La scusa "ce lo chiede l'Europa" oppure "ce lo chiedono i mercati"
non tiene. È sempre più una coperta corta che non riesce a nascondere le
vergogne del governo italiano e della classe dirigente nostrana.
Il caso dell'articolo 18
è emblematico da questo punto di vista. Un intervento riduttivo c'è già
stato, ma la giaculatoria continua. Renzi si appresta, sotto il ricatto
delle elezioni anticipate, a toglierlo di mezzo. Lo farà con decreto o
con una legge delega, lasciando le cose più nel vago per smorzare un po'
lo scontro (ma in questo caso contravvenendo all'articolo 76 della
nostra Costituzione che prevede la "determinazione di principi e criteri
direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti")? Non
lo sappiamo. Tuttavia che ne abbia parlato esplicitamente con Draghi o
meno, è chiara l'intenzione del nostro Presidente del Consiglio di fare
pesare sulla bilancia europea la cancellazione dell'articolo 18 per
avere maggiore tolleranza sui conti dell'Italia che continuano a non
tornare.
Ma è proprio vero che agli imprenditori esteri interessa
la cancellazione dell'articolo 18 per potere investire in Italia? A
leggere il recentissimo rapporto di midterm dell'Ocse
- ne riferisce anche il Sole24Ore - non sembra affatto. Il rapporto
dell'organizzazione che raccoglie i paesi maggiormente sviluppati nel
mondo (34 paesi aderenti) vede nero per quanto riguarda l'Eurozona. Per
l'Italia la previsione per fine 2014 è di un Pil in calo dello 0,4%.
Il pericolo maggiore - e non ci vuole per la verità molto per
comprenderlo - è individuato nella deflazione che comporterebbe un lungo
periodo di recessione e stagnazione, con conseguente aumento del
debito.
Quindi Rintaro Tamaki, il capo economista pro tempore
dell'organizzazione parigina, sostiene che le retribuzioni del lavoro
dipendente devono aumentare. È singolare che sia l'Ocse a dirlo mentre i
sindacati tacciono da troppo tempo su un tema di questa natura, o sono
assai timidi ad affrontarlo. È proprio vero che siamo in un periodo di
grande crisi, non solo economica, ma culturale, di ruoli e di identità.
Il
primo punto della ricetta Ocse riguarda quindi l'incremento dei consumi
popolari, della domanda interna, che non può aversi senza un incremento
retributivo generalizzato e continuativo. Altro che 80 euro una tantum o
blocco dei contratti nel pubblico impiego!
La seconda
raccomandazione contiene una critica alla governance dell'Europa in
materia di rigore e austerità. Il rapporto Ocse chiede apertamente che
venga rallentata la tempistica del risanamento dei conti pubblici
affinché si possa favorire gli investimenti ovviamente da parte dello
stato. Altro che fiscal compact, che prevede invece per venti anni la
riduzione ogni anno del 3% del bilancio italiano (quindi 48 miliardi di
euro di spesa in meno) per venti anni per dimezzare il nostro debito!
Altro che privatizzazioni a go-go!
La terza soluzione riguarda una
riduzione del cuneo fiscale, ovvero della tassazione del lavoro. Qui
l'Ocse vede la questione dal punto di vista dei datori di lavoro
piuttosto che da quello dei lavoratori. Ma avendo già detto prima che le
retribuzioni dei medesimi devono aumentare, si comprende che essa non
pensa che salari e stipendi possano aumentare solo per via fiscale, ma
attraverso la contrattazione tra le parti. Il che richiede un aumento
delle tutele dei diritti dei lavoratori, non certo una loro riduzione.
Altro che cancellazione dell'articolo 18 o riduzione al solo livello
aziendale della contrattazione sindacale!
Infine il capo economista dell'Ocse invita la Bce a fare di più. A spingersi fino a all'acquisto massiccio dei titoli di stato. Ad attuare il famoso quantitative easing, in pratica a immettere nuova liquidità nei mercati, come ha fatto la Federal Reserve americana. Altro che fare il cane da guardia dell'inflazione che nel frattempo si è rovesciata nel suo contrario!
Infine il capo economista dell'Ocse invita la Bce a fare di più. A spingersi fino a all'acquisto massiccio dei titoli di stato. Ad attuare il famoso quantitative easing, in pratica a immettere nuova liquidità nei mercati, come ha fatto la Federal Reserve americana. Altro che fare il cane da guardia dell'inflazione che nel frattempo si è rovesciata nel suo contrario!
Come sappiamo ciò che suggerisce l'Ocse non
esaurisce le tematiche delle politiche anticicliche. Manca - ma vista la
fonte non stupisce - il grande tema della piena occupazione, di un
reddito di cittadinanza, dell'innovazione nella scelta dei settori e
delle finalità della produzione e altro ancora . Ma non vi è dubbio - ed
è questo che mi importa qui sottolineare - che questo documento muove
in direzione del tutto contraria a quella delle élite europee
attualmente dominanti, a cominciare dagli intenti della nuova scombinata
Commissione. Ed è mille anni luce dalle politiche e dalle pratiche di
Renzi.
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