Ayelet Shaked, parlamentare
israeliana e numero due del governo Netanyahu, ha scritto sulla sua pagina
Facebook ufficiale che "tutte le
madri palestinesi" devono essere uccise durante un eventuale attacco
via terra contro la Striscia di Gaza. “Dobbiamo
uccidere le madri palestinesi in modo che non diano vita a nuovi piccoli
serpenti”, ha dichiarato con disprezzo la parlamentare donna dello
Knesset aggiungendo, sempre contro le mamme: “Devono morire e le loro case devono essere demolite in modo che non
possano portare alla luce altri terroristi. Loro sono tutti nostri nemici ed
il loro sangue deve essere versato sulle nostre mani. Ciò vale anche per le
madri dei terroristi morti”.
Le dichiarazioni di una così importante esponente del governo dello stato di
Israele confermano, se mai ce ne fosse bisogno, che l'obiettivo del governo
Netanyahu è quello di portare avanti un vero e proprio genocidio di massa.
Poco tempo prima sempre Shaked aveva dichiarato: «questa non è una guerra contro il terrorismo, questa è una guerra tra
due popoli, e il nemico sono i palestinesi». Se si tiene conto del fatto
che il 20 per cento della popolazione israeliana è composta da arabi (molti
dei quali cominciano a identificarsi come “palestinesi con cittadinanza
israeliana”, o “palestinesi del 1948”) non è una dichiarazione da poco.
Ha reagito a queste dichiarazioni uno che di repressione se ne intende
eccome, il premier turco Erdogan. “Una
donna israeliana dice che anche le mamme palestinesi vanno uccise. Ed è un
membro del Parlamento israeliano. Che differenza c’è tra questa mentalità e
quella di Hitler?”
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“Il grande spazio della pace e della sinistra”
Intervista
a Moni Ovadia
Moni Ovadia, il libro di Suad Amiry
racconta di famiglie sradicate, case e terre perdute, popoli divisi. Dura dal
1948 questo conflitto, ed ora irrompono le notizie di questi giorni, le
uccisioni, le rappresaglie. Ne vedremo mai la fine?
Solo
quando verrà riconosciuto che c’è un’occupazione che dura da cinquant’anni,
quando Israele vedrà i palestinesi come un popolo e quindi sul loro stesso
piano. La pace si fa con il nemico. Il mio essere ebreo mi fa stare dalla
parte degli oppressi. E in questa vicenda gli oppressi sono i palestinesi:
non parliamo di terre contese, ma di terre occupate. Suad
Amiry ha il merito di raccontare questo con il punto di vista palestinese e
lo fa da grande scrittrice. Capire il profilo umano di qualcuno, cosa ha
passato, ma questo non viene fatto. E guardi, anche qui da noi, ormai
anche la sinistra non parla volentieri della Palestina. In Occidente ci
voltiamo dall’altra parte. Si parla poco di loro: mi creda, il popolo
palestinese è il più solo al mondo.
Conferenze di pace, road map, trattati. Poi riscoppia la
violenza.
Tutto
fumo negli occhi. Finchè il mediatore saranno gli Stati Uniti non c’è
soluzione: non è un mediatore neutrale, sta dalla parte di Israele. Vedo un
avvenire terrificante purtroppo, sarà una catastrofe anche per Israele,
perché opprimendo gli altri perdi anche tu l’anima. E diventi un aguzzino.
Chi potrebbe fare qualcosa, l’Europa?
Da
questa Europa vile e opportunista che ha ancora la coda di paglia per come
non si oppose alla Shoah (lo fecero gli anti-nazifascisti, non gli stati
nazionali), non mi aspetto nulla, anche se potrebbe fare tanto. Serve
una conferenza di pace, ma che porti giustizia, non che preveda ghetti o
bantustan per un intero popolo.
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