Mezza bufala, mezza mascalzonata. Un’intervista del neoministro
all’economia Grilli, un concentrato di bugie, furbizia e incompetenza
La prima “uscita” ufficiale del neo ministro all’economia Vittorio
Grilli, con la mega intervista di qualche giorno fa al Corriere della
Sera (ci si è scomodato il Direttore del giornale in persona per farlo
parlare!) è un tale concentrato di bugiarderia, supponenza e
incompetenza da far rabbrividire.
Poveri noi!, governati da uomini (e
donne) che saranno pure “bocconiani”, ma spinti come sono da puri dogmi
scolatico-ideologici di stampo liberista, appaiono (in parte
probabilmente fingono anche di essere) così lontani dalla realtà (e dal
buon senso) da essere destinati, se non gli si toglie al più presto il
bastone del comando, ad arrecare danni irreparabili al nostro Paese e
all’Europa.
Grilli (che è stato pure Direttore generale del Tesoro e quindi pare
incredibile possa dire cose del genere, probabilmente lo fa perché
travolto dalla generale mania del sensazionalismo) annuncia la sua
ricetta “miracolosa” per il rientro dal debito pubblico italiano in
quattro e quattrotto (cinque anni): un piano di vendita del patrimonio
immobiliare dello Stato al ritmo di 15/20 miliardi l’anno, oltre ad
imprecisate nuove privatizzazioni. E’ una cosa che va considerata a metà
tra la “bufala” e la mascalzonata. Bufala perché irrealistica,
mascalzonata perché sarebbe una indebita e inutile spoliazione dello
stato.
Possibile che Grilli non sappia che, negli ultimi anni, il governo ha
creato due società ad hoc per la vendita dei suoi beni e che, entrambe,
non sono riuscite a vendere praticamente un bel nulla, perché il
mercato, particolarmente in questo momento di crisi, non “assorbe”?
Possibile che Grilli, non sappia che in Italia, anche al di la del
momento di crisi, è da dubitare che esistano tanti capitali privati
necessari per l’acquisto e che una delle poche istituzioni finanziarie
che funziona è la Cassa depositi e Prestiti, che gradualmente dovrebbe
essere “disfatta” anch’essa?
E’ possibile che Grilli, economista della
Bocconi, non “arrivi” a dove arriva il pensiero del più modesto degli
artigiani, che sa benissimo che, oggi, “non è il momento di vendere, ma
tuttalpiù di acquistare”?
Possibile che Grilli, ex direttore del Tesoro,
non sappia che, con i tempi della macchina pubblica italiana, anni su
anni se ne andrebbero soltanto per individuare i beni, renderli
disponibili, fare i bandi, allestire e svolgere le gare e quindi, anche
dal punto di vista semplicemente “organizzativo”, pensare a vendite
massicce, ai ritmi da lui indicati, è una pura illusione, ma, chiamiamo
le cose col loro nome, una grande sciocchezza o una presa in giro del
pubblico!?
Possibile che Grilli non sappia che una vendita affidata agli
attuali prezzi di mercato non sarebbe tale, ma una svendita, cioè un
regalo? E’ questo che, in realtà, si vuole!?
E poi, per anni, ci hanno detto che lo Stato doveva comportarsi come
un imprenditore. Hanno fatto di tutto per aziendalizzarlo. E, allora,
un’azienda in debito che fa? Vende il patrimonio? Un’azienda in crisi
resiste il più possibile perché sa che la vendita del patrimonio è la
fine o l’inizio della fine. O comunque sa che, anche ammesso che riesca a
ripianare i conti, alla fine il suo valore commerciale, la sua “tenuta”
e affidabilità sarebbero enormemente ridotte. Perché lo Stato dovrebbe
comportarsi diversamente?
Questa idea di rilanciare il sistema delle imprese regalandogli il
patrimonio pubblico è una cosa infame! Gli autori dovrebbero essere
denunciati per danneggiamento e svendita della cosa pubblica. Intanto
perché è roba di tutti noi. In secondo luogo perché non serve. Guardate
gli aborti e i fallimenti delle alienazioni e delle privatizzazioni
realizzate fino ad ora!
Infine, perché, in conclusione, che rimarrebbe dell’Italia? Nell’epoca
delle indispensabili “masse critiche”, non esiste potenza economica al
mondo alla quale non corrisponda un efficiente, ma poderoso, “apparato”
pubblico: a cominciare dagli Stati Uniti d’America, per non parlare
della Francia (con la tradizione del suo “ètat”), ma anche la Germania
ecc.
L’Italia del futuro alla quale conduce l’idea che hanno Monti, Grilli e
la corrente industrialbancario liberista che oggi governa, è quella di
un paese di mezza tacca, privato del suo enorme capitale, senza centri
di ricerca e cultura, senza grande industria, privo di settori
strategici, imperniato su un sistema di piccole imprese subfornitrici
dei colossi stranieri o internazionalizzati, costrette (con tutto il
rispetto per le piccole imprese che spesso hanno retto l’Italia) alla
affannosa ricerca della quotidianità di un guadagno, senza possibilità
di ambizioni e prospettive di respiro e a lungo termine.
Come si fa a non ribellarsi a una simile prospettiva?
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