In questi giorni la semplificazione ha fatto strage sia al governo (dove pure ci sono abituati, avendola introdotta proprio loro) sia – e soprattutto – all'opposizione. Ne segnaliamo solo due esempi tra i centomila possibili.
Primo esempio. Gli “indignati pacifici” che si chiedono “come mai la polizia non è intervenuta subito per isolare i violenti?”. Sorvoliamo sui problemi militari e politici di un intervento del genere (si presume che “i violenti” siano riconoscibili dai tratti somatici o dall'abbigliamento, oppure che siano noti alla polizia fin dalla nascita, oppure che l'intenzione sia sempre leggibile nell'occhio spiritato, che in via Cavour fosse possibile senza provocare una strage nella calca – mancando le vie di fuga – ecc). Soffermiamoci sui fondamentali del pensiero sottinteso.
a) C'è evidentemente “un complotto” contro di me, manifestante pacifico, per impedirmi di protestare contro il governo; b) i contraenti del complotto sono “i violenti” da un lato e Berlusconi dall'altro; c) la polizia – che bene o male prende ordini dal governo – avrebbe dovuto agire per farlo fallire. Se a voi sembra logico, a me no. La semplificazione qui colpisce duro, proprio perché i primi due termini sembrano così “evidenti”...
Secondo esempio. L'”indignato pacifico” pretende il rispetto della legalità”. Siccome “i violenti” sono per definizione illegali, ne pretende una repressione selettiva, ovvero capace di distinguere – nel fumo dei lacrimogeni e nell'affanno della corsa – il suo adamantino perbenismo dalla protervia guerrigliera altrui. Anche qui i fondamentali aiutano a capire.
a) Manifestare è “legittimo”, quindi è un diritto; b) va esercitato nelle forme previste dalle leggi (questo significa “legale”), che io sono disposto a rispettare; c) ergo, a me deve essere garantito, agli altri impedito. Come nel primo esempio, nel passaggio viene perso (“semplificato”) qualcosa di essenziale.
In primo luogo “legittimo” è altra cosa rispetto a “legale”. Una cosa “giusta” (legittima) può venire vietata dalla legge, mentre la legge stessa può disporre qualcosa di profondamente ingiusto. Per esempio: i campi di concentramento nazisti, i Cie italiani, la tortura o la pena di morte in molti paesi, il divieto di fecondazione assistita.... Un tempo erano vietati in Italia sia il divorzio che l'aborto, rispettando tutti i crismi della “legalità”.
In secondo luogo, la determinazione di cosa sia legale e cosa no spetta al parlamento. Che per esempio ha disposto che il falso in bilancio non sia più reato (quindi è diventato “legale”), mentre per la tortura non ha ritenuto fare una legge (e così gli Aldrovandi e i Cucchi possono morire tra le mani delle varie polizie senza che sia mai chiaro quale reato possa essere contestato ai loro assassini; “omicidio”, suggerirei). La “legalità” secondo il governo Berlusconi è insomma diversa da quella immaginata dall'”indignato pacifico”. Anzi, per il governo – si vedano tutti i giornali del centrodestra – proprio l'aver partecipato a quella manifestazione, in qualsiasi forma, sarebbe da considerare “illegale”. Chi non l'ha ancora capito può chiedere alla Fiom, che si è vista negare il corteo per la manifestazione dei lavoratori Fiat e Fincantieri prevista per il 21.
Non darò consigli. Non mi piace semplificare. La realtà esiste. E' dura, spigolosa, irritante. Ma bisogna farci i conti. Se io penso di avere in testa una “soluzione” ai problemi, ma poi accade qualcosa che mi impedisce di “applicarla”, vuol dire che non ho considerato tutte le variabili. E quindi che la mia “soluzione” era illusoria, o sbagliata. Anche se a me piaceva tantissimo.
Tutti pensiamo di esser capaci di far politica, di avere “la soluzione in tasca”. Se solo non esistessero quegli “altri” che mi impediscono di realizzare i miei progetti...
Ecco, se non esistessero proprio tutto sarebbe “più semplice”...
E' così che si ragiona nelle osterie leghiste, nei circoli del ku klux klan, nei luoghi dove la complessità del reale è vissuta come una sofferenza insopportabile.
p.s. Sabato ero una “indignata pacifica”...
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