martedì 23 agosto 2011

Anziché i piccoli Comuni, chiudete la buvette: costa uguale

«Avevamo chiesto i tagli della politica: i tagli però, non i ragli». Dalla sua rubrica quotidiana su “La Stampa”, il 22 agosto Massimo Gramellini attacca la demenziale cancellazione dei piccoli Comuni, preziosi sportelli a disposizione del territorio, spesso l’ultimo presidio di democrazia partecipativa controllato direttamente dai cittadini-elettori senza l’ingombrante mediazione dei partiti e dei loro onnipresenti carrieristi. «Anziché dimezzare il numero e i benefit dei parlamentari, il governo crede di tenerci buoni segando a casaccio i piccoli Comuni», che per Gramellini rappresentano «il tessuto connettivo di un Paese che è composto di mille villaggi, il suo apparato cellulare, l’unica istituzione in cui l’italiano medio si riconosca».

Un provvedimento di tale portata – aggiunge l’opinionista, “spalla” di Fabio Fazio a “Che tempo che fa” – avrebbe dovuto essere il frutto di un

Massimo Gramellini

restauro complessivo dell’architettura dello Stato, invece da noi le riforme vengono fatte così: una alla volta, a rate, come capita: «Penso ai poveri sindaci dei paesi del mio Piemonte, costretti a decrittare il proprio destino dalla lettura impervia di un decreto scritto di corsa e male». E per giunta nel deserto di Ferragosto, con i prefetti in ferie che non possono neanche dare delucidazioni. «Si è capito che i Comuni sotto i mille abitanti dovranno consorziarsi con quelli adiacenti per raggiungere la fatidica quota cinquemila, ma poi si scopre che non è esattamente così», visto che resteranno in piedi i mini-Comuni totalmente isolati, non confinanti con altre mini-entità con le quali accorparsi.

E’ il caos all’italiana, che in un momento di tagli drammatici, senza precedenti nella storia, non esita a sparare – a casaccio – sui piccoli centri di montagna, quelli che più di altri si rivelano indispensabili al territorio. Sarà che da noi «ogni regola ha cento eccezioni», come sempre, e magari «al Sud la mafia si appresta a sfruttare queste fusioni a freddo per mettere direttamente le mani sugli apparati pubblici». Bene, anzi male. «Volete sapere quale risparmio formidabile ci porterà la disarticolazione del sistema nervoso dei Comuni? Sei milioni di euro», scrive Gramellini, «su una manovra di 50 miliardi». Ovvero: «Poco più di quanto ci costa ogni anno il ristorante della Camera: 5 milioni e mezzo. Proporrei uno scambio secco: ci teniamo i piccoli Comuni e obblighiamo i deputati a iniziare uno sciopero della fame contro se stessi».

da: www.libreidee.org

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