giovedì 11 agosto 2011

La grande abbuffata: ecco come si è formato il debito sovrano USA

La grande abbuffata di miliardi della Fed

di RICCARDO PETRELLA - IL MANIFESTO

Sedicimila miliardi di dollari in prestiti senza interesse dagli Usa alle grandi banche mondiali: come il pil dell'intera Ue

Il Pil realizzato nel 2010 dai 27 paesi dell'Unione europea è stato valutato 16.106 miliardi di dollari. Quello dell'Italia 2.036 miliardi e del Belgio 461 miliardi (Fmi, World Economic Outlook Database, 2011). Ebbene, il rapporto dell'audizione effettuata sulla Federal Reserve Bank , la Banca Centrale degli Stati Uniti, per la prima volta della sua storia, dal Gao (Government Accountability Office) degli Stati uniti, reso pubblico alla fine di questo luglio, rivela un fatto a prima vista incredibile: la Federal Reserve Bank ha dato in segreto, tra dicembre 2007 e giugno 2010, a banche e imprese americane e non, prestiti per circa 16 mila miliardi di dollari senza interesse e a condizioni di rimborso del tutto fluide. Argomento: per «salvarle».

Altrimenti detto, è stato possibile per la più potente banca centrale del mondo stampare, all'insaputa del governo, miliardi e miliardi di nuovi dollari per salvare il capitale degli azionisti di banche e imprese che hanno fallito perché hanno commesso errori madornali unicamente per cercare di arricchirsi ulteriormente, e poi far pagare a miliardi di poveri cristi (operai, contadini, impiegati, insegnanti) attraverso il mondo il costo del «salvataggio».
La lista degli istituti beneficiari figura a pagina 131 del rapporto. Eccone i principali:
Citigroup (Usa): 2.500 miliardi di dollari (una volta e un quarto la ricchezza prodotta in un anno dall'Italia e quasi sei volte quella del Belgio),
Morgan Stanley (Usa): 2.040 miliardi di dollari,
Merrill Lynch (Usa): 1.949 miliardi di dollari, B
ank of America (Usa): 1.344 miliardi di dollari,
arclays Plc (Regno unito): 868 miliardi di dollari,
Bear Sterns(Usa): 853 miliardi di dollari,
Goldman Sachs(Usa) : 814 miliardi di dollari,
Royal Bank of Scotland (Uk): 541 miliardi di dollari, J
P Morgan Chase(Usa): 391 miliardi di dollari,
Deutsche Bank (D): 354 miliardi di dollari,
UBS (Svi) 287 miliardi di dollari,
Credit Suisse (Svi): 262 miliardi di dollari,
Lehman Brothers(Usa): 183 miliardi di dollari,
Bank of Scotland (Uk): 181 miliardi di dollari,
Bnp Paribas (F): 175 miliardi di dollari.
E tanti altri.

La notizia toglie il velo, per l'ennesima volta, a un sistema scandaloso. Non vi sono altri termini possibili. Essa interviene come una pugnalata alle spalle dei 2.8 miliardi di persone dette «poveri assoluti» (meno di 2,15 al giorno di «reddito») e delle centinaia di milioni di «nuovipoveri» (i working poors e i disoccupati/senza lavoro di lungo periodo) che in America del nord, in Europa e in Asia debbono accettare le drastiche riduzioni delle spese sociali.
A questi miliardi di esseri umani si è assicurato, mentendo scientemente, che non ci sono stati né ci sono soldi per «salvarli». Anzi, come dimostrano gli sviluppi della «crisi» in queste settimane i potenti dicono agli sfruttati che devono essere loro a pagare se si vuole salvare il sistema.
Si tratta di un comportamento «criminale». Vi sono i crimini di guerra contro l'umanità, vi sono i «crimini» economici contro la giustizia e la vita. La notizia «parla da sé», non ha bisogno di commenti. Non posso evitare però di denunciare due fatti maggiori.

  • Primo, la congiura del silenzio e della complicità sulle vere ragioni e dinamiche della crisi da parte di esperti ed economisti «ufficiali» (e sono legioni nelle migliaia di università e di istituti finanziari europei) e di dirigenti politici. Dall'esplosione della nuova crisi nel 2007, essi non fanno altro che ripetere, spesso con toni drammatici per meglio riscuotere l'adesione dell'opinione pubblica «terrorizzata» dall'idea di perdere i propri soldini, che finirà proprio così se non si farà quello che dicono i dominanti. Si dilettano a disquisire, ripetendo tutti le stesse litanie e formule, di fremiti di crescita del Pil, di tassi d'interesse, di rating, di debiti e d'indebitamenti, di prestiti di ultima istanza tra le banche centrali e i grandi finanzieri del Tesoro, di default. Ma non parlano mai, nemmeno una piccola parola, del fenomeno imperiale Usa. Che la Banca centrale degli Stati uniti abbia potuto fare quello che ha fatto è scandaloso non solo sul piano etico, sociale ed economico, ma soprattutto sul piano politico e per due ragioni. Anzitutto è inaccettabile, per la democrazia e la giustizia sociale, che un organo tecnocratico come la Federal Reserve Bank sia politicamente autonoma dal governo e dal Congresso degli Stati uniti. Anche ammesso che non lo abbiano saputo, questo significa che il governo e il Congresso sono, a ogni modo, responsabili politicamente delle azioni della Federal Reserve Bank. Ma non è successo nulla. Nessuno, alla Federal Reserve Bank, al governo, al Congresso ha dovuto rispondere del malfatto. Si tratta, inoltre, di un fatto politicamente scandaloso perché esso dimostra che i poteri forti finanziari ed economici del mondo riconoscono alle forze finanziarie e politiche degli Stati uniti il potere di decidere, nei loro interessi, a nome e per il mondo. In questo senso, l'egemonia imperiale mondiale delle forze finanziarie Usa&Co è di natura criminale. L'assurdità dell'indipendenza politica della Banca centrale europea esplode agli occhi di tutti in maniera crudele. Eppure, i nostri dirigenti continuano a parlare di «democrazia partecipativa», o partecipazione dei cittadini agli affari pubblici. Stanno prendendo in giro miliardi di persone, sapendo di farlo.
  • Secondo, gli ultimi sviluppi hanno messo a nudo il fenomeno imperiale finanziario mondiale Usa&Co. In particolare per via della potenza acquisita dalle tre principali compagnie mondiali finanziarie private di notazione (rating), tutte e tre americane, e impregnate dal vangelo della teologia universale capitalista. Condannate al rogo nel 2008 perché accusate - a ragione - di aver contribuito all'esplosione della crisi, appena tre anni dopo dominano la scena economica e finanziaria mondiale, «giudicano» gli stati e le loro politiche, «terrorizzano» i governi, persino quello degli Stati uniti. Gli economisti e dirigenti politici si arroccano nella loro congiura del silenzio e della complicità «pontificando» all'infinito sulle regole dei mercati finanziari, sulle tecniche di indebitamento e rimborso, sugli strumenti finanziari e gli eurobond, sugli stati d'animo delle tre società di rating, ma non parlano mai di capitalismo. Si comportano come se la crisi non avessse niente a che vedere con il capitalismo. Danno l'impressione che il capitalismo non esista.
Ora, è proprio il sistema capitalista finanziario mondiale da loro voluto e imposto (libertà del capitale, autoregolazione dei mercati finanziari, esaltazione dei prodotti finanziari altamente speculativi, indipendenza politica delle banche centrali dai poteri politici ma loro subordinazione ai mercati, demonizzazione della spesa pubblica, dogmatizzazione del rendimento delle azioni) a essere all'origine e a fungere da teatro delle crisi che stanno devastando da almeno quarantanni l'economia mondiale, le risorse del Pianeta e il «fare società».
La semplice verità, di cui i gruppi dominanti sono coscienti ma che tuttavia non possono nascondere, è che non si uscirà mai dalle crisi del capitalismo e dai suoi effetti mortiferi senza interrarlo definitivamente. Invece, i gruppi egemonici mondiali accusano la spesa pubblica di essere l'Adamo e l'Eva della crisi dell'economia mondiale.
Di fronte a siffatta situazione, noi cittadini, in particolare noi europei che affermiamo di avere ancora nella cultura politica un'affezione per la giustizia e la libertà nell'uguaglianza, dobbiamo dire una volta per tutte «basta».
«Basta» alla capacità di agire dei veri predatori della res publica dei nostri paesi e del Pianeta che sono gli attori finanziari, industriali e commerciali attuali. «Basta» anche a governi come quello italiano e a chi fa il bello e il cattivo tempo nelle Borse del mondo. Questi dirigenti devono andarsene o essere cacciati via. Non sono i conti pubblici che devono essere rimessi in ordine (dichiarazione del segretario di Stato al Tesoro degli Stati uniti del 7 agosto 2011, il quale ha volontariamente dimenticato i subprimes americani), ma i conti del capitalismo.

Riccardo Petrella, Università del Bene Comune

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