Democratica, plurale, inclusiva e partecipata. E, soprattutto, alternativa al Pd fin dalle prossime regionali. Ecco come Sinistra anticapitalista immagina la Syriza italiana
Il Parlamento europeo, dopo la recente elezione del socialdemocratico
Schultz alla presidenza, ha ora ratificato la nomina del popolare
Juncker a capo della Commissione europea. Si conferma così quell’accordo
bipartisan PPE, PSE che gestisce e garantisce la governance dell’Europa
capitalista. E’ un governo che assicura alla borghesia (industriale e
finanziaria) la continuità delle politiche di austerità che da anni
massacrano le classi popolari sul continente con decine di milioni di
disoccupati, con la precarietà diffusa, con la riduzione dei salari e
degli stipendi e infine con la distruzione dei diritti del lavoro e
sociali conquistati dal movimento operaio e democratico nel secondo
dopoguerra. Sono politiche vampiresche che succhiano senza fine risorse
dai salari, dalle pensioni e dalla spesa sociale per trasferirle alle
rendite finanziarie e ai profitti.
Le classi dominanti europee si presentano come europeiste sostenendo
che l’Europa che stanno costruendo è l’unica possibile, di concordia tra
i paesi e i popoli e che pone fine al secolo delle guerre del
continente. La realtà è ben diversa perché sono proprio le politiche
liberiste che creano profondissime divisioni e contrapposizioni sociali
ed economiche, determinando le condizioni di nuove gravi crisi e
favorendo la crescita delle forze nazionaliste di destra e di estrema
destra. Ed è un’Unione Europea che conduce una guerra continua nel
Mediterraneo con l’operazione frontex contro i migranti che fuggono i
conflitti e la miseria, per non parlare delle truppe che molti paesi
europei hanno in giro per il mondo per imporre i loro interessi
economici. Né si può dimenticare, tanto più in questi giorni, lo
spudorato appoggio che l’Unione europea e i suoi governi esprimono nei
confronti della criminale politica del governo dell’estrema destra
israeliana, complici del massacro senza fine dei palestinesi.
Le recenti elezioni europee sono state una fotografia di questa
Europa del Fiscal compact, del liberismo imperante e della disperazione
di larghi settori di massa con l’affermazione delle forze della destra
in molti paesi e con il successo delle sinistre radicali solo in alcuni
paesi del Sud dell’Europa.
In Italia il risultato positivo della Lista Tsipras, conquistato
contro venti e maree, a cui la nostra organizzazione ha dato un appoggio
esterno, ha creato un clima positivo di discussione e di nuove
speranze: per costruire le resistenze sociali contro le politiche dei
governi dell’austerità, ma anche per ricomporre le forze sparse della
sinistra per essere più efficaci e credibili e per rendere meno lontano
un progetto di unità delle classe lavoratrici per un’Europa alternativa a
quella capitalista, l’Europa del lavoro e dei diritti.
Molte compagne e compagni credono di poter costruire un processo come
in Grecia con la formazione di Syriza, o come in Spagna con il successo
di Podemos, cioè dare vita a una coalizione di sinistra e radicale, una
forza dichiaratamente di classe alla parte degli sfruttati e degli
oppressi in Italia come in Europa all’altezza delle difficili battaglie
che ci stanno di fronte. Condividiamo queste speranze.
Siamo ben consapevoli che questa strada è in salita perché pesano le
sconfitte degli ultimi decenni delle classi popolari che spingono le
lavoratrici e i lavoratori ad affidarsi al personaggio carismatico di
turno, come mostra la fulminea ascesa di Renzi accuratamente gestista
dai media, ma riteniamo che vada percorsa.
Pensiamo che la costruzione di una coalizione della sinistra radicale
debba avere tre bussole essenziali per svolgere quel ruolo di
alternativa che auspichiamo.
In primo luogo la completa alternatività alle politiche borghesi, che
significa anche l’alternatività a coloro che la gestiscono sul piano
politico. In Italia questo ruolo è svolto dal PD che è oggi la carta di
governo fondamentale della classe borghese. Una sinistra nel nostro
paese è utile e realmente alternativa solo se è alternativa al PD, così
come Syriza è stata ed è alternativa al Pasok. E questa alternatività si
deve esprimere anche nelle prossime scadenze elettorali regionali.
In secondo luogo un processo di ricomposizione politica non puo’
vivere e avere forza se contemporaneamente non mutano i rapporti di
forza sociali, cioè se questa sinistra che prova a convergere non ha una
particolare attenzione a un lavoro di massa e sociale e alla
costruzione dei movimenti sociali e a ricomporre le lotte e le
resistenze, ad organizzarsi, a pesare complessivamente sui rapporti di
forza. La ricomposizione del fronte sociale e della ricostruzione di un
nuovo blocco sociale con quello della coalizione politica non potrebbero
avere successo se non riuscissero ad entrare in sinergia, cioè a
sostenersi una con l’altra.
Il terzo elemento è che per costruire questo processo si deve partire
non tanto da progetti generici o ideologici, quanto sulla pratica delle
lotte e delle mobilitazioni sociali, condizione indispensabile per fare
dei passi avanti nella realizzazione di una nuova credibile
organizzazione di classe. Per tutte queste ragioni essa non potrà che
essere democratica, plurale, inclusiva e partecipata, capace di
accogliere tutte le diverse forze e soggettività che vorranno
parteciparvi.
E’ con questo spirito unitario e di contributo che partecipiamo alla
discussione che s’è aperta a partire dall’ assemblea nazionale della
Lista Tsipras di sabato 19 luglio.
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