venerdì 30 marzo 2012

L' Art. 18 non si tocca - Maurizio Landini - Dal Blog di Beppe Grillo

Scelte politiche precise

Sono 20 anni che l'idea che il mercato da solo può risolvere i problemi è stata utilizzata. Siamo di fronte a una situazione di una gravità senza precedenti e il problema oggi in Italia non è quello di licenziare più facilmente, ma è di superare la precarietà, di creare nuovi posti di lavoro, di investire per un diverso modello di sviluppo, di tutto questo non si sta parlando e invece dovrebbe essere questo il centro dell’azione del governo. E' bene saperlo, l’Art. 18 dice una cosa molto precisa, che se un lavoratore individualmente è licenziato senza una giusta causa ha diritto a essere reintegrato nel suo posto di lavoro. Con il provvedimento del governo ci troveremmo nel paradosso che una persona può essere ingiustamente licenziata, ma non ha più diritto a tornare a lavorare dove era prima, gli danno solo un po’ di soldi, è evidente che questo permette a qualsiasi imprenditore di inventarsi quello che vuole per lasciare a casa chi gli sta sulle scatole. Questo è un elemento che mette in discussione la libertà di qualsiasi persona, compreso il fatto che nel nostro paese lo Statuto dei lavoratori nasce negli anni 70 anche dentro un’idea in cui le persone possono organizzarsi collettivamente, contrattare liberamente la propria condizione. Quello che sta succedendo in questo periodo, penso in particolare alla FIAT, rende evidente che non è vero che in Italia non ci sono più le discriminazioni, non ci sono più gli imprenditori che fanno le discriminazioni, perché in FIAT siamo di fronte al fatto che chi è iscritto alla Fiom o Pomigliano non viene assunto e a Melfi che 3 persone sono state licenziate, l’azienda non le vuole riassumere, nonostante che il giudice abbia affermato che il licenziamento è stato un licenziamento discriminatorio, che sono stati licenziati perché sindacalisti scomodi della Fiom C.G.I.L. Va anche tenuto conto che il Governo Monti sta facendo le cose che la BCE in agosto aveva chiesto al governo: mettere mano alla riforma delle pensioni, rendere più facili i licenziamenti. Siamo di fronte a risposte che si danno non per i bisogni che hanno le persone, ma per richieste fatte dalla banca centrale, per ragioni finanziarie e economiche che non c’entrano niente con gli interessi dell’Italia, con gli interessi delle persone che in Italia dovrebbero lavorare per poter vivere.
Questo è un governo che è stato eletto in Parlamento e che ha una maggioranza in Parlamento che nessun altro governo ha avuto e le scelte che sta facendo sono scelte politiche. Prima hanno cancellato il sistema pensionistico in Italia, oggi pensano a un intervento sul mercato del lavoro che non è solo di cancellazione dell’Art. 18, ma una conferma della precarietà e non c’è un’estensione degli ammortizzatori sociali, quindi stanno facendo delle scelte politiche precise, insisto troppo vincolate dai diktat che arrivano dalla Bce. Noi della proposta di modifica del mercato del lavoro, non solo non condividiamo la modifica dell’Art. 18, ma non siamo neanche convinti degli altri provvedimenti. Per esempio si dice che bisogna ridurre la precarietà, e a parole sono tutti d’accordo, ma in quel provvedimento non si riduce la precarietà, per farlo bisogna cancellare forme di lavoro inutili, in Italia ci sono 46 forme di lavoro precarie, quante ne hanno cancellate? Si riducono a 6/7? Si portano davvero a alcune forme e basta dove il contratto e l’assunzione a tempo indeterminato hanno la centralità? Non mi pare che funzioni così, anzi, quella riforma rende possibile a un’impresa di avere tutti i dipendenti interinali o che non hanno nessun rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Uno dei problemi è combattere la precarietà, così come anche si dice "
Quella riforma serve per estendere le tutele, il reddito a tutte le persone, anche ai giovani", anche questo non è del tutto vero, perché la cassa integrazione che è pagata dai lavoratori e dalle imprese, non viene estesa a tutte le imprese, a tutti i lavoratori perché per avere la disoccupazione bisogna avere lavorato 52 settimane negli ultimi due anni e un sistema di questo genere non estende le tutele a tutte le persone, mentre ci vorrebbe un sistema universale dove chi lavora, a prescindere dal rapporto di lavoro, in un’azienda o in un’attività dove c’è una crisi temporanea, deve avere il sostegno al reddito della cassa integrazione e se perdi il lavoro devi avere un periodo di sostegno al reddito garantito come condizione e dignità da affrontare. Questi temi dentro alla riforma non ci sono e uno dice "Ma le risorse dove si trovano?" Questo governo dovrebbe cominciare a prendere i soldi dove finora non li ha mai presi, 120 miliardi di evasione fiscale, 60 miliardi per la corruzione, senza contare il livello di illegalità e di spese inutili. Quindi bisognerebbe lì prendere i soldi, istituendo anche una patrimoniale e cioè chi è ricco e si è arricchito in questi anni anche sul piano finanziario dovrebbe pagare e quelle sono le risorse che servirebbero a riformare il mercato del lavoro, ma soprattutto il problema che oggi non viene affrontato è come si creano nuovi posti di lavoro.

Rappresentanza sindacale

Il problema non è rendere più facili i licenziamenti, ma che i giovani, le persone non trovano posti di lavoro. Il problema è come si costruiscono nuovi posti di lavoro. Come si affronta un’idea diversa di politica industriale. Di tutto questo non si sta discutendo.
Le cose da fare per far ripartire il paese e uscire dalla crisi, debbono affrontare le 3 ragioni che l'hanno prodotta: 1) c’è una diseguaglianza nella distribuzione del reddito senza precedenti e il primo problema è come si redistribuisce la ricchezza, aumentando anche i salari e istituendo un sistema fiscale giusto, che non vuole dire che tutti debbono pagare. Debbono pagare meno i lavoratori dipendenti e i pensionati, gli unici che pagano le tasse in questo paese al 100%. 2) c’è un nuovo modello di sviluppo da affrontare, in Italia non c’è un piano nazionale per i trasporti, non c’è un piano nazionale per la mobilità, non c’è un piano nazionale per le energie rinnovabili, non c’è un piano nazionale per la manutenzione del territorio, allora bisognerebbe mettere in campo piani straordinari di investimenti pubblici e privati che mettono al centro la qualità del prodotto, la sostenibilità ambientale delle produzioni che si fanno, la necessità di estendere delle tutele sociali e dei diritti e bisognerebbe aprire una discussione sulla riduzione degli orari di lavoro, in questa fase va incentivato anche fiscalmente chi sceglie di redistribuire il lavoro riducendo gli orari di lavoro e allargando e tutelando i posti di lavoro in questa direzione.
Interi pezzi della nostra struttura industriale rischiano di sparire perché vanno a investire in altri posti in giro per il mondo e non c’è alcun intervento invece che vincoli gli investimenti nel nostro paese, c’è un ritardo sull’innovazione e la ricerca, l’Italia è il paese che in Europa spende meno sulla ricerca e sull’innovazione dei prodotti sia pubblici che privati, allora affrontare il tema non è quello di rendere più facile i licenziamenti o di rendere più precarie le persone, c’è bisogno di una diversa politica economica e, in questo senso, ci siamo espressi anche contro le grandi opere, perché non è detto che quella sia l’esigenza di questo paese, molto spesso si è dimostrato che le grandi opere sono anche un luogo dove l’illegalità, l’appalto, il subappalto e la malavita organizzata. In un paese dove basta che ci sia un alluvione e non si sa cosa succede, se c’è un terremoto non si sa se si è in grado di ricostruire, la manutenzione del territorio e un piano straordinario di ricostruzione che abbia a cuore anche ambiente, cosa produci, perché lo produci, quale sostenibilità ambientale e sociale ha, dovrebbe essere il nuovo orizzonte in cui il governo, le regioni, le università, le imprese, il lavoro discutono per costruire un nuovo sistema e in questo ci vorrebbe una nuova democrazia, penso poi che sul piano sociale ci sono temi non affrontati da questo governo che riguardano il fatto che in Italia non c’è una legge sulla rappresentanza sindacale!
Perché c’è divisione? Perché ci sono tanti accordi separati e perché alle lavoratrici e ai lavoratori è negato il diritto di poter votare sempre per eleggere i delegati che vogliono e di poter votare sempre per approvare i propri contratti, non sotto ricatto ma in modo libero, questa legge non c’è, anzi il governo Berlusconi prima di andare via ha fatto una legge, l’Art. 8 che dice che in Italia un’azienda può non applicare i contratti nazionali, può derogare dalle leggi, può scegliersi il sindacato che ritiene più opportuno, penso che queste leggi vadano cancellate e che occorra lavorare per applicare la Costituzione nel nostro paese ribadendo che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, allora il lavoro deve avere dei diritti, deve diventare la base su cui si costruisce un nuovo modello di sviluppo.
Il lavoro inteso come diritti nel lavoro, come diritto delle persone attraverso il lavoro di realizzarsi e di poter utilizzare tutta l’intelligenza di cui dispongono. Per questo ci vorrebbe non un governo tecnico, ma un governo eletto dal popolo che dicesse con chiarezza prima di essere eletto, cosa intende fare e avere un mandato, delle persone per poterlo realizzare.

Diritti di civiltà

Di fatto sul piano del lavoro si introduce l’idea che è possibile licenziare e anche se non hai ragioni, paghi una multa e sei a posto, quindi è una regressione, vuole dire tornare indietro di 50 anni e naturalmente sul piano economico,vuol dire affermare l’idea, sbagliata che lasciando fare al mercato si risolvono i problemi. Sono 25 anni che si sta lasciando fare il mercato, la precarietà che c’è in Italia è la più grande d’Europa. Siccome c’è una gran discussione sul modello tedesco, uno prima di parlare dei licenziamenti, dovrebbe porsi la domanda "Perché in Germania un lavoratore metalmeccanico prende il doppio che in Italia e lavora meno che in Italia e nonostante ciò le aziende tedesche vengono più auto che quelle italiane?" Perché c’è un problema che riguarda gli investimenti, la qualità dei prodotti, i progetti complessivi e soprattutto si è investito sul lavoro! Penso che sia assolutamente sbagliato proseguire su questa strada, quindi mi auguro che il governo cambi idea e le decisioni prese dalla C.G.I.L. di proclamare 16 ore di sciopero, fino a arrivare allo sciopero generale di tutti i lavoratori nei prossimi mesi, sia un fatto importante e sia la condizione per poter far cambiare idea a questo governo e per provare a risolvere in modo diverso la crisi che stiamo vivendo! Siccome questi temi non riguardano solo le persone che lavorano, non riguardano solo i metalmeccanici, siamo di fronte a diritti di civiltà, ma riguardano anche quelli che oggi sono giovani o un lavoro non ce l’hanno e hanno davanti a sé solo un futuro di precarietà, l’invito che faccio è partecipare, essere presenti, scendere in piazza insieme alle lavoratrici e lavoratori, insieme per provare a costruire un nuovo futuro, diverso da quello che il Governo Monti e questo Parlamento sta disegnando per noi. Per queste ragioni saluto tutti, fatevi vedere in piazza e fatevi sentire!
 

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