Analisi lucida ma impietosa sul Renzi-chef economico in versione Porta a Porta, con una sintesi estrema: “Siamo in un vicolo cieco”. Nella conversazione con Intelligonews, il professor Antonio Maria Rinaldi, economista e docente di Economia internazionale all’Università di Chieti-Pescara, svela tutti i nodi che Renzi non ha sciolto. E non solo…
Qual è la risposta dell’economista Rinaldi alla ricetta anti-crisi di Renzi declinata a Porta a Porta?
Non so da dove cominciare… Facciamo un po’ di chiarezza. Ormai Renzi ci ha abituato a forti annunci poi non supportati da fatti concreti.
Anche questo è un modo di fare politica, ma in questo momento in Italia
servono cose concrete. Non capisco un aspetto tra i tanti che mi
lasciano perplesso.
Quale?
Posto che Renzi non è un economista, spero si
avvalga della collaborazione e della consulenza di persone che hanno
dimestichezza economica. Ecco, non capisco come mai non gli abbiano
fatto comprendere in maniera precisa che tutti questi annunci sulla
creazione di posti di lavoro come nel caso dei 150mila precari della scuola, non trovano un riscontro oggettivo nella pratica perché impongono di reperire adeguate coperture finanziarie
e, oltretutto, non tornano rispetto alle dichiarazioni dello stesso
presidente del Consiglio che non più di 48 ore fa ha confermato il blocco dei rinnovi contrattuali per il pubblico impiego perché non ci sono risorse. È oltremodo strano che il fatto che si annunci una riduzione del costo del lavoro. Vorrei che Renzi rispondesse a una mia domanda…
Prego.
Cosa intende per riduzione del costo del lavoro? Intende la riduzione del cosiddetto cuneo fiscale oppure la diminuzione dei salari? Anche questa mia riflessione scaturisce dalle dichiarazioni del premier non più tardi di 24 ore fa quando ha dichiarato che il modello del lavoro da perseguire è quello tedesco che prevede con l’introduzione del modello Hars i cosiddetti mini Job da non più di 450-500 euro mensili. In entrambi i casi, comunque, l’obiettivo non è perseguibile.
Perché?
Tutti i governi italiani non si sono certo divertiti a mantenere alto il cuneo fiscale, ovvero la differenza tra costi all’impresa e quanto percepito dal lavoratore. Lo hanno dovuto fare perché l’attuale situazione macroeconomica italiana non consente la possibilità di diminuire il gettito fiscale;
anzi assistiamo a costanti aumenti della pressione fiscale. Risulta
oltremodo strano coniugare le sue affermazioni con il rispetto del tetto
del 3 per cento nel rapporto deficit-pil che, anche per stessa ammissione del premier, migliorerà quest’anno dopo la revisione prevista dal regolamento Esa 10
che ha modificato i parametri da inserire nel computo della
determinazione del Pil, introducendo quozienti differenti per attività
illecite. Tutto questo, in uno scenario europeo dove la Francia ha già
fatto sapere che anche per il prossimo anno avrà un rapporto deficit-pil
intorno al 4 per cento e la Spagna superiore al 5 per cento. Ho
un’altra domanda per Renzi…
Un’altra?
Vorrei sapere la sua opinione sulle ripetute richieste da parte delle istituzioni europee di cessioni di sovranità da parte del nostro Paese, in cambio di flessibilità non del tutto specificata.
Si riferisce all’indicazione di Draghi?
Non solo a Draghi. Al premier vorrei ricordare che l’Italia è una repubblica democratica con una Costituzione che prevede che la sovranità sia dei cittadini
con regole precise codificate. Qualsiasi tipo di cessione unilaterale
di sovranità deve essere preventivamente condivisa con tutte le forze
democratiche presenti nel Paese, a iniziare dal popolo italiano. Nessuno ha il mandato per poter né chiedere e tantomeno concedere limitazioni di sovranità all’Italia.
Ma allora se si raschia il barile in fondo cosa c’è?
In ultima analisi il problema essenziale è il rilancio della domanda interna,
eventualità molto difficile da perseguire in questo momento, poiché il
modello economico di riferimento su cui si basa la costruzione monetaria
europea non prevede, con il controllo esasperato dell’inflazione e la
rigidità sui conti, pubblici la possibilità di espansione interna.
D’altronde, anche le ultime iniziative della Bce
non produrranno gli effetti auspicati, in quanto ormai qualsiasi
stimolo monetario intrapreso dalla Banca Centrale Europea non
determinerà effetti sostanziali sull’economia reale; al massimo riuscirà
a dare una boccata di ossigeno esclusivamente al sistema bancario,
in particolare a quello tedesco. Ricordo infine che il modello
economico europeo è adottato da soli 18 Paesi (quelli appunto dell’Ue)
sui 204 che compongono il pianeta terra. Vorrei sapere da Renzi se non è il caso di rivedere completamente in ambito europeo la costruzione monetaria prima che imploda e crei danni irreversibili per le economiche continentali.
Il governo deve trovare 20 miliardi senza aumentare le tasse
ai cittadini: come si concilia l’impresa col fatto che lo stesso Renzi
intende stabilizzare 150mila precari nella scuola, con in più la grana
dell’eventuale rinnovo dei contratti degli statali?
La ricetta proposta da Renzi è realizzabile solo a una condizione e cioè che l’Italia torni alla propria autonoma sovranità monetaria.
Basta seguire l’esempio inglese: pur facendo parte (in maniera critica)
dell’Unione europea, ha ben conservato la propria sovranità monetaria
che le consente di realizzare nel modo ottimale, la propria politica
economica tarata sulle specifiche esigenze interne.
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