Cominciamo da un semplice esempio, fra tanti possibili. Il Corriere della Sera pubblica l'intervista a uno statale
che si lamenta del blocco degli stipendi. Ad oggi ci sono 610 commenti.
Ovviamente non li ho nemmeno scorsi tutti, ma da un campionamento
casuale sembra che la grande maggioranza (non tutti, per fortuna) sia
aspramente critica verso l'intervistato. Spesso, i commentatori sono
anche offensivi e aggressivi. La mia impressione è che succeda più o
meno lo stesso quando si indicano i problemi di ogni particolare
categoria: se si parla della scuola tutti infuriati ad azzannare i
docenti, se si parla dei lavoratori autonomi vengono attaccati in quanto
evasori, e così via. Per tornare allo statale dell'intervista, ai suoi
critici, che indubbiamente in molti casi stanno peggio di lui, si devono
ricordare due cose. In primo luogo c'è sempre qualcuno che sta peggio
di te: se il precario italiano sta peggio dello statale, l'africano
disperato che muore nel tentativo di venire a farsi sfruttare in nero in
Italia sta sicuramente peggio del precario. Con ciò si vuol dire che
replicare, a chi segnala un problema, “comunque stai meglio di altri”,
non è un argomento risolutivo, perché su questo pianeta quasi chiunque
sta meglio di qualcun altro. Ma non è questa l'osservazione più
importante, che è invece la seguente: se è vero che lo statale sta
ancora relativamente bene, è certo che la sua situazione è peggiorata
come è peggiorata quella di tutti. È questa la cosa fondamentale che
bisogna capire da interviste come quelle citata, e dalle tante altre notizie
che si potrebbero citare: stiamo sempre peggio, tutti, ci stiamo
impoverendo, tutti. Chi stava piuttosto bene ancora se la cava, chi era
appena al limite della povertà ora è alla disperazione. Ma è questo
movimento di peggioramento comune che bisogna saper vedere, per capire
che la linea dell'evoluzione delle nostre società è chiara, ed è quella
della distruzione del ceto medio e dell'immiserimento generalizzato.
Sono cose dette e ridette, cito solo, giusto per dare un'idea, un breve intervento di Carlo Formenti, oppure il bel libro di Mario Pianta.
E invece di vedere tutto questo e di lottare contro il nemico comune, coloro che stanno perdendo tutto si sbranano fra di loro. Ma questo serve solo a far vincere i nostri nemici, i ceti dirigenti dei paesi occidentali, nessuno escluso. Nemici nostri, nemici di tutti, perché hanno rinnegato il patto sociale che ha retto le società occidentali nel trentennio '45-'75, e ci hanno dichiarato guerra. Una guerra che stiamo perdendo appunto perché chi sta male odia chi pensa stia un po' meno male (vero o falso che sia), invece di capire che solo lottando uniti possiamo sperare di vincere.
Forse si potrebbe obiettare che dedurre un'analisi generale dai commenti on line ad un articolo è un po' azzardato. La critica è corretta, ma mi pare che sia un dato oggettivo la mancanza di solidarietà fra le varie categorie dei ceti subalterni colpite dalla crisi e dalle politiche di austerità. Poiché questa mancanza di solidarietà non favorisce certo gli interessi collettivi di tali ceti (lottando uniti qualcosa si potrebbe ottenere), mi pare sensato ipotizzare che ci siano forti spinte psicologiche anti-solidaristiche, e che l'aggressività diffusa che si nota nei più diversi ambiti sia una espressione di tali spinte psicologiche.
Sarebbe davvero utile che qualcuno ci aiutasse a capire il perché di tutto questo. Perché “tutti odiano tutti”, e nessuno riesce a vedere il comune nemico. Credo dipenda da mutamenti profondi nella nostra “psiche occidentale”, che dovremmo tentare di indagare. Ci torneremo, spero.
Non posso che concludere su una nota di pessimismo. Il punto dolente di questa situazione, in cui tutti odiano tutti, è che un ulteriore peggioramento economico non porterà la “sollevazione” tanto attesa da alcuni nostri amici. Porterà ad un ulteriore imbarbarimento, ad una violenza diffusa. Il fatto di stare peggio non porta automaticamente alla rivolta, può portare a sbranarti col tuo vicino.
E quest'ultimo mi sembra l'esito più probabile, data l'attuale situazione della coscienza collettiva.
Sarei naturalmente lieto se i lettori riuscissero a convincermi che il mio pessimismo è infondato.
(M.B.)
E invece di vedere tutto questo e di lottare contro il nemico comune, coloro che stanno perdendo tutto si sbranano fra di loro. Ma questo serve solo a far vincere i nostri nemici, i ceti dirigenti dei paesi occidentali, nessuno escluso. Nemici nostri, nemici di tutti, perché hanno rinnegato il patto sociale che ha retto le società occidentali nel trentennio '45-'75, e ci hanno dichiarato guerra. Una guerra che stiamo perdendo appunto perché chi sta male odia chi pensa stia un po' meno male (vero o falso che sia), invece di capire che solo lottando uniti possiamo sperare di vincere.
Forse si potrebbe obiettare che dedurre un'analisi generale dai commenti on line ad un articolo è un po' azzardato. La critica è corretta, ma mi pare che sia un dato oggettivo la mancanza di solidarietà fra le varie categorie dei ceti subalterni colpite dalla crisi e dalle politiche di austerità. Poiché questa mancanza di solidarietà non favorisce certo gli interessi collettivi di tali ceti (lottando uniti qualcosa si potrebbe ottenere), mi pare sensato ipotizzare che ci siano forti spinte psicologiche anti-solidaristiche, e che l'aggressività diffusa che si nota nei più diversi ambiti sia una espressione di tali spinte psicologiche.
Sarebbe davvero utile che qualcuno ci aiutasse a capire il perché di tutto questo. Perché “tutti odiano tutti”, e nessuno riesce a vedere il comune nemico. Credo dipenda da mutamenti profondi nella nostra “psiche occidentale”, che dovremmo tentare di indagare. Ci torneremo, spero.
Non posso che concludere su una nota di pessimismo. Il punto dolente di questa situazione, in cui tutti odiano tutti, è che un ulteriore peggioramento economico non porterà la “sollevazione” tanto attesa da alcuni nostri amici. Porterà ad un ulteriore imbarbarimento, ad una violenza diffusa. Il fatto di stare peggio non porta automaticamente alla rivolta, può portare a sbranarti col tuo vicino.
E quest'ultimo mi sembra l'esito più probabile, data l'attuale situazione della coscienza collettiva.
Sarei naturalmente lieto se i lettori riuscissero a convincermi che il mio pessimismo è infondato.
(M.B.)
Fonte: http://il-main-stream.blogspot.it
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