FABIO SABATINI – 200 in meno all’università pubblica, 200 in più alle scuole private, i conti tornano
Io
non ce l’ho con Monti. Ce l’ho con chi lo sostiene. Monti è un sobrio e
rispettabile uomo politico di centrodestra che guida un sobrio e
rispettabile governo di centrodestra. Che fa il suo mestiere. Cioè
taglia fondi alle università pubbliche e li regala alle scuole private.
Che essenzialmente vuol dire cattoliche. That’s Italy, baby, da noi
funziona così. Non fosse che il principale azionista del governo Monti è
il Pd, unica rappresentanza del centrosinistra in Parlamento. Quindi,
tanto per cambiare, ce l’ho col Pd.
Insieme alle prime indiscrezioni sulla
spending review, che annunciano un taglio di 200 milioni di euro al
fondo per il finanziamento ordinario degli atenei, si è diffusa la
notizia di una previsione di spesa di 200 milioni in favore delle scuole
private.
Si potrebbe obiettare che tale cifra rappresenta una parte della
quota annuale già prevista per gli istituti privati, ai quali dovevano
essere destinati 500 milioni. Ne riceveranno invece 200. Quindi in
teoria c’è un taglio di 300.
Ora, nello scenario macroeconomico di questi giorni, qual è la ratio
del finanziamento di 500 milioni, poi 200, al settore privato, e quali
sono le priorità nella razionalizzazione della spesa? L’università
pubblica è al collasso. Le scuole pubbliche sono già a dir poco
martoriate dai tagli, specie quelle “di frontiera”, che “sopravvivono”
nelle periferie o nelle aree economicamente depresse. Le scuole private
non fanno certo frontiera: raramente aiutano categorie svantaggiate o
contribuiscono allo sviluppo locale, e spesso vi si pratica un vero e
proprio estremismo religioso. Inoltre non fanno ricerca scientifica,
diversamente dalle università pubbliche. Giova anche ricordare che la
ricerca scientifica è uno dei motori dello sviluppo economico.
Ci sono tanti modi di redistribuire il reddito. In un contesto di
spending review, tagliare ulteriormente una spesa che rende più equa la
distribuzione del reddito e/o delle opportunità, e preservare,
nonostante i tagli, una spesa di pari importo che rende più iniqua la
distribuzione del reddito e/o delle opportunità è un intervento
redistributivo che non ha alcuna ragione economica, solo ideologica. Di
destra.
MATTEO PUCCIARELLI – Tagli per tutti, più soldi agli istituti cattolici. Sono i “tecnici”, bellezza!
Apri
il giornale e pare un bollettino di guerra, morti e feriti dappertutto.
«Cancellati 18mila posti letto negli ospedali» – la salute pubblica,
che spreco. «Dipendenti pubblici in mobilità» – fannulloni, ben vi sta!
«Duecento milioni in meno agli atenei» – perché con la cultura non si
mangia, disse il saggio (Giulio Tremonti). Tagli anche alle spese
militari, evviva, anzi no: hanno dimezzato il fondo per le vittime
dell’uranio impoverito – sfigati!
In mezzo a
questi dati ed altri – per qualcuno mortificanti, per altri eccitanti –
se ne nasconde uno, sapientemente poco pubblicizzato e infilato tra le
righe come se niente fosse: «Più fondi agli istituti cattolici». E vai a
scoprire che i 200 milioni tagliati agli atenei pubblici sono stati
dirottati pari pari a quelli retti dalla Santa Chiesa Cattolica Romana
Che Dio Ce La Preservi A Lungo.
Sarà pure una parola considerata vetero, ma al momento di più
attinenti in giro non se ne vedono: questo governo, sostenuto con
slancio ideale anche dal Pd, altro non è che un esecutivo classista.
Fulmineo e «riformista» quando si è trattato di tagliare le pensioni,
uccidere l’articolo 18 e levare di mezzo 18mila posti letto (a loro
piace il 18); un po’ meno «riformista» se bisognava colpire le super
pensioni (infatti non le hanno toccate); di nuovo solerte nel foraggiare
le scuole di uno Stato straniero tanto pio (sic) quanto ricco e
potente.
Allora tanto vale citare Luciano Gallino: «Ridurre a ogni costo la
spesa pubblica; avviare un piano di privatizzazioni dei servizi
pubblici; vendere al miglior offerente il patrimonio terriero e
immobiliare dello Stato; modernizzare il sistema di welfare e le
relazioni sindacali, che significa in realtà far arretrare di decenni
sia il primo che le seconde: sono tutte ricette di destra che la crisi
iniziata nel 2007 ha contraddetto in ogni possibile modo, ma che
parecchi governi Ue, combinando ideologia liberista, incompetenza e a
volte una buona dose di ipocrisia, hanno ora rispolverato come fossero
rimedi alla crisi».
Ecco, voi siete qui. Davanti a un sobrio governo di destra, fedele
alla massima di Ettore Petrolini: «Bisogna prendere il denaro dove si
trova: presso i poveri. Hanno poco, ma sono in tanti».
PS: Qualcuno osserverà: «Ma era un sacrificio che andava fatto,
l’aumento dell’Iva avrebbe depresso l’economia e così grazie a questi
nuovi e ulteriori sacrifici il pericolo è sventato». Poveri allocchi,
verrebbe da rispondere: l’Iva verrà aumentata lo stesso, ma nel 2013.
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