mercoledì 1 ottobre 2014

Sul deficit seguire la Francia e non lasciarla isolata, come successe nel 1998 di Paolo Ferrero*

RENZI HOLLANDE MERKEL

Per la prima volta da molti anni un governo europeo adotta una decisione sensata dal punto di vista economico e sociale. Sto parlando della decisione del governo francese di allungare unilateralmente e senza l'accordo con la Commissione europea il piano del rientro del deficit. Si tratta di una decisione del tutto insufficiente perché non viene messo in discussione l'impianto di fondo delle politiche europee ma per la prima volta si va nella direzione giusta.
A questo punto gli alibi del governo Renzi sono caduti: se Renzi vuole effettivamente cambiare le politiche europee non ha che da seguire la Francia sulla strada tracciata: dica chiaramente che l'Italia aumenterà il deficit di un paio di punti per avere le risorse per mettere al lavoro un milione di persone in tempi rapidissimi: dal riassetto idrogeologico del territorio, al rifacimento degli acquedotti-colabrodo, alla manutenzione degli edifici pubblici, alla messa a valore del patrimonio storico e archeologico fino al superamento delle liste di attesa in sanità. Non c'è che l'imbarazzo della scelta perché in questa folle austerità tanti, troppi, sono i lavori assolutamente utili e necessari che non sono stati fatti con la scusa che non c'erano soldi. I soldi al contrario ci sono e le banche private li hanno a gratis (0,05% di interesse) mentre i trattati europei condannano gli stati a fare tagli su tagli.
Renzi ha una ulteriore carta dalla sua: è il presidente di turno dell'Unione e ha quindi l'autorevolezza e la condizione per rafforzare la scelta francese e puntare a generalizzarla. Fino ad oggi la presidenza italiana dell'europa non ha prodotto nulla: è l'occasione giusta.
Non si dica che non è corretto disobbedire unilateralmente ai trattati, che bisogna discutere ma rispettare i patti. Per come funziona l'Unione Europea, per il numero incredibile di stupidaggini codificate nei trattati, la modifica dell'indirizzo economico dell'Unione attraverso il consenso di tutti è impossibile da ottenere. Si possono battere i pugni sul tavolo di Bruxelles forte - come vuole Renzi - o fortissimo - come vuole Grillo - il risultato è identico: nulla di nulla.
L'unica strada per cambiare l'Europa prima che deflagri in un disastro epocale a causa delle politiche di austerità, è quella della disobbedienza unilaterale, della pratica dell'obiettivo, del consapevole perseguimento di un indirizzo diverso da quella che piace alla Merkel.
Renzi ci dirà quindi nelle prossime ore se vuole veramente uscire dalle politiche di austerità oppure se è solo uno scaltro teatrante che ogni giorno sbraita ma quando ne ha l'occasione nulla fa. Non è più il tempo delle lamentele, dei mugugni, è il tempo dei fatti!
Non sarebbe la prima volta che l'ignavia del PD e dei suoi recenti antenati condanna l'Europa al disastro. Alla fine degli anni '90 il governo Jospin aveva fatto la legge sulle 35 ore in Francia, conquistate a sua volta dall'IG metal - per via sindacale - in Germania. In Italia c'era il governo Prodi e noi di Rifondazione Comunsita chiedemmo giustamente di fare anche in Italia una legge sulle 35 ore. Se questo fosse avvenuto la storia dell'Europa sarebbe cambiata e invece delle politiche di austerità e della deregulation del mercato del lavoro messa in campo negli anni successivi in Germania sarebbe stato possibile imboccare un'altra strada, centrata sulla redistribuzione del reddito e del lavoro invece che sulla compressione dei diritti e dei salari. La storia ci racconta come andò a finire: Prodi traccheggiò un anno ma scelse la via liberista, Rifondazione giustamente uscì dalla maggioranza e fece cadere il governo, Jospin restò isolato e in Germania la linea neoliberista di Scroeder ebbe la meglio sull'impianto socialdemocratico di Lafontaine.
Oggi la storia ripropone un bivio nella vita dell'Europa. Noi comunisti, noi di sinistra, siamo per imboccare con nettezza la strada dell'uscita dalle politiche neoliberiste. Anche perchè peccare umanum est, perseverare diabolicum.

*Segretario nazionale PRC

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