“Mangiafrittata? Mangiafrittata hai detto!? Ma brutto fijo de na grandissima mignottaaaa zozza!”. E poi, alla fine, Speranzoso Azzurro, elettore forzista tipo, dipendente statale, sessantaquattro anni, storico fan del Cavaliere fin dal 1994, due figli a carico e moglie carismatica e scassacazzi era partito. E poi alla fine, Speranzoso Azzurro nella pancia del traghetto ululó. Gridava apparentemente contro il suv bianco avorio Porsche che gli bloccava la strada nel garage congestionato dal fumo di scappamento delle macchine. Ma in realtà stava gridando contro i tagli, contro il suo governo, contro tutto quello in cui aveva creduto per 17 lunghi anni. Quello che Speranzoso fece subito dopo – invece – non era prevedibile da nessuno.
Quello del Porsche bianco, il gioielliere a basso reddito (anche lui berlusconiano, ma in modo radicalmente diverso) da venti centimetri più in alto della Fiat Punto di Speranzoso, abbassó il finestrino, sputò sul cofano della sua macchina e gridò con un sorriso compiaciuto: “A sfigatooo!!!”. L’antefatto che spiega questo conflitto antropologico (e fisico) fra Speranzoso e Rubino Supercafone (il padrone della Porsche, milionario a basso reddito) si svolge con drammatica unitá di tempo luogo e azione fra Civitavecchia e Olbia, fra il Ponte 1 e il Ponte 4 della nave Tirrenia. Anzi, a pensarci bene, già all’imbarco sul molo, quando Rubino – gioielliere dell’Olgiata con dichiarazione tarocca meritevole di sostegno dei servizi sociali (16mila euro) – ha bruciato nella fila la famiglia di Speranzoso, fuori dalla macchina a mangiare il famoso panino con la frittata confezionato da Cesira. Cesira ha fatto solo in tempo a dire: “Ciccio, ma questo qui che ‘vvole?”, che il posto faticosamente conquistato la mattina è andato perso, in una nuvola di carburazione accelerata. Ciccio (lo ha sempre chiamato così) lei lo cazzia sempre, è vero. Ma l’ha sempre amato come nessuna, e per lui ha preparato i migliori panini con frittata di Roma ovest. Della Manovra lacrime e sangue (anche per lui), fino a quella mattina, Speranzoso avrebbe poi confessato di non sapere nulla. La sera prima Cesira aveva detto: “A letto presto, Ciccio, sinnó se perdemo la nave come nell’82!!”. Le responsabilità di quella celeberrima mancata partenza furono attribuite a lui: videro la finale mundial in un alberghetto e fu un bel ricordo con Cesira che agitava la bandiera.
Sulla Roma Civitavecchia, invece, avevano parlato per l’ennesima volta della casetta di Largo Preneste: “Ciccio, ma conveniva dare già l’acconto? Abbiamo da pagare l’università di Stella!”. Stella, la più piccola: la speranza di casa, dal Pigneto a Cambridge, come i cervelloni della tv. Speranzoso non ci dormiva la notte per l’orgoglio. Aveva rifatto i conti decine di volte, il primo azzardo della sua vita. Lasciato il ministero aspettava il Tfr già da un anno. Ma la casa che attendevano da una vita non poteva attendere loro di più. L’aveva fermata con caparra, e con la liquidazione si risolvevano entrambe le cose. E poi Cesira, nella frittata, aveva quel modo unico di rosolare le cipolle.
Sul ponte del traghetto, al bar, aveva ritrovato i tipi del Porsche bianco avorio. Avevano Il Messaggero e Libero aperti, discutevano della nuova manovra: “Ahò, zio Silvio c’ha parato le chiappette belle, ancora una volta. Noi non paghiamo nulla!”. La siliconata con brillocco gridó: “Evviva!”. Speranzoso si fece sfuggire quella domanda e fu la fine: “Ma perché, c’è qualcuno che paga? Ha detto Berlusconi che non avrebbe messo le mani in tasca agli italiani”. Il padrone della Porsche, Rubino, aveva i baffi a manubrio: “Ma ‘ndo vivi? Hanno bloccato le liquidazzioni, se so’ bevuti le detrazzioni”. Speranzoso stava precipitando in un incubo: “Ma non c’è nessuna tassa, vero?”. L’amico di Rubino, quello che teneva il braccio sul collo della brasiliana con il neo a forma di fragola, rise fragorosamente: “Si nun poi più detrarre, bello, è peggio de’ ‘no zeppo in culo. E poi le liquidazioni degli statali so’ bloccate per due anni, ed ecco l’altro zeppo!”. E Rubino: “Pensa, noi co’ quello che dichiariamo ar negozzio siamo pure esentati da tutto, eh eh”. Speranzoso tornó in cabina e non disse più nulla. Il fratello di Cesira gli porgeva la rosetta farcita: “Mi’ sorella stavorta s’è superata”.
La mattina dopo, quando tutti erano in macchina coi motori accesi, il ponte non si abbassava e l’adrenalina di tutti saliva alle stelle, il Porsche si fece largo di nuovo, alla sua maniera, sgommando sulle paratie. E fu allora che a Speranzoso calarono le nubi livide davanti agli occhi. Pensava al gioielliere che dichiarava 16mila euro, a quella vacanza che non si poteva già più permettere, a Cambridge che sfumava, all’acconto per la casetta che ormai era perso, a cosa avrebbe dovuto dire a Stella, che per contribuire aveva lavorato tutta l’estate alla cassa di Auchan. Sgasó la Punto sbarrando la strada alla Porsche mentre il ponte calava, mostrando le palme di Olbia. L’amico di Rubino abbasso il cristallo azzurrato e gridò: “A magnafrittataaa! Statte bbono che puzzi de ovo!!!”. La brasiliana con la voglia di fragola, vicino alla siliconata col brillocco squittì divertita: “Hi-hi-hi!”. E poi, come già sapete, Rubino sputò. Speranzoso aprì il cofano, estrasse il crick e lo roteó sul suv Porsche bianco avorio verniciato in grafite del gioielliere: “Porcoddue, ladro de mmerdaaaa! Tu la frittata di Cesira non la devi nemmeno nominà, capito!?”. Per toglierlo da quello che restava del cofano, mentre la brasiliana singhiozzava con un taglio sulla guancia, ci vollero due marinai nerboruti. Quando arrivò la polizia portuale, Cesira stava abbracciando Speranzoso bagnandolo di lacrime orgogliose: “St’omo mio cos’è! Cos’è st’omo mio!”. Quella mattina Berlusconi perse un milione di voti in tutta Italia. Più i cinque della famiglia Speranzoso. Al Prenestino.
luca@lucatelese.it Il Fatto Quotidiano
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