domenica 20 luglio 2014

Mali, il canto delle dune di Mauro Armanino*


Mali, il canto delle dune

Si chiama Barkhane. E’ il nome d’arte della prossima campagna militare annunciata. Sostituirà quella che l’ha preceduta per proteggersi dal terrorismo. Dalla liberazione del Mali a quella dello spazio del Sahel. L’operazione Serval si trasforma nell’operazione Barkhane. La continuità tra queste due guerre è offerta dalle armi, dal deserto e dalle parole. Serval è il nome di un piccolo felino del deserto e Barkhane quello di una duna mobile. Si sposta come la politica a seconda della direzione del vento. Le armi si fabbricano con le parole e le parole diventano armi. Solo questo abbinamento garantisce l’impunità al dispositivo. L’uno e l’altro si costruiscono assieme al terrorismo. Queste tre parole diventano come ‘piombo fuso’. Si chiamava così l’altra guerra di Gaza, in Palestina.
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Ma anche la geografia può aiutare la scelta delle parole. La ‘missione’ francese in Afghanistan portava il nome Pamir, da una catena di alte montagne della regione. La stessa neutralità ha suggerito il nome Sparviero uccello rapace come le geopolitiche nel Tchad. L’operazione in Libia era stata battezzata Harmattan. Nome di un vento particolare dell’Africa Occidentale. Ad ogni nome la sua storia e soprattutto la sua guerra. Il nome dell’invasione americana in Afghanistan era stato modificato. Dall’operazione Infinita Giustizia si era passati all’operazione Libertà Immutabile. Neppure le armi erano rimaste le stesse. Si perfezionano come di consueto con l’impiego. Barkhane è il nome di una duna che migra col vento ed ha la forma di falce.
Per l’invasione di Panama gli Stati Uniti avevano scelto il nome Causa Giusta. Che poi è quella dei potenti e dei vincitori. Chi ha il potere sulla parola ha quello del diritto di decidere. La prima sconfitta è la resa alle parole di chi chiama giusta la guerra. Per il colpo di stato in Guatemala del 1954 si era usato il verbo Vincere. C’è chi in altri tempi aveva usato credere, obbedire e combattere. La successione dei verbi è tutto meno che casuale. Credere alla guerra totale al terrorismo significa obbedire ai tempi attuali. Quanto al combattere esso è implicito nel metodo di risoluzione dei conflitti. Lea altre operazioni in Vietnam si chiamavano Tigre del Mare, Dragone di Fuoco, Artiglio d’ Orso e Gabbia di Castoro. Barkhane invece va via col vento.
La Francia ha chiamato 14 Luglio l’operazione fallita per liberare la Betancourt in Colombia. Viaggiava il 2003 della festa nazionale. Un venerdì di undici anni dopo Hollande annuncia la chiusura della missione Serval. Nome di un gatto selvatico che lasciava il posto ad una sabbia mobile chiamata Barkhane. Nel 1943 il bombardamento di Amburgo era stato battezzato Gomorra. La pioggia di fuoco erano le bombe alleate. Muro di Protezione è il nome dell’operazione attuale a Gaza. Pioggia d’Estate era stata chiamata quella del 2006. Colonna di Nubi il nome biblico dell’operazione del 2012. Per la guerra di ‘liberazione’ in Iraq il nome era anche il programma. Tempesta del Deserto che continua ancora oggi sotto mentite spoglie. Dal deserto alle dune.
Il Costa Rica assieme a pochi altri stati non ha un esercito dal 1948. Non ha operazioni militari o nomi da imprestare alla guerra. I paesi più ricchi sono quelli che si armano meglio. Sono coloro che inventano i nomi più indicati al tipo di missione da perpetrare. Circa tremila militari francesi saranno stazionati per combattere una guerra senza fine. Il nemico potrà cambiare purché si trovi dalla parte che conviene. Terrorista è la parola che tutti usano per sottrarre il diritto di sguardo. Il terrorista è colui che si combatte ma che può esser utile altrove. L’importante è continuare ad avere un nemico. Sarebbe difficile la vita politica e soprattutto quella militare. E’la guerra che legittima e glorifica gli Stati. Ne hanno bisogno per assolversi. C’era una volta l’operazione Barkhane.
Marco Polo aveva notato che le dune emettevano musica. Del deserto incontrato in Cina disse che:
…È un fatto assodato e riconosciuto che questo deserto ospiti molte presenze maligne. Questi spiriti a volte riempiono l’aria con i suoni di ogni tipo di strumento musicale. Anche di tamburi e il fragore delle armi.
La duna Barkhane può migrare fino a 50 metri l’anno. Canta e cammina.
*Missionario, dottore in antropologia culturale ed etnologia

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