Sarà
con il “guanto di velluto” come ha detto, commentando il monologo del
premier in diretta televisiva, Enrico Mentana. A noi è parso che un vero
e proprio maglio accompagnato anche da un contenuto apertamente
intimidatorio “Abbiamo esaminato il dossier Tav e non abbiamo trovato
alcun motivo per ripensarci”. Ci vuole proprio una grande faccia tosta
per affermare con tanta ignavia simili cose. Monti non porta dati, come
tutti i fondamentalisti, a sostegno delle sue tesi. Agli italiani chiede
un atto di fede nel nome delle magnifiche sorti e progressive. “La Tav
unirà anche fisicamente l’Italia all’Europa” come se l’Italia fosse oggi
un corpo avulso dal resto del continente senza vie di comunicazioni. Il
vertice si conclude dunque nei peggiori dei modi. Da Palazzo Chigi esce
un grido di guerra contro la Val di Susa e tutti coloro che chiedono di
rimettere in discussione un modello di sviluppo che la crisi ha fatto
implodere. Sembra di sentire Badoglio: “la guerra continua”.
Questa mattina intorno ad un appello lanciato da don Luigi Ciotti (http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2012/3/3/20254-il-dialogo-in-marcia/ )si era coagulato “un fronte del dialogo” che chiedeva di spostare la discussione sui contenuti. Sostenuto da personalità, sindaci, esponenti politici e di associazioni (con la chirurgica e malevola esclusione degli amministratori e degli esponenti del Prc che nel movimento No Tav ci sono a pieno titolo da sempre) l’appello è stato di fatto cancellato dal niet di Monti. Nel proporre ai nostri lettori una intervista video rilasciata nel pomeriggio a Controlacrisi.org da Luigi Ciotti ai margini di una iniziativa pubblica ad Arezzo, riteniamo doverose un paio di rapide riflessioni. Il rifiuto di Monti è stato caldeggiato dall’ala più estremista dello schieramento proTav e che in Piemonte si condensa nell’asse Fassino- Cota.
Questa mattina intorno ad un appello lanciato da don Luigi Ciotti (http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2012/3/3/20254-il-dialogo-in-marcia/ )si era coagulato “un fronte del dialogo” che chiedeva di spostare la discussione sui contenuti. Sostenuto da personalità, sindaci, esponenti politici e di associazioni (con la chirurgica e malevola esclusione degli amministratori e degli esponenti del Prc che nel movimento No Tav ci sono a pieno titolo da sempre) l’appello è stato di fatto cancellato dal niet di Monti. Nel proporre ai nostri lettori una intervista video rilasciata nel pomeriggio a Controlacrisi.org da Luigi Ciotti ai margini di una iniziativa pubblica ad Arezzo, riteniamo doverose un paio di rapide riflessioni. Il rifiuto di Monti è stato caldeggiato dall’ala più estremista dello schieramento proTav e che in Piemonte si condensa nell’asse Fassino- Cota.
Il Comune di Torino
e la Regione Piemonte rappresentano il rullo compressore – ma anche un
evidente collettore di interessi affaristici trasversale – che chiede
non da oggi di schiacciare in modo definitivo la resistenza della Val di
Susa. Se la coalizione di Cota è omogenea e non ha avuto incrinature,
quella di Fassino è invece attraversata da componenti più in sofferenza
come l’Idv (che chiede la moratoria) e Sel che ha i suoi assessori in
giunta. C’è anche un pezzo di società civile torinese, di cui il gruppo
Abele è parte attiva, che pur dissentendo su alcune posizioni di Fassino
ha finito per sostenerlo nell’elezioni amministrative della scorsa
primavera. In particolare dalla Fiom – che si è molto esposta nella
vicenda Tav contrapponendo il suo segretario generale Landini nel
confronto con Bersani nella puntata di “Servizio Pubblico”, ci si
aspetta una salto di qualità nel sostegno ai No Tav proprio sul versante
torinese. Più l’occupazione militare e la repressione andranno avanti e
meno sarà possibile stare un piede dentro il centrosinistra e un altro
nel movimento. La lotta della Val di Susa ha un potenziale enorme di
crescita su scala nazionale ma ha bisogno di essere sostenuta lealmente e
senza doppiogiochismi. Più largo sarà il fronte che la sosterrà più
improbabile sarà l’involuzione minoritaria della lotta. Per questo
l’appello di don Ciotti e dei tanti che l’ hanno sottoscritto deve
necessariamente evolversi in una linea di condotta più coraggiosa anche
se più scomoda.
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