sabato 19 luglio 2014

Era la nipote di Mubarak di Norma Rangeri, Il Manifesto


Non sarà lo sta­ti­sta che in Europa e nel mondo ci invi­dia­vano, ed è pur sem­pre un impren­di­tore pre­giu­di­cato per reati di frode fiscale, oltre che un ex pre­si­dente del con­si­glio a pro­cesso per la compra-vendita di par­la­men­tari. Ma con l’assoluzione pro­nun­ciata dai giu­dici della corte d’appello di Milano, oggi Sil­vio Ber­lu­sconi con­qui­sta l’invidiabile sta­tus di anziano miliar­da­rio a tal punto cre­du­lone da scam­biare Ruby per la nipote di Mubarak.
Quelle sei tele­fo­nate in una notte, alla que­stura di Milano, men­tre era a Parigi per un impor­tante ver­tice inter­na­zio­nale, erano sem­pli­ce­mente un gesto uma­ni­ta­rio verso una ragazza reclu­tata in una casa-famiglia dai suoi amici, malau­gu­ra­ta­mente finita in que­stura per furto. E come avrebbe potuto un pre­si­dente del con­si­glio, privo di col­la­bo­ra­tori e infor­ma­tori, imma­gi­nare che l’oggetto delle sue paterne cure fosse una mino­renne in cerca di pro­te­zione e denaro in cam­bio di sesso?
Del resto c’è una legge che per que­sto tipo di reati, tra adulti e minori, pre­vede “l’ignoranza ine­vi­ta­bile”, cioè la pos­si­bi­lità, nel caso nostro, che l’anziano bene­fat­tore igno­rasse l’anagrafe dell’ospite delle sue cene ele­ganti. I magi­strati che lo ave­vano con­dan­nato a sette anni e all’interdizione perenne dai pub­blici uffici, non pote­vano pre­ten­dere che l’uomo più potente del paese fosse infor­mato dell’età di ogni sin­gola pas­seg­gera di quella caro­vana di donne pagate per esclu­si­va­mente per l’amabile con­ver­sa­zione come, al di là di ogni sospetto, spie­gava l’affidabile Minetti, mae­stra di bur­le­sque («c’è la dispe­rata, c’è quella che viene dalle fave­las, c’è la zoc­cola…»). Né c’è chi possa legit­ti­ma­mente sospet­tare che lo spac­chet­ta­mento del gra­vis­simo reato di con­cus­sione, con l’introduzione della fat­ti­spe­cie di “inde­bita indu­zione”, sia stato con­ge­gnato per offrire ai magi­strati la for­mula legale per ripu­lire l’immagine dell’imputato eccel­lente. Evi­den­te­mente la sen­tenza di primo grado aveva com­ple­ta­mente tra­vi­sato la realtà dei fatti.
Del resto que­sto non è il paese divo­rato dal con­flitto di inte­ressi fino al punto di can­cel­lare i con­fini e i con­flitti tra destra e sini­stra a favore di quell’amalgama, riu­sci­tis­simo, delle lar­ghe intese, oggi bril­lan­te­mente ribat­tez­zate come il patto costi­tuente del Naza­reno. Così come in nes­sun modo il nuovo potere ren­ziano, arte­fice del patto, può aver influito sul giu­di­zio di asso­lu­zione che ha gra­ziato Ber­lu­sconi. La realtà supera sem­pre la fan­ta­sia, e dice che non c’era biso­gno di que­sta asso­lu­zione per ridare a Ber­lu­sconi il ruolo di part­ner pri­vi­le­giato nella revi­sione delle regole demo­cra­ti­che. Come si diceva una volta, il pro­blema è politico.

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