte del gruppo statunitense Whirlpool, Matteo Renzi aveva definito l’operazione “fantastica” rivendicando di aver “parlato personalmente con gli americani a Palazzo Chigi”. No a “una visione del mondo autarchica”, aveva detto il premier in un’intervista al Corriere della Sera:
“Noi, se ci riusciamo, vogliamo portare aziende da tutto il mondo a
Taranto, a Termini Imerese, nel Sulcis, come nel Veneto. Il punto non è
il passaporto, ma il piano industriale. Se hanno soldi e idee per creare posti di lavoro,
gli imprenditori stranieri in Italia sono i benvenuti”. Ora che il
piano industriale di Whirlpool è arrivato, però, si scopre che è ben
diverso dagli auspici del presidente del Consiglio: comprende la chiusura di tre siti produttivi e 1.350 esuberi.
Il gruppo intende fermare le attività della fabbrica di Carinaro (Caserta), di Albacina (frazione di Fabriano) e di None
(Torino). E ha ufficializzato al ministero dello Sviluppo che prevede
appunto 1.350 esuberi, di cui 1.200 nelle fabbriche e 150 nei centri di
ricerca su un totale di 5.150 lavoratori. A renderlo noto è stato Gianluca Ficco della Uilm nazionale,
dopo l’incontro con l’azienda al dicastero di via Veneto. Vertice che è
andato malissimo, con rsu e segretari sindacali territoriali che in
segno di protesta hanno abbandonato la riunione. Intanto da Nord a Sud è
scattata la mobilitazione: gli operai dell’impianto di Albacina (che saranno trasferiti nello stabilimento di Melano) hanno bloccato la strada provinciale
256 Muccese e si sono diretti verso la superstrada Ancona-Roma per
protestare e negli stabilimenti del Fabrianese è scattato lo stato di
agitazione. Il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, ha convocato ad horas un tavolo con i sindacati, mentre l’omologo delle Marche Gian Mario Spacca definisce
la chiusura di Albacina “inaccettabile” e attacca: “Singolare che su
una vicenda di tale rilevanza il governo nazionale abbia escluso la
partecipazione delle Regioni”. Fabrizio Bassotti, della Fiom Cgil
di Fabriano, ha buon gioco a rispolverare l’intervista del presidente
del Consiglio chiedendo se ”questa è l’operazione fantastica di cui
parlava Renzi”.
Comprensibile, visto il trionfalismo ostentato dal capo del governo solo otto mesi fa, l’imbarazzo del ministro Federica Guidi.
Che ha diffuso una nota in cui si legge che “il governo ha preso atto
degli aspetti positivi e certamente importanti sul fronte degli
investimenti e dell’incremento dei volumi, ma ha, al contempo, espresso forte contrarietà
per gli aspetti legati agli impatti occupazionali inerenti diversi siti
produttivi” e ha “chiesto all’azienda di confermare l’impegno a non
procedere a licenziamenti unilaterali fino al 2018″.
La Whirpool dal canto suo rivendica che il piano di integrazione tra gli stabilimenti che già aveva in Italia – Cassinetta di Biandronno (Varese), Siena e Napoli – e quelli ex Indesit prevede nei prossimi quattro anni 500 milioni di investimenti per “la Ricerca e Sviluppo, il rinnovamento delle piattaforme di prodotto
e il miglioramento dei processi produttivi”, “un incremento dei volumi
produttivi e il rientro in Italia di produzioni oggi presenti in
stabilimenti esteri”. A Fabriano dovrebbe poi nascere “il più grande
stabilimento in Europa per la produzione di piani cottura”. Quanto ai
posti di lavoro, però, la musica è ben diversa da quanto auspicato dal
presidente del Consiglio: 1.200 esuberi nelle fabbriche e 150 nei centri
di ricerca su un totale, ricordano i sindacati, di 5.150 lavoratori.
Secondo Davide Castiglioni, amministratore delegato di Whirlpool Italia, il piano è “il migliore
che possiamo mettere in campo. Abbiamo guardato tutti i piani
possibili, è il migliore per garantire continuità e sostenibilità a
lungo termine”. L’azienda sostiene che gli ulteriori esuberi rispetto a
quelli esistenti al momento dell’acquisizione di Indesit sono 400 e
“sono stati tenuti al livello più basso possibile”. Per “minimizzare l’impatto
sulle persone e sulle comunità coinvolte” dai tagli “Whirlpool è
disponibile a considerare soluzioni che evitino procedure di mobilità
unilaterali fino alla fine del 2018 in linea con lo spirito del Piano
Italia”, si legge in una nota.
Già nel 2011 l’azienda americana aveva dichiarato mille esuberi negli stabilimenti italiani, di cui 600 a Varese. Le uscite, scese a 495, erano poi state gestite attraverso prepensionamenti, mobilità volontaria e incentivata e contratto di solidarietà.
A inizio 2014, poi, l’annuncio della chiusura di una fabbrica in Svezia
e del trasferimento della produzione di microonde a incasso proprio a
Cassinetta di Biandronno.
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