Gli evasori devono mettersi in regola. Parola del Vaticano, per voce del presidente dei vescovi, Angelo Bagnasco. L’importante è che a pagare non sia la Chiesa. L’appello del cardinale fa sorridere i radicali, che stanno denunciando le esenzioni e i privilegi di cui godono Oltretevere, in un momento di crisi economica dove tutti sono costretti a sacrificarsi. A partire dall’Ici, la tassa sugli immobili da cui il Vaticano è esente, perno della battaglia del partito di Mario Staderini: “É fuori dal tempo – spiega il segretario radicale – che la Chiesa goda di detrazioni per l’equiparazione degli enti ecclesiastici ad enti di beneficienza. Prima bisognerebbe verificare che in quei luoghi la beneficienza si faccia davvero. Mi vengono in mente le famiglie indigenti sfrattate da Propaganda Fide per far spazio a potenti o speculazioni edilizie”. I radicali contestano l’articolo 29 del Concordato del 1929, che stabilisce il principio cardine della normativa tributaria, ancora valido: gli enti ecclesiastici sono equiparati ex lege sotto il profilo tributario agli enti di beneficenza. Si fanno rientrare nella parificazione normativa non solo tutti gli enti beneficali (mense vescovili, benefici parrocchiali, chiese) ma anche i seminari, i santuari e qualsiasi ente che, da chiunque amministrato, ha quale fine esclusivo o principale il culto. Lo speciale regime tributario è stato applicato anche ad attività diverse dal culto o dalla religione purché dirette e strumentali alla realizzazione di tali finalità. “É proprio il criterio della strumentalità che consente ampi spazi di possibile elusione fiscale da parte dei soggetti economici di natura ecclesiastica”, aggiunge Staderini. Ma la lista delle riduzioni stilata dai radicali è lunga: a partire dalla riduzione del 50% dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (Ires), all’esenzione da imposta locale sui redditi dei fabbricati di proprietà della Santa sede (l’incremento di valore degli edifici del Vaticano non è neanche soggetto all’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili). In più i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto e quelli esistenti nei cimiteri e loro pertinenze non vengono considerati produttivi di reddito, sempre a prescindere dalla natura del soggetto che li possiede. Non sono inoltre considerate produttive di reddito imponibile le cessioni di beni e prestazioni di servizi compiute, anche verso pagamento di corrispettivi specifici, in favore di associati oppure in favore di altre associazioni che operano nello stesso settore. Sono deducibili dal reddito complessivo degli enti ecclesiastici anche i canoni, le spese per manutenzione o restauro dei beni, le spese per attività commerciali svolte dall’ente, dai membri delle entità religiose. Per ciascuno dei membri alle dipendenze dell’ente religioso è deducibile un importo pari all’ammontare del limite minimo annuo previsto per le pensioni Inps. Poi c’è l’esenzione dell’Iva per le prestazioni rese da enti di beneficienza, ospedali, ricoveri e scuole. E le retribuzioni corrisposte ai sacerdoti sono dispensate dall’Irap. C’è anche un esonero Irpef per gli impiegati e salariati, anche non stabili, della Santa Sede. E per finire le esenzioni da diritti doganali e daziari per merci estere dirette alla Citta del Vaticano o a istituti della Santa sede ovunque situati. In un tentativo di difesa dei privilegi della Chiesa il leader Udc, Pierferdinando Casini, ha sostenuto che i radicali “ignorano la straordinaria dimostrazione giornaliera di solidarietà da parte del volontariato, ragione per cui non si può considerare la Chiesa alla stregua di un imprenditore immobiliare”. Per Staderini, invece, è proprio quello il punto: “L’area di esenzione è così ampia che l’intervento sull’Ici è necessario. Tra l’altro mi soprende che non ci sia stata ancora una presa di posizione su quello, e sui metodi di ripartizione dell’8 per mille, né di Di Pietro né di Vendola. Per non parlare del Pd con Bersani che ha sempre dichiarato di voler tassare i grandi patrimoni immobiliari. E dove ne trova uno più grande del Vaticano?”. Caterina Perniconi, Il Fatto Quotidiano
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