Tutti a fare le pulci alla "lista delle riforme" che Atene
presenta e vengono respinte dalla Troika.
E intanto il governo Renzi sta
facendo esattamente la stessa cosa, ma in tutt'altro modo. Non
contratta, non scalcia, non contropropone: si sdraia a tappetino e
consegna quel poco di dignitoso che qui è rimasto alle scorrerie del
capitale multinazionale.
Nel Def che il governo si appresta a presentare all Parlamento (per
un parere che conta come il due di coppe: il documento vero lo
scriveranno a Bruxelles, con matita rossa e blu, calncellando quel che
non va bene e tenendo quel che avevano già indicato) c'è una "lista
italiana di riforme strutturali" (Programma nazionale di riforme) che
dovrebbe fare impressione. Se si fosse abituati a ragionare su quel che
ti stanno cucinando anziché, come sempre, risvegliarsi a cose fatte.
Ben dodici "riforme" da realizzare in
due anni nella speranza di ottenere dalla Troika un briciolo di
flessibilità sui conti pubblici. Diciamo briciole a ragion veduta: si
tratta di 7 o 8 miliardi in un paese il cui Pil ancora viaggia intorno
ai 1.500 l'anno.
A fare la parte del leone, tra le
"riforme", tagli colossali a sanità e assistenza sociale. Due aree che
proprio non piacciono ai ragionieri multinazionali, in quanto
rappresentano per loro solo dei costi inutili", da eliminare il più
possibile. Cos'è questa pretesa delle gente povera di voler essere
curata o assistita anche se non possiede i soldi per pagare? Cos'è
questa "libertà" di prendersi qualche giorno di pausa sul lavoro per
dedicarsi all'assistenza dei familiari non autosufficienti (congedo
parentale)? Via, via... Tutti al lavoro, se ce l'avete.
Si parla ancora sulla base di "bozze",
riscrivibili come semre fino all'ultimo momento. Ma appare chiara
l'intenzione di abbattere la scure sulle pensioni di invalidità,
strumento in passato di sviluppo delle clientele, oggetto spesso di
inchieste della magistratura con enfasi indecente da parte di media di
regime. Insomma, un'area da cui si possono ricavare risparmi
consistenti. Se solo si procedesse in modo selettivo, andando a
scoprire chi è che percepisce indebitamente - e a scapito magari degli
aventi diritto - un assegno mensile misero, ma comunque non dovuto.
Invece no. Troppo lenta la procedure,
non c'è tempo. E quindi avanti con i "tagli lineari" (la stessa logica
che veniva contestata quando a praticarla era Giulio Tremonti).
Solo leggermente più sofisticato
l'intervento sulla spesa sanitaria. Qui si usano molte formule di
difficile "concretizzazione", come "revisione del sistema
dell'assistenza" (servizi gestiti da soggetti diversi, dall'Inps ai
comuni), "monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza", di cui
andrà "ridisegnato il perimetro", "rivisitazione del sistema di
remunerazione delle prestazioni sanitarie".
La traduzione non ci sembra comunque
difficile: si andrà alla riduzione dei livelli di assistenza, si
limiteranno i "livelli essenziali di assistenza" a sempre meno
prestazioni, aumento dei ticket e dei servizi a pagamento.
Un'altra "riforma" che fa fatica a
tradursi in realtà è l'ulteriore riduzione dei trasferimenti ai Comuni.
La legge di stabilità approvata nella notte di Natale aveva varato tagli
per complessivi 2,2 miliardi, che ora andranno redistribuiti tra
piccoli piccoli comuni e grandi aree metropolitane; ma sui "criteri"di
redistribuzione c'è da affrontare una contestazione generale da parte
degli amministratori locali.
E se il Jobs Act è diventato "legge", in
ogni caso restano da emanare una lunga serie di decreti attuativi per
renderlo pienamente operante. Non sperate che ci siano "miglioramenti"
possibili. Semmai il contrario...
Ma la coperta resta ancora troppo corta.
E quindi si sta preparando un'altra mazzata, con una "manovra
correttiva" da circa 10 miliardi (per ora...). Ovviamente il governo,
pressato dalle imprese, vuole evitare il ricorso a nuove tasse dirette.
Quindi saranno soprattutto nuovi tagli di spesa, riesumando per
l'ennesima volta la spending review, ora affidata a Perotti e
Gutgeld; oltre a tasse indirette (ma non l'aumento dell'Iva previsto
nelle "clausole di salvaguardi", perché troppo recessivo).
I margini di manovra dipenderanno dalla
crescita del Pil, che per l'anno in corso il governo prevede - secondo
molti, ottimisticamente - allo 0,7%, mentre per l'anno prossimo si spera
("prevedere" sarebbe troppo) addirittura in un +1,6. Un'altra variabile
è l'obiettivo entro cui mantenere il deficit, che nel 2014 è risalito
al 3%. Più sarà basso l'obiettivo (per esempio l'1,8) più sanguinosa
sarà la manovra correttiva.
Dite che mancano ancora parecchie
"riforme" per arrivare a dodici? Le altre ce le faranno sapere con
calma. Per il momento le dicono solo alla Troika.
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