VIOLENZA E POLITICA
La cosa che fa più
impressione è il paragone con le altre manifestazioni. In nessun’altra
capitale o città del mondo è avvenuto quanto è accaduto a Roma nel
soleggiato pomeriggio del 15 ottobre 2011. Chiediamoci il perché. Ma
chiediamoci anche, come sempre, a chi può giovare tutto questo? E’
possibile che si tratti di un moto istintuale, spontaneo,
incontrollabile? E’ possibile che, conoscendo i precedenti, un governo
possa sottovalutare così tanto la “piazza”? Ma quale piazza poi?
In realtà la manifestazione degli
indignati non c’entra niente con questi teppisti che si muovono tra le urla
delle persone che li sbeffeggiano e li cacciano dal corteo più e più volte. Il
giochetto di trasformare una pacifica protesta, rumorosa, chiassosa, colorata e
gioiosa per quanto incazzata, in un saccheggio cittadino non funziona più agli
occhi della maggior parte dell’opinone pubblica. Da Genova in poi, ormai la
gente riesce a discernere la volontà di manifestare e la volontà di devastare
per far deviare il giudizio politico e sociale sui temi che la manifestazione
propone.
Bastano poche decine di provocatori, di infiltrati per esagitare ad arte gli animi dei più dediti alla violenza, alla dimostrazione di forza mediante la simbologia della rottura traumatica delle cose e dei simboli del capitalismo.
E purtroppo di giovani incapaci di distinguere la lotta dall’aggressione, la forza dalla brutalità, il diritto di manifestare dalla contestazione armata. Sì, armata. Perché quando prendi un sanpietrino e lo scagli contro polizia e carabinieri sai benissimo la reazione qual’è. E se non la conosci, allora vuol dire che non dovresti nemmeno scendere in piazza, nemmeno andare a tifare allo stadio, perché ti è impossibile capire la sottile linea divisoria tra protesta radicale, intransigente e forte e la cieca e indistinta voglia di rompere un cranio, di sradicare un segnale stradale e scaraventarlo contro una vetrina o bruciare delle auto che sono di persone magari uguali a te e che tutto si aspettano da un manifestante antiliberista tranne che quello.
Chi si è fatto trascinare in questa spirale di violenza o è un idiota o è in malafede. E sinceramente mi auguro che ci siano tanti idioti in giro, perché l’idiozia si può curare, ma la malafede è difficile da sradicare dall’animo umano.
Intorno a vicende come quella di piazza San Giovanni circolano già e circoleranno ricostruzioni faziose, tese a dimostrare che la sinistra è violenta, che i comunisti sono sempre i soliti sovversivi pericolosi che, insomma, tutta questa smania di distruggere ce l’abbiamo nel sangue, nel cuore, nella mente.
E’ così solo per chi, come il TG1, riesce a fare un’informazione distorta e palesemente inquinata dalla dottrina di governo: non è così invece per la coraggiosa Rai News di Corradino Mineo che, ancora prima di finire la diretta da Roma, deve già controbattere al PDL sulla distinzione tra “teppisti” e “manifestanti”.
Indubbiamente c’è chi vorrebbe che i due termini fossero sinonimi, che almeno si assomigliassero un poco. Ed invece non è così e le decine di migliaia di indignati scesi a Roma sono pronti a testimoniarlo e a descriverlo con video, foto e racconti a viva voce.
Il governo può dirsi felice di aver prima incassato la fiducia con 316 voti e oggi di aver avuto nuovamente l’occasione per esprimersi con veemenza contro i manifestanti antiliberisti, contro le sinistre, contro i comunisti.
Persino l’UGL, il sindacato di destra, sezione della Polizia, afferma che esistono gravi responsabilità da parte del ministro degli Interni per quanto è avvenuto e stigmatizzano il fatto che i poliziotti non possono più correre pericoli del genere, come quelli dei carabinieri nella camionetta incendiata, per ripristinare l’ordine pubblico.
Segno che o qualcuno non sa fare il suo mestiere oppure c’è qualche sabotatore, qualche trama nascosta che non è dato conoscere e che toglie trasparenza dove occorrerebbe e linearità di conduzione della gestione della piazza.
Un’altra giornata del mistero da aggiungere alle puntate di “Blu notte” di Carlo Lucarelli. Ne sapremo certamente di più nei prossimi giorni. Intanto la lezione è che non è possibile fornire alcun alibi al potere per esercitare la sua violenza contro una manifestazione pacifica e regolarmente autorizzata. Il potere non si rivolge mai contro sé stesso, ma cerca il modo per esprimersi attraverso atti uguali e contrari ai propri.
Per questo alle manifestazioni, d’ora in poi, bisognerebbe allontanare chiunque non viene a volto scoperto, chiunque si mette un casco. Il pericolo di prendersi delle botte c’è sempre quando si tenta di forzare una situazione. Ma se tutto questo avviene con forme di resistenza passiva alla violenza, allora la violenza del potere si tradisce e si mostra apertamente come abuso contro i cittadini, contro chi manifesta. Ed è più semplice individuarla, denunciarla.
Non facciamo paragoni col G8, ve ne prego. La situazione a Genova degenerò talmente tanto (sempre a causa di infiltrati, il c.d. “black bloc”) che anche io avrei indossato un casco per evitare di farmi rompere la testa da un tonfa.
Ma alla manifestazione di ieri davvero erano utili quei giovani incappucciati e vestiti di nero? E questi sarebbero anarchici? Che nostalgia per gente come Pietro Gori, come Franco Serantini, come Pino Pinelli e Pietro Valpreda. Gente che ha pagato con la vita e la galera la propria opposizione al potere statale e che non andava a volto coperto, ma con ben visibili i tratti del volto in ogni manifestazione o comizio di piazza.
Li chiamano “anarchici insurrezionalisti”. Ormai va di moda questa classificazione: ci sta dentro tutto e il contrario di tutto. Violenza su violenza e si innesta un circuito perverso. Al pronto soccorso del San Camillo arrivano le ambulanze con i giovani feriti negli scontri. Nessuno sa come si siano feriti, in quale circostanza precisa. Ma le forze dell’ordine tallonano le ambulanze e le seguono. Poi i poliziotti, come riferisce “Repubblica.it”, entrano persino nelle stanze mediche, creano scompiglio e pretendono di identificarli. I medici si oppongono senza un atto scritto di fermo, senza un ordine della magistratura. Ma i poliziotti sono irremovibili e, a quanto si apprende dalle cronache, minacciano anche i medici: “O ce li fate identificare, o denunciamo anche voi!”.
Quando si perde il senso del diritto, dello Stato di diritto, si finisce in un brutto gorgo da cui è difficile uscire. La prova muscolare del centinaio di teppisti di piazza San Giovanni è quanto di peggio e di contrario si potesse creare per vanificare le ragioni della manifestazione, per ostacolare la lotta contro il capitalismo.
Se quei ragazzi (o anche meno giovani) pensavano di fare le ragioni della manifestazione si sono completamente sbagliati. Hanno aiutato il potere nella sua naturale opera di repressione che gli riesce così bene, ma così bene che non vorrebbe finirla mai.
Bastano poche decine di provocatori, di infiltrati per esagitare ad arte gli animi dei più dediti alla violenza, alla dimostrazione di forza mediante la simbologia della rottura traumatica delle cose e dei simboli del capitalismo.
E purtroppo di giovani incapaci di distinguere la lotta dall’aggressione, la forza dalla brutalità, il diritto di manifestare dalla contestazione armata. Sì, armata. Perché quando prendi un sanpietrino e lo scagli contro polizia e carabinieri sai benissimo la reazione qual’è. E se non la conosci, allora vuol dire che non dovresti nemmeno scendere in piazza, nemmeno andare a tifare allo stadio, perché ti è impossibile capire la sottile linea divisoria tra protesta radicale, intransigente e forte e la cieca e indistinta voglia di rompere un cranio, di sradicare un segnale stradale e scaraventarlo contro una vetrina o bruciare delle auto che sono di persone magari uguali a te e che tutto si aspettano da un manifestante antiliberista tranne che quello.
Chi si è fatto trascinare in questa spirale di violenza o è un idiota o è in malafede. E sinceramente mi auguro che ci siano tanti idioti in giro, perché l’idiozia si può curare, ma la malafede è difficile da sradicare dall’animo umano.
Intorno a vicende come quella di piazza San Giovanni circolano già e circoleranno ricostruzioni faziose, tese a dimostrare che la sinistra è violenta, che i comunisti sono sempre i soliti sovversivi pericolosi che, insomma, tutta questa smania di distruggere ce l’abbiamo nel sangue, nel cuore, nella mente.
E’ così solo per chi, come il TG1, riesce a fare un’informazione distorta e palesemente inquinata dalla dottrina di governo: non è così invece per la coraggiosa Rai News di Corradino Mineo che, ancora prima di finire la diretta da Roma, deve già controbattere al PDL sulla distinzione tra “teppisti” e “manifestanti”.
Indubbiamente c’è chi vorrebbe che i due termini fossero sinonimi, che almeno si assomigliassero un poco. Ed invece non è così e le decine di migliaia di indignati scesi a Roma sono pronti a testimoniarlo e a descriverlo con video, foto e racconti a viva voce.
Il governo può dirsi felice di aver prima incassato la fiducia con 316 voti e oggi di aver avuto nuovamente l’occasione per esprimersi con veemenza contro i manifestanti antiliberisti, contro le sinistre, contro i comunisti.
Persino l’UGL, il sindacato di destra, sezione della Polizia, afferma che esistono gravi responsabilità da parte del ministro degli Interni per quanto è avvenuto e stigmatizzano il fatto che i poliziotti non possono più correre pericoli del genere, come quelli dei carabinieri nella camionetta incendiata, per ripristinare l’ordine pubblico.
Segno che o qualcuno non sa fare il suo mestiere oppure c’è qualche sabotatore, qualche trama nascosta che non è dato conoscere e che toglie trasparenza dove occorrerebbe e linearità di conduzione della gestione della piazza.
Un’altra giornata del mistero da aggiungere alle puntate di “Blu notte” di Carlo Lucarelli. Ne sapremo certamente di più nei prossimi giorni. Intanto la lezione è che non è possibile fornire alcun alibi al potere per esercitare la sua violenza contro una manifestazione pacifica e regolarmente autorizzata. Il potere non si rivolge mai contro sé stesso, ma cerca il modo per esprimersi attraverso atti uguali e contrari ai propri.
Per questo alle manifestazioni, d’ora in poi, bisognerebbe allontanare chiunque non viene a volto scoperto, chiunque si mette un casco. Il pericolo di prendersi delle botte c’è sempre quando si tenta di forzare una situazione. Ma se tutto questo avviene con forme di resistenza passiva alla violenza, allora la violenza del potere si tradisce e si mostra apertamente come abuso contro i cittadini, contro chi manifesta. Ed è più semplice individuarla, denunciarla.
Non facciamo paragoni col G8, ve ne prego. La situazione a Genova degenerò talmente tanto (sempre a causa di infiltrati, il c.d. “black bloc”) che anche io avrei indossato un casco per evitare di farmi rompere la testa da un tonfa.
Ma alla manifestazione di ieri davvero erano utili quei giovani incappucciati e vestiti di nero? E questi sarebbero anarchici? Che nostalgia per gente come Pietro Gori, come Franco Serantini, come Pino Pinelli e Pietro Valpreda. Gente che ha pagato con la vita e la galera la propria opposizione al potere statale e che non andava a volto coperto, ma con ben visibili i tratti del volto in ogni manifestazione o comizio di piazza.
Li chiamano “anarchici insurrezionalisti”. Ormai va di moda questa classificazione: ci sta dentro tutto e il contrario di tutto. Violenza su violenza e si innesta un circuito perverso. Al pronto soccorso del San Camillo arrivano le ambulanze con i giovani feriti negli scontri. Nessuno sa come si siano feriti, in quale circostanza precisa. Ma le forze dell’ordine tallonano le ambulanze e le seguono. Poi i poliziotti, come riferisce “Repubblica.it”, entrano persino nelle stanze mediche, creano scompiglio e pretendono di identificarli. I medici si oppongono senza un atto scritto di fermo, senza un ordine della magistratura. Ma i poliziotti sono irremovibili e, a quanto si apprende dalle cronache, minacciano anche i medici: “O ce li fate identificare, o denunciamo anche voi!”.
Quando si perde il senso del diritto, dello Stato di diritto, si finisce in un brutto gorgo da cui è difficile uscire. La prova muscolare del centinaio di teppisti di piazza San Giovanni è quanto di peggio e di contrario si potesse creare per vanificare le ragioni della manifestazione, per ostacolare la lotta contro il capitalismo.
Se quei ragazzi (o anche meno giovani) pensavano di fare le ragioni della manifestazione si sono completamente sbagliati. Hanno aiutato il potere nella sua naturale opera di repressione che gli riesce così bene, ma così bene che non vorrebbe finirla mai.
Marco Sferini, www.lanternerosse.it
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