I verbali
di Venezia gettano ombre sulla grande opera da 10 miliardi con cui il
costruttore e politico Vito Bonsignore, condannato a due anni durante Mani
Pulite e tra i co-fondatori di Ncd, ha messo d'accordo destra e sinistra.
Prevedendo lavoro per tutti: la Mantovani nelle tratte venete, le coop rosse in
Emilia e via spartendo. Claudia Minutillo, ex segretaria di Giancarlo Galan, ha
raccontato ai pm che Bonsignore e l'ex ministro Pietro Lunardi "furono
bravissimi, misero d'accordo cinque presidenti di Regione
Un fantasma si aggira per l’inchiesta sul Mose: è l’affare della nuova autostrada Orte-Mestre, nota anche come Nuova Romea. Costerà quasi dieci miliardi di euro, e dagli interrogatori si capisce che è il vero affare che calamita le attenzioni. Claudia Minutillo, ex segretaria del governatore veneto Giancarlo Galan, passata come manager al gruppo Mantovani, racconta che il suo nuovo capo, Piergiorgio Baita, non pensava ad altro. Quando li arrestano, nella primavera 2013, non c’è ancora il sospirato via libera del governo, che arriverà l’8 novembre 2013, in una riunione del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) presieduta dal premier Enrico Letta.
Il 24 aprile 2012 Minutillo chiama Baita per parlare della riunione
Cipe di tre giorni dopo. Sintesi giudiziaria della chiamata: “Baita
voleva sapere se ci fosse la Romea e comunque chiederà ad Albanese… omissis…”.
Bisogna tirare il filo per vedere dove porta. Gioacchino Albanese, detto Nino, era già famoso negli anni 70 come braccio destro di Eugenio Cefis, poi è stato manager dell’Eni, coinvolto nello scandalo Eni-Petromin (1980), e nel 1981 è risultato iscritto alla loggia P2 con la tessera numero 913. Oggi ha 82 anni e ricopre ancora un ruolo decisivo: è amministratore delegato della Ilia Spa di Genova, promotrice della Orte-Mestre. Si tratta di un project financing, il modo più moderno di scavare buche nei conti dello Stato: in apparenza il privato costruisce un’opera pubblica a sue spese e recupera l’investimento incassando i pedaggi, in questo caso per 49 anni.
Per spiegare ai pm i rapporti corruttivi tra Baita e Galan, Minutillo tiene una lezione sul project financing degna del più radicale dei No-Tav. Conferma infatti che è la miglior maniera di evitare il fastidio di una gara d’appalto, ma che ovviamente prima di avanzare una proposta bisogna essere certi che il politico la inserisca nelle opere di “interesse pubblico”: “La presentazione di un project financing ha un costo significativo per non dire rilevante, motivo per cui se non si ha la sicurezza di avere dei contraddittori disponibili si rischia solo di gettare i costi dello stesso”. I politici spiega Minutillo, giustificheranno l’entusiasmo un po’ sospetto “dicendo che a loro l’unico interesse vero era comunque fare l’opera, questa è la cosa che dicono sempre”. Il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli (indagato per corruzione nello scandalo Mose) il 23 febbraio 2010 ha benedetto la Orte-Mestre come “fondamentale per la piccola e media imprenditoria”, mentre Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture, a novembre 2013 saluta il via libera del Cipe a “un asse viario fondamentale per l’Italia, completamente coperto da capitali privati”. In verità, dei 9,8 miliardi lo Stato ce ne metterà 1,9 sotto forma di sconti fiscali alle imprese costruttrici, grazie ad apposita legge del governo Monti.
Il ministro dell’Economia dell’epoca, Fabrizio Saccomanni, era contrario. Baita soffriva. Minutillo spiega: “L’Economia, il Tesoro, si opponeva a questa cosa qua, quindi veniva… è stata rinviata più volte. Baita teneva i contatti con il dottor Albanese del gruppo di Bonsignore, e poi avevano dentro al ministero le persone”. Il capo di Albanese è Vito Bonsignore, ex andreottiano diventato imprenditore con la liquidazione da 2-300 milioni che gli dette Marcellino Gavio per farlo fuori dall’Autostrada Milano-Torino e legatissimo all’ex senatore Luigi Grillo e a Sergio Cattozzo i due uomini dell’Ncd arrestati a Milano nell’inchiesta Expo. Europarlamentare fino allo scorso 25 maggio, Bonsignore è stato insignito, durante Mani pulite, di una condanna definitiva a due anni per corruzione. Oggi è tra i fondatori del partito di Angelino Alfano e soprattutto di Lupi. Bonsignore ha buone amicizie. Il presidente della Ilia a cui il governo sta affidando l’autostrada da 10 miliardi è Giovanni Berneschi, momentaneamente agli arresti per lo scandalo della Carige, banca che supporta Bonsignore nella Orte-Mestre. Ma nessuno batte ciglio. Anzi. La delibera Cipe dell’8 novembre scorso è ancora segreta. Non è dato conoscere il piano economico-finanziario su cui si basa la previsione che i proventi del traffico ripagheranno l’opera. Sicuramente c’è una clausola secondo la quale ricavi inferiori al previsto comporteranno l’impegno dello Stato a pagare la differenza. Insomma, il rischio d’impresa è tutto a carico dei contribuenti, ed è per questo che delibere, piani e contratti con cui si impegnano miliardi pubblici non vengono pubblicati.
D’altra parte l’opera piace a tutti. All’inizio c’era un’Associazione Nuova Romea, presieduta da Pier Luigi Bersani, che si batteva per una nuova arteria tra Ravenna e Mestre, visto che la Romea era obsoleta e pericolosissima. C’era anche una società, che girava intorno alle coop rosse (Cmc di Ravenna e Ccc di Bologna su tutte) e alla Mantovani di Baita, pronta a proporre il suo project financing. Finché nel 2003 Bonsignore spiazza tutti con un progetto unico, da Orte a Mestre, passando per Cesena e Ravenna, che il ministro dell’epoca, Pietro Lunardi, subito accoglie. Il governatore dell’Emilia-Romagna, Vasco Errani, che è di Ravenna, attacca: “La scelta delle opere da fare non è compito dei privati”. Ma poco tempo dopo lo stesso Errani si batterà come un leone per chiedere al governo lo sblocco del project financing della Ilia. Come mai?
Nella rissa Bonsignore e Lunardi sfoderano la loro abilità. Racconta Minutillo: “Furono bravissimi, misero subito d’accordo cinque presidenti di Regione”. L’intesa arriva nel 2005 e prevede lavoro per tutti: per la Mantovani nelle tratte venete, per le coop rosse in Emilia e via spartendo. Il 27 luglio 2005 l’Anas dà il via libera al progetto di Bonsignore. Due settimane prima il regista della Orte-Mestre aveva discusso con il suo amico Massimo D’Alema le modalità di partecipazione alla scalata alla Bnl della Unipol di Gianni Consorte. L’ex premier riferisce al manager presunto rosso: “Voleva dirmi… voleva sapere se io gli chiedevo di fare quello che tu gli hai chiesto di fare, oppure no [ridacchia]… Che voleva altre cose, diciamo… a latere su un tavolo politico. [...] Ti volevo informare che io ho… ho regolato da parte mia”. I magistrati di Venezia stanno portando alla luce i contesti trasversali e opachi con cui la politica spartisce denaro pubblico tra le imprese amiche.
Bisogna tirare il filo per vedere dove porta. Gioacchino Albanese, detto Nino, era già famoso negli anni 70 come braccio destro di Eugenio Cefis, poi è stato manager dell’Eni, coinvolto nello scandalo Eni-Petromin (1980), e nel 1981 è risultato iscritto alla loggia P2 con la tessera numero 913. Oggi ha 82 anni e ricopre ancora un ruolo decisivo: è amministratore delegato della Ilia Spa di Genova, promotrice della Orte-Mestre. Si tratta di un project financing, il modo più moderno di scavare buche nei conti dello Stato: in apparenza il privato costruisce un’opera pubblica a sue spese e recupera l’investimento incassando i pedaggi, in questo caso per 49 anni.
Per spiegare ai pm i rapporti corruttivi tra Baita e Galan, Minutillo tiene una lezione sul project financing degna del più radicale dei No-Tav. Conferma infatti che è la miglior maniera di evitare il fastidio di una gara d’appalto, ma che ovviamente prima di avanzare una proposta bisogna essere certi che il politico la inserisca nelle opere di “interesse pubblico”: “La presentazione di un project financing ha un costo significativo per non dire rilevante, motivo per cui se non si ha la sicurezza di avere dei contraddittori disponibili si rischia solo di gettare i costi dello stesso”. I politici spiega Minutillo, giustificheranno l’entusiasmo un po’ sospetto “dicendo che a loro l’unico interesse vero era comunque fare l’opera, questa è la cosa che dicono sempre”. Il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli (indagato per corruzione nello scandalo Mose) il 23 febbraio 2010 ha benedetto la Orte-Mestre come “fondamentale per la piccola e media imprenditoria”, mentre Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture, a novembre 2013 saluta il via libera del Cipe a “un asse viario fondamentale per l’Italia, completamente coperto da capitali privati”. In verità, dei 9,8 miliardi lo Stato ce ne metterà 1,9 sotto forma di sconti fiscali alle imprese costruttrici, grazie ad apposita legge del governo Monti.
Il ministro dell’Economia dell’epoca, Fabrizio Saccomanni, era contrario. Baita soffriva. Minutillo spiega: “L’Economia, il Tesoro, si opponeva a questa cosa qua, quindi veniva… è stata rinviata più volte. Baita teneva i contatti con il dottor Albanese del gruppo di Bonsignore, e poi avevano dentro al ministero le persone”. Il capo di Albanese è Vito Bonsignore, ex andreottiano diventato imprenditore con la liquidazione da 2-300 milioni che gli dette Marcellino Gavio per farlo fuori dall’Autostrada Milano-Torino e legatissimo all’ex senatore Luigi Grillo e a Sergio Cattozzo i due uomini dell’Ncd arrestati a Milano nell’inchiesta Expo. Europarlamentare fino allo scorso 25 maggio, Bonsignore è stato insignito, durante Mani pulite, di una condanna definitiva a due anni per corruzione. Oggi è tra i fondatori del partito di Angelino Alfano e soprattutto di Lupi. Bonsignore ha buone amicizie. Il presidente della Ilia a cui il governo sta affidando l’autostrada da 10 miliardi è Giovanni Berneschi, momentaneamente agli arresti per lo scandalo della Carige, banca che supporta Bonsignore nella Orte-Mestre. Ma nessuno batte ciglio. Anzi. La delibera Cipe dell’8 novembre scorso è ancora segreta. Non è dato conoscere il piano economico-finanziario su cui si basa la previsione che i proventi del traffico ripagheranno l’opera. Sicuramente c’è una clausola secondo la quale ricavi inferiori al previsto comporteranno l’impegno dello Stato a pagare la differenza. Insomma, il rischio d’impresa è tutto a carico dei contribuenti, ed è per questo che delibere, piani e contratti con cui si impegnano miliardi pubblici non vengono pubblicati.
D’altra parte l’opera piace a tutti. All’inizio c’era un’Associazione Nuova Romea, presieduta da Pier Luigi Bersani, che si batteva per una nuova arteria tra Ravenna e Mestre, visto che la Romea era obsoleta e pericolosissima. C’era anche una società, che girava intorno alle coop rosse (Cmc di Ravenna e Ccc di Bologna su tutte) e alla Mantovani di Baita, pronta a proporre il suo project financing. Finché nel 2003 Bonsignore spiazza tutti con un progetto unico, da Orte a Mestre, passando per Cesena e Ravenna, che il ministro dell’epoca, Pietro Lunardi, subito accoglie. Il governatore dell’Emilia-Romagna, Vasco Errani, che è di Ravenna, attacca: “La scelta delle opere da fare non è compito dei privati”. Ma poco tempo dopo lo stesso Errani si batterà come un leone per chiedere al governo lo sblocco del project financing della Ilia. Come mai?
Nella rissa Bonsignore e Lunardi sfoderano la loro abilità. Racconta Minutillo: “Furono bravissimi, misero subito d’accordo cinque presidenti di Regione”. L’intesa arriva nel 2005 e prevede lavoro per tutti: per la Mantovani nelle tratte venete, per le coop rosse in Emilia e via spartendo. Il 27 luglio 2005 l’Anas dà il via libera al progetto di Bonsignore. Due settimane prima il regista della Orte-Mestre aveva discusso con il suo amico Massimo D’Alema le modalità di partecipazione alla scalata alla Bnl della Unipol di Gianni Consorte. L’ex premier riferisce al manager presunto rosso: “Voleva dirmi… voleva sapere se io gli chiedevo di fare quello che tu gli hai chiesto di fare, oppure no [ridacchia]… Che voleva altre cose, diciamo… a latere su un tavolo politico. [...] Ti volevo informare che io ho… ho regolato da parte mia”. I magistrati di Venezia stanno portando alla luce i contesti trasversali e opachi con cui la politica spartisce denaro pubblico tra le imprese amiche.
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