PERUGIA - Si è costituito ufficialmente il comitato umbro a favore del referendum contro l'austerità. Con il liet motif "SI' alla fine dell’austerità, SI' all’Europa del lavoro e di un nuovo sviluppo", il comitato umbro del quale fanno parte numerose sigle, sindacati, politici e professori, iniziera nei prossimi giorni la raccolta delle firme per presentare poi i 4 quesiti referendari.
Le politiche di tagli indiscriminati, di assenza di investimenti per il futuro delle imprese e dei giovani, di aumenti insostenibili della pressione fiscale, dal 2007 ad oggi, hanno raddoppiato la disoccupazione, fatto diminuire il valore della ricchezza nazionale, peggiorato i conti pubblici e fatto chiudere 3 milioni di imprese. Dunque, con le politiche di austerità la crisi si è aggravata. Comprimendo salari e spesa sociale si è pensato, erroneamente, che si potesse mettere in moto investimenti privati di tipo internazionale o all'interno dei Paesi, ma in realtà non è stato così. Anzi questa politica ha depresso i consumi e anche gli investimenti privati. Invece di creare benessere per tutti, ha costretto a lottare per ottenere un benessere sempre minore introducendo meccanismi di competizione tra i popoli.
L’Umbria - hanno detto alla presentazione del comitato - ha subito più di altri i danni combinati della crisi e delle politiche recessive provocate dall’austerità spinta oltre ogni limite di ragionevolezza. Dall’inizio della crisi l’Umbria ha conosciuto una forte diminuzione delle attività produttive che hanno provocato una perdita di ricchezza prodotta e una distruzione di posti di lavoro senza precedenti dal dopoguerra ad oggi.
Ancora oggi, a sette anni dall’inizio della crisi, sono oltre cento le aziende in stato di crisi più o meno grave. Tra queste troviamo aziende centrali per l’economia umbra come le Acciaierie di Terni, le aziende della chimica, le aziende degli elettrodomestici. Il perdurare della crisi ha provocato pesanti ricadute sui settori che tradizionalmente contenevano i danni delle fasi negative: è pesante il processo di crisi e ristrutturazione, con gravi perdite occupazionali, che investono il commercio, il turismo, il terziario avanzato.
Anche il pubblico impiego, in virtù dei tagli alla spesa pubblica, ha distrutto più di 3000 posti di lavoro. Certo è questo un settore dove, fino ad oggi, non ci sono stati licenziamenti ma il prolungato blocco del turnover ha cancellato occasioni di lavoro e di occupazione.
Il tasso di disoccupazione (12,6%) e il numero degli “sfiduciati” hanno raggiunto e si sono stabilizzati su quantità a due cifre e non appaiono per il momento segni in controtendenza di una qualche consistenza. Particolarmente grave è il drammatico aumento dei lavoratori disoccupati alla ricerca di un lavoro da più di due anni (40% dell’intera disoccupazione).
Le ore di Cassa Integrazione nelle sue varie forme, a maggio 2014, sono risultate pari a 6,6milioni, e preoccupa in particolare l’aumento della CIG straordinaria, che denuncia uno stato di crisi aziendale, aumentata del 23,2%. Un fenomeno nuovo, particolarmente doloroso e pericoloso, emerge in questi ultimi tempi: la fuga dall’Umbria di quote sempre maggiori di giovani laureati con alte competenze professionali. Altrettanto preoccupante appare la significativa e inedita riduzione della spesa delle famiglie umbre per l'istruzione. Se questi fenomeni non saranno arrestati provocheranno un grave ed irreversibile declino della nostra comunità.
Non si può continuare così: bisogna invertire la tendenza o l’Umbria, come e di più di gran parte del Paese, conoscerà un lungo periodo di difficoltà economiche, di disoccupazione stabile, di ripiegamento produttivo ma anche di frammentazione sociale, di malessere diffuso foriero di gravi danni alla sua tradizionale alta civiltà di comunità coesa e sostanzialmente sana.
E’ urgente che risorse consistenti e non simboliche vengano destinate a politiche attive atte a creare occupazione, buona occupazione, e a preservare welfare e modelli di vita. Non si tratta di tornare a scellerate politiche di spesa facile e di sperpero: abbiamo il dovere verso noi stessi e verso i nostri figli di controllare con serietà la spesa anche di ogni centesimo del danaro pubblico. Ma con altrettanta chiarezza dobbiamo dire che senza politiche di investimento a sostegno della economia e del lavoro non si esce dalla crisi.
La ripresa economica non avverrà, e i fatti lo dimostrano ampiamente , per la spontaneità del mercato e per una evoluzione naturale e il perdurare della recessione e della crisi peggiorerà inesorabilmente i conti pubblici (diminuzione drammatica delle entrate nonostante gli aumenti delle tasse) e quindi diminuiranno sempre di più le risorse per la protezione sociale (per la scuola, la sanità, la ricerca, le pensioni, l’infanzia etc.).
Uscire dalla crisi, riprendere a produrre ricchezza: sono queste le necessarie premesse per risanare anche i conti pubblici e quindi bisogna riprendere a spendere per sostenere le attività produttive e per creare lavoro, un buon lavoro che produca qualità e valore aggiunto.
Tutto questo non è possibile se non si rivede la scelta di fondo della politica economica che Europa e Italia stanno seguendo: investire per produrre e per creare lavoro non è sperperare e pertanto ciò che si spende in merito deve essere tenuto fuori dai conti del “fiscal compact” e della austerità. Cambiare politica per non soccombere: è questo l’obiettivo dei quattro referendum che proponiamo - hanno ricordato in conferenza stampa - . E’ tempo che i cittadini possano dire la loro su scelte che gli sono passate sopra la testa senza un minimo di coinvolgimento e di passaggio democratico. I referendum per dare voce, su scelte fondamentali per la vita concreta e quotidiana di tutti, ai cittadini, ai lavoratori, ai pensionati.
Il Comitato umbro, aperto a tutti coloro che vogliano fattivamente aderire a questa campagna di civiltà e di diritto, chiama i cittadini dell’Umbria a dare tutti insieme un segno forte di volontà popolare tale da far cambiare il segno della politica economica: lavoro e sviluppo.
I 4 quesiti referendari hanno per oggetto alcune disposizioni della legge 243 del 2012 che dà attuazione al principio di equilibrio del bilancio pubblico, introdotto nella Costituzione con la legge costituzionale n.1 del 2012, sono già stati presentati nella Gazzetta Ufficiale n. 135 pag. 49, del 13 giugno. Con i 4 SI' si intendono abrogare i passaggi della legge 243 che impongono vincoli aggiuntivi rispetto alle norme europee e al Fiscal Compact e apriranno la strada a una rivisitazione complessiva delle politiche macroeconomiche europee.
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