martedì 4 ottobre 2011

Pecore e leoni. La mignottocrazia secondo Terry De Nicolò - Angelo D'Orsi

Berlusconia ha una nuova icona, la signorina Terry De Nicolò. La sua intervista (“Repubblica TV”) è diventata un cult nel popolo della Rete, che la sta commentando variamente, perlopiù con epiteti, come suol dirsi, “irriferibili”. Ma sono sicuro che la Terry non si scompone a leggerli, anzi, contando il numero dei “cliccaggi” (si dirà così?), aumenterà la fiducia in se stessa, nel Dio Denaro, nel suo Pontefice Massimo, Silvio, e nei suoi innumerevoli sacerdoti, chierichetti e sacrestani.
La De Nicolò, escort di professione, ha sciorinato in una manciata di minuti, la morale del signore del Bunga Bunga. Che si può ridurre a un assioma elementare: se “tu sei racchia e fai schifo, te devi stare a casa”. Se hai invece i “requisiti”, li metti in vendita. E li fai fruttare opportunamente. Perché, spiega la signorina, appoggiandosi sull’indiscussa autorità (!?) del signor Vittorio Sgarbi, la bellezza vale; anzi, “è un valore che non tutti hanno e che viene pagato”. E soltanto l’invidia muove coloro che criticano Berlusconi, o persino un Tarantini: in effetti, la signorina è di Bari, e proprio Tarantini a quanto capisco era il suo reclutatore per “l’utilizzatore finale”, e molti altri, di varia collocazione politica e geografica, purché sufficientemente facoltosi, e, in sintesi, capaci di vivere una “vita da leone”. E fornisce coordinate morali ineccepibili: “Quando sei onesto non fai il grande business, rimani piccolo”. Ecco.
Ma c’è di più: “Più in alto vuoi andare e più devi passare sui cadaveri. È così, ed è giusto che sia così”. Purtroppo, in questo Paese, ci spiega affranta Terry, la sinistra e cattolici hanno un’idea “moralista” della politica: e pensano che tutti debbano accontentarsi di guadagnare “2000 euro al mese”. Testuale. “Ma dove vai”, aggiunge, con enfasi, “con 2000 euro”? Siamo oltre il limite del dileggio e l’ineffabile filosofa, a questo punto, è inarrestabile; un vero fuoco da eroina della “Mignottocrazia” berlusconiana, la anima. Se vuoi essere pecora, rimani a casa con quei duemila. Ma se sei leone, beh, allora tutt’altra deve essere la tua legge di vita. “Se vuoi ventimila euro al mese ti devi mettere sul campo [forse intende sulla strada, la signora], e ti devi vendere tua madre”. Del resto, per presentarsi ad Arcore, mica puoi vestirti (per poterti poi svestire) con “una pezza da cento euro”. Davanti “all’imperatore” – dice proprio così, ‘st’impunita – si va minimo con un abito di Prada, e gli accessori annessi e connessi.
È questione di punti di vista, e di proporzioni. Sento che l’ex ministro Castelli – uno dei figuri più tristi e squallidi del leghismo berlusconizzato – si è proclamato “povero” perché guadagna (dichiara al fisco, meglio), “solo” 145.000 euro annui. Aperta colletta per dargli una mano. Prima sottoscrittrice l’anziana signora che ho visto al supermercato ieri: è arrivata alla cassa, e quando la cassiera le ha presentato il conto, ha scoperto che non aveva sufficiente denaro, e ha cominciato a sollevare dal carrello uno dopo l’altro i pezzi della sua spesa per la settimana. Tirava su un cartoccio di latte, poi lo rimetteva giù, “no, il latte no”; poi i biscotti, e quelli li ha consegnati; è toccato quindi alla pasta: ne aveva tre pacchi. Ne ha posati due. Ha trattenuto una confezione di formaggini. Infine, le fettine di tacchino. Ha preso tra le mani il contenitore di polistirolo, e si coglieva in quell’incertezza tutto il dramma della sua vita da “pecora”. Dopo breve esitazione, ha consegnato anche quello, e ha trattenuto le uova e le carote; e un barattolo di marmellata; e lo zucchero. La cassiera, vagamente imbarazzata, ha ricalcolato: era ancora troppo per quel foglietto stropicciato da cinque euro che la signora aveva deposto sulla cassa. Le ha suggerito: “tolga la marmellata o lo zucchero, signora”. La signora ha rinunciato allo zucchero: “tanto mi fa male”, ha mormorato, cercando di conservare un’aria serena, ma le tremava il labbro. Le persone in coda guardavano altrove, a loro volta colpite dalla scena, ma vergognose: colpevoli, di potersi permettere di pagare.
Ma non finisce qui. Nella stessa giornata sono andato in macelleria. Davanti a me, un’altra signora anziana, a voce bassa, tentando di nascondere un’agitazione profonda, ha chiesto cosa potesse portarsi via con 3 euro e 49 centesimi. Cosa gradirebbe? – le ha domandato quasi con affetto il venditore. “Un pezzo di bue per farmi un bollito… Un pezzetto…”. Ho avuto l’impressione che nel peso il macellaio sia stato generoso, e addirittura le ha detto che costava 3,40 e che avanzavano i 9 centesimi. Stavolta mi è parso che fosse la signora a vergognarsi della sua povertà, mentre il macellaio la rincuorava, dicendole che “aveva anche troppi soldi per quel pezzo di carne”.
Infine, passo dal mercato, andando verso casa. È tardi. I banchetti stanno smobilitando. Un signore vestito in modo dignitoso, sia pure con un abito di antica data, apre un cassonetto dell’umido e comincia a frugare. Finché ne estrae un sedano. Ho colto un sorriso nel suo volto. E l’ho dedicato, dentro di me, a tutti coloro che se ne stanno “a casa”, non potendo vivere da leoni, e cercano di sopravvivere, difficoltosamente, da pecore. Ci vuole assai più coraggio e pazienza, signorina Terry, a vivere una vita da pecore, che un giorno (o una notte) da leoni. Anche se, per lei e quelli o quelle come lei, altro paragone zoomorfico sarebbe assai più appropriato.

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