Intervista a Giorgio Cremaschi di Francesco Piccioni, Il manifesto
Sabato, a Milano, ci sarà la prova
nazionale OccupyPiazzAffari, manifestazione contro la «schiavitù del
debito» e le politiche del governo. Ne parla Giorgio Cremaschi.
Quali sono gli obiettivi di questa manifestazione? E come è nata?
La manifestazione è un'idea del Comitato
No Debito, già dalla fine dell'anno scorso. Progressivamente ha assunto
però un altro significato; hanno aderito molte altre forze, rendendola
qualcosa di molto più vasto. È un coordinamento in cui ci sono ora la
Cub, S. Precario, e praticamente tutti i movimenti sociali conflittuali.
In questi ultimi giorni sta crescendo moltissimo complice ovviamente
quel che sta combinando il governo sul mercato del lavoro. È la prima
grossa iniziativa dopo l'irrigidimento del governo sull'art. 18.
Dai problemi generali dell'economia ai problemi d'attualità?
Sta diventando - come dovrebbero essere
le manifestazioni - non un atto di «testimonianza» di una sigla
particolare, ma un «mezzo»: quelli che vogliono far sentire a Monti che
«non ci stanno», cominciano a rendersi conto che questo è un mezzo
forte.
Quale livello dovrebbe raggiungere per incidere sui rapporti di forza e far cambiare idea al governo?
Non c'è un limite. Ce lo siamo detti
tutti: è il punto di partenza di un'opposizione che continuerà. Ci
stiamo già dando nuovi appuntamenti. L'importante è che ci sia una forza
sufficiente per dire «questa è la base da cui partire». Sappiamo che
una manifestazione, oggi, non fa cadere un governo. Ma può dare forza a
tutti i movimenti, di qualsiasi genere. In testa al corteo ci saranno i
No Tav, poi le fabbriche e le realtà in lotta. Vogliamo dare un segnale:
si è rimessa in moto l'opposizione sociale e attrae i soggetti più
diversi. Una delle ultime adesioni, per esempio, è quella dei pastori
sardi.
Non so se hai visto sul giornale il «progetto antisciopero europeo»...
Voglio congratularmi con il manifesto,
l'unico giornale che ne abbia parlato. Nel linguaggio europeo, questo
testo di Barroso viene chiamato «Monti 2». Perché nasce dalla sua
cultura profonda che, come hanno giustamente individuato gli inglesi - a
differenza di una certa sinistra di palazzo che fa finta di nulla - è
l'equivalente italiano della Thatcher, quella che diceva «la società non
esiste, esistono solo le persone». È l'ideologia per cui «nel mercato»
tutti gli interessi hanno «pari dignità», ma quelli dell'impresa vengono
sempre prima. In questo devo dire, c'è un contributo assolutamente
negativo del capo dello stato, perché c'è una lesione di fondo dello
spirito della nostra Costituzione. Quando si dice «dovete fare un
sacrificio sull'art. 18» significa mettere il diritto a un lavoro
dignitoso, che è l'anima fondante la Costituzione, alla pari con la
protesta dei notai.
L'Ocse dice che anche Germania, Francia e Olanda devono «riformare» il loro mercato del lavoro...
Stiamo programmando, in coordinamento
con i movimenti europei, una manifestazione a maggio sotto la sede della
Bce, a Francoforte. Del resto l'ha detto Draghi: il «sistema europeo è
morto». La lunga marcia della restaurazione in Europa di un capitalismo
selvaggio di stampo anglosassone è cominciata con la Grecia, ma finirà
in Germania e Svezia. Sono partiti con i paesi più deboli, ma tra uno o
due anni - se passano da noi - diranno ai lavoratori francesi e tedeschi
«ora tocca a voi». Come Draghi ha detto ieri ai greci: «dovete
rinunciare al benessere». C'è una classe dirigente europea legata al
sistema finanziario internazionale, convinta che la soluzione della
crisi sia un'Europa low cost. È chiaro che siamo solo un granello di
sabbia, ma vorremmo provare a fermare l'ingranaggio.
Vedi possibilità di sblocco in ciò che resta della sinistra italiana?
È l'ambizione che abbiamo. Da un lato,
pur non avendo alcuna mira elettorale, la politica che proponiamo -
rifiuto del ricatto del debito, modello di sviluppo fondato su servizi
sociali e territorio - non può essere fatta dalla «sinistra del
centrosinistra», accanto a Casini o Monti. Può essere solo alternativa.
Bisogna quindi creare uno spazio politico alternativo, fondato su radici
sociali reali e notevoli. Alternativa rispetto a questo modello di
potere, al contrario delle illusioni del Pd o di Vendola.
Qualcosa si sta «scongelando»?
Mi ha fatto piacere che anche aree
interne a Sel, pur con posizioni diverse, abbiano aderito a aquesta
manifestazione. Oltre a tutte le altre forze - da Rifondazione a
Sinistra critica, all'Idv - che pure in questi anni in questi anni si
sono parlate poco. Una manifestazione da sola non basta, ma può aiutare.
E sul piano sindacale?
Mi dispiace molto che Monti, ogni volta
che va all'estero, si vanti del fatto che qui c'è «pace sociale»
nonostante quel che sta facendo ai lavoratori e al sindacato. Questa
cosa va smentita. Va trovata una capacità unitaria di superare le
vecchie barriere nel conflitto effettivo contro le sue politiche. C'è
ancora un grave ritardo italiano, anche della Cgil. La Fiom ha assunto
spesso questo ruolo, ma occorre un passo in più. E arrivare a una grande
mobilitazione di tutto il mondo del lavoro; non di una sigla, ma un
vero sciopero generale che blocchi il paese. E quindi deve comprendere
anche i precari.
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