“Lo
sviluppo delle rinnovabili, unito alla stagnazione della domanda, sta
rendendo difficile la copertura dei costi di produzione degli impianti
convenzionali, mettendone a rischio la possibilità di rimanere in
esercizio”.
Parola del presidente dell’Enel Paolo Andrea Colombo. Un’affermazione di cui abbiamo ampiamente illustrato il significato e la portata,
ma di cui resta da valutare un aspetto a dir poco sorprendente: ma
Colombo è a capo della stessa Enel che insieme ai ministri Scajola e
Romani fino a meno di un anno fa ci voleva convincere che l’Italia non
poteva fare a meno di dieci (DIECI) centrali nucleari per aggiungere
all’attuale produzione di elettricità un ulteriore 25%?
Per chi ha cuore lo sviluppo delle rinnovabil e della democrazia
energetica (e quindi politica) le parole di Colombo non lasciano
presagire nulal di buono, ma almeno un effetto positivo sembrano averlo:
mettono definitivamente un apietra sui sogni nucleari dei grandi
oligopolisti.
Rinnovabili, le paure dell'Enel
"A rischio impianti convenzionali"
Allarme del presidente dell'azienda
elettrica Andrea Colombo: "Più fonti verdi e meno consumi, le centrali
tradizionali faticano a guadagnare". Nel mirino gli incentivi a eolico e
fotovoltaico
di VALERIO GUALERZI, La Repubblica
A
lanciare quello che per i grandi produttori di energia è un allarme
rosso è il presidente dell'Enel Paolo Andrea Colombo. "Lo sviluppo delle
rinnovabili, unito alla stagnazione della domanda, sta rendendo
difficile la copertura dei costi di produzione degli impianti
convenzionali, mettendone a rischio la possibilità di rimanere in
esercizio", ha lamentato oggi Colombo.
Le ultime conferme di come
sta irreversibilmente cambiando il sistema di produzione e
distribuzione dell'energia è arrivata non più tardi dell'altro ieri dal rapporto Comuni Rinnovabili di Legambiente 2. "Dal 2000 ad oggi 32 TWh da fonti rinnovabili si sono
aggiunti al contributo dei vecchi impianti idroelettrici e geotermici: è qualcosa di mai visto,
che ribalta completamente il modello energetico costruito negli
ultimi secoli intorno alle fonti fossili, ai grandi impianti, agli
oligopoli", si legge nel dossier.
Una lettura che non è ormai
solo degli ambientalisti. Quanto è accaduto negli ultimi anni, spiegava
il ministro dell'Ambiente Corrado Clini, fa sì che ci sia "poco spazio
per altre grandi centrali termoelettriche e questo impatta sul monopolio
energetico nazionale". "Ma ormai questo - concludeva Clini - è lo
schema sul quale stiamo lavorando". E allo stesso incontro anche il
rappresentante di un'istituzione tradizionalmente cauta e conservativa
come l'Autorità per l'energia ammetteva per bocca del suo presidente
Guido Bortoni che "il paradigma è cambiato e il mondo dell'energia così
come l'abbiamo conosciuto fino al 2008 non tornerà mai più".
Il
problema, agli occhi dell'Enel, è che quel mondo prevedeva una serie di
impianti costati fior di investimenti ma che per essere redditizi hanno
bisogno di produrre a ritmi ormai ampiamente superflui. In termini
numerici a dare un'indicazione del fenomeno è l'ex consigliere di
amministrazione di Enel G. B. Zorzoli, oggi presidente della sezione
italiana dell'International Solar Energy Society, in un'intervista al
sito Qualenergia. "Questi (impianti, ndr) per ripagarsi
dovrebbero funzionare circa 4-5mila ore l'anno, invece ne stanno
funzionando, quando va bene, 3mila. Il ridotto uso dei cicli combinati
si traduce anche in miliardi di metri cubi di gas in meno, con un
innegabile vantaggio in termini ambientali e di bilancia dei pagamenti,
ma con un danno economico per chi vende gas".
Queste centrali
servono infatti ormai sempre più come stabilizzatori della produzione,
per dare continuità alla quantità di energia immessa in rete a fronte
della inevitabile variabilità nella produzione da rinnovabili (legata
alla quantità di sole e vento). Un compito che in un futuro sempre meno
lontano dovrebbe essere svolto dalla cosiddetta "rete intelligente" (la smart grid) e dai sistemi di accumulo e back up.
Un'evoluzione che Enel conta di rallentare (è stata anche oggetto di un duro scontro nei mesi scorsi con Terna 3)
andando innanzitutto a rivedere il conto energia che nelle sue diverse
versioni ha sino ad oggi fatto da volano a questa rivoluzione. Per
questo Colombo ha invocato una "razionalizzazione degli incentivi" che
consenta una maggiore efficienza, che "eviti gli sprechi inutili e
garantisca lo sviluppo selettivo dei progetti". "Tenuto conto
dell'emergenza finanziaria - ha detto intervenendo alla Terza Conferenza
del diritto dell'energia del Gse - è ragionevole attendersi un'adeguata
ridefinizione dei meccanismi incentivanti".
La riformulazione
del conto energia (con il varo della sua quinta edizione), i nuovi
incentivi per le rinnovabili extra fotovoltaico e quelli per le
rinnovabili termiche sono in queste ore allo studio del governo 4
e stando alle prime indiscrezioni i provvedimenti andrebbero a colpire
duramente il settore. Sul fatto che le concessioni fatte fino ad oggi
siano state troppo generose, soprattutto alla luce del crollo dei prezzi
dei moduli solari, è ormai opinione condivisa. L'orientamento politico
iper punitivo mostrato sino ad ora dal governo (di "storuture
insostenibili e da correggere" ha parlato anche oggi il ministro dello
Sviluppo economico Corrado Passera) spaventa però gli operatori del
comparto, alimentando più di un sospetto sul fatto che possa essere in
qualche maniera ispirato proprio dagli interessi dei grandi gruppi come
Enel. Emblematico, al riguardo, il giallo della bozza 5 circolata nei giorni scorsi e attribuita direttamente a un ghost writer
di Enel. Circostanza seccamente smentita dall'azienda, senza però
convincere l'autore della denuncia, il senatore del Pd Francesco
Ferrante.
"Anche oggi - afferma il parlamentare democratico -
Enel entra a gamba tesa sul tema dell'incentivazione alle rinnovabili,
collegando lo sviluppo delle rinnovabili alle difficoltà incontrate sul
mercato dalla produzione di energia elettrica da fossili. Le cose sono
due: o si tratta di disinformazione o di una sorta di confessione di chi
guarda al passato e ha paura del futuro. Sono comunque dichiarazioni
gravi, a cui rispondiamo con argomentazioni fondate, ad esempio con
l'autorevole studio dell'Università Bocconi diffuso proprio oggi, che
stima i benefici netti delle Fer (fonti rinnovabili elettriche, ndr)
al 2030 in 79 mld € nei prossimi vent'anni, suddivisi tra maggiore
occupazione, mancato import combustibili fossili, export netto
dell'industria e riduzione del prezzo di picco dell'energia".
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