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La Germania si ingrassa a spese degli altri (clicca per ingrand |
«Non lasciamo alle destre la bandiera dell'uscita dall'euro»
Intervista a Emiliano Brancaccio
di Nanni Riccobono*
Ma
perché le sinistre non si svegliano e non si rendono conto che il loro
forsennato europeismo monetario le rende deboli e perdenti di fronte ad
una destra che è sì populista e reazionaria, ma è anche pronta a
staccare la spina dell’euro?
D. Professor Brancaccio, c’è o non c’é la "luce" di Passera e Monti?
R.
Più volte abbiamo sentito esponenti di governo affermare che la crisi
stava per finire. Già nel 2009 lo diceva Berlusconi… Non mi risulta che
Monti e Passera abbiano elementi nuovi per rendere il loro ottimismo più
credibile di quello dell’ex Premier. Le previsioni delle istituzioni
internazionali parlano chiaro: a fine 2012 il Pil sarà caduto di altri
due punti, e nemmeno per il 2013 si intravede una ripresa.
E come ha fatto Monti a far dire a Moody’s che l’Italia era in gran forma?
Le
agenzie di rating hanno commesso errori colossali e hanno perso molta
credibilità, in questi anni. I loro pareri sono tuttora utilizzati per
fini di lotta politica interna ma la reale capacità delle agenzie di
influenzare gli andamenti del mercato è ormai modesta.
Quali sono le novità della crisi allora?
L’unica
vera novità di questa estate è la presa di posizione del presidente
della Banca centrale europea: Draghi ha dichiarato che farà tutto ciò
che è in suo potere per salvare l’euro, ed ha aggiunto che riuscirà
nell’intento. Queste parole hanno messo gli speculatori in stato
d’attesa e l’annunciata vendita in massa di titoli per il momento non è
avvenuta. Molti ritengono che la dichiarazione di Draghi sia stata
decisiva e abbia definitivamente scongiurato il pericolo di implosione
della zona euro. In realtà la posizione della Bce nasconde una
gigantesca contraddizione interna.
Quale?
La
Bce è disposta ad acquistare i titoli dei paesi periferici solo a
condizione che questi paesi proseguano con le politiche di austerità e
di abbattimento del debito. Questa condizione genera una incoerenza
logica: come stiamo osservando in Grecia, ma anche in Italia, le
politiche di austerity
non aiutano a risanare i conti. Al contrario deprimono i redditi e
quindi rendono sempre più difficile il rimborso dei debiti, sia pubblici
che privati.
Alcuni
osservatori dicono che in realtà l’insistenza sul “rigore” corrisponde
al disegno tedesco – uso una parola forte – di schiavizzare i paesi più
deboli. E’ d’accordo anche lei?
Di
sicuro stiamo assistendo a quello che in gergo tecnico si definisce un
processo di “centralizzazione” dei capitali europei, che favorisce
soprattutto la Germania. Costringere i paesi periferici della zona euro
ad attuare politiche di austerity
significa aggravare la loro crisi e peggiorare la loro posizione
debitoria. Di questo passo tali paesi si vedono costretti a far fronte
ai debiti vendendo a prezzi di sconto gran parte del patrimonio
nazionale, pubblico e privato: immobili, partecipazioni azionarie in
aziende strategiche, banche, magari persino le isole e altri beni
demaniali. Per chi dispone di molta liquidità si creano quindi grandi
occasioni per fare shopping a buon mercato nei paesi periferici. E la liquidità, guarda caso, è abbondante soprattutto in Germania.
Ci sono resistenze da parte dei governi dei Piigs? C’è davvero l’asse Monti-Hollande?
Se
c’è non mi pare che funzioni. Del resto, per la cultura che incarna, il
professor Monti sembra più incline ad assecondare i processi in corso
che a contrastarli. Solo per citare un esempio, per Monti la vendita di
capitali nazionali a favore di acquirenti esteri deve ritenersi un fatto
positivo, addirittura taumaturgico. Eppure basterebbe guardare
all’esperienza italiana degli anni ’90 per capire che le acquisizioni
estere non portano sempre benefici ma anzi possono fare molti danni al
tessuto produttivo di un paese.
Tuttavia c’è chi si augura una riedizione del governo Monti dopo le elezioni…
E’
l’auspicio di chi è disposto a tenere l’Italia nella zona euro a tutti i
costi. Monti viene presentato come un baluardo intorno al quale
riunirsi per impedire la vittoria delle forze anti-euro. A sinistra
questa linea d’azione fa presa. Il motivo è che le forze di sinistra
appaiono soggiogate dall’idea che l’euro, nonostante le sue enormi
contraddizioni, rappresenti una conquista alla quale non è possibile
rinunciare. Nel nostro libro cerchiamo di spiegare che questo
atteggiamento è il frutto di un liberoscambismo acritico che
da tempo pervade la sinistra, moderata o radicale che sia. Il problema è
che questa posizione politica potrebbe rivelarsi fallimentare. Per come
attualmente è configurata, l’Unione monetaria europea
alimenta la crisi dei paesi periferici e fa esplodere i licenziamenti e
le bancarotte. In uno scenario simile, le forze politiche che
propongono l’uscita dalla moneta unica e magari anche dal mercato unico
europeo sono destinate a veder crescere i loro consensi, a danno
soprattutto di quelle che hanno scelto di arroccarsi in difesa
dell’Unione.
Berlusconi l’ha imbroccata giusta allora, quando ha detto che l’Italia potrebbe uscire dall’euro…
Al
di là della sua rilevanza, quella dichiarazione è un sintomo del fatto
che le forze di destra appaiono più pronte delle forze di sinistra a
gestire l’inasprimento della crisi e ad elaborare, di conseguenza, una
eventuale strategia di uscita dall’euro. Questo appiattimento delle
forze di sinistra in difesa dell’Unione monetaria è un fatto
sconcertante, che tra l’altro deprime la loro stessa capacità di agire
dialetticamente per riformarla. Leggo che Bersani tuttora insiste con
l’idea che il suo partito resterà fedele all’euro a tutti i costi. Mi
rincresce notare che anche le altre forze della sinistra considerano
l’euro un totem indiscusso. In questo modo, però, ci si appiattisce
inesorabilmente sulla linea dei già numerosi pasdaran del montismo. Io
credo invece che la sinistra, per restare fedele a sé stessa e
maggiormente ancorata alla realtà della crisi, dovrebbe dichiarare che
esiste un limite ai sacrifici che si possono imporre a un paese in nome
della permanenza nella zona euro. Lasciare soltanto alla destra e alle
forze cosiddette populiste la elaborazione di una eventuale strategia di
uscita è un errore che potrebbe rivelarsi fatale.
* Fonte: Gli altri
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