giovedì 4 agosto 2011

LA RICREAZIONE E' FINITA

Lo show di Berlusconi alle Camere è una tragicommedia che non seduce più nessuno. Per il capo del governo la colpa della crisi poggia sui diritti sociali dei lavoratori. L'economia sarebbe in perfetto stato di salute. Siamo...

SEMPRE PIU' IN BASSO

Viene da dire che siamo proprio messi male. Silvio Berlusconi, che sciocco non è, ha fatto un discorso di ordinaria amministrazione. Come ha detto, già nel corso della trasmissione, Guido Gentili del Sole 24 ore, è un discorso che avrebbe potuto fare tre mesi fa. Talvolta far finta di niente - come ha fatto Berlusconi - è un modo accorto di fronteggiare problemi che non si è in grado di risolvere. Nessuna proposta, nessuna iniziativa nel discorso del Cavaliere, quasi un tutto va bene madama la marchesa. In ogni modo io resto dove sono.
Francamente deludente in questa situazione di crisi italiana e mondiale la replica del Partito democratico, per bocca di Bersani. Critiche, denunce, ma zero proposte. Nulla su cosa il maggiore partito di opposizione propone in alternativa allo scorrere dei fatti, alla resistenza di Berlusconi, ai rischi del disastro per l'economia (e non solo) del nostro paese. Berlusconi è messo assai male e l'elusività del suo discorso lo conferma, ma rebus sic stantibus continuerà a occupare Palazzo Chigi. E addirittura si permette attraverso la voce del neosegretario del suo partito Angelino Alfano di accusare l'opposizione di essere partito dei mercati e non dei cittadini.
«Da tutto ciò che accade - scriveva Alfredo Reichlin sull'Unità di ieri - emerge l'estrema debolezza della politica». E - sempre Reichlin - si domanda se «è abbastanza chiara la nostra diversità politica». Domanda non da poco.
Il discorso di Berlusconi è stato assolutamente elusivo, ma egualmente elusiva è stata la replica di Bersani. Non basta accusare Berlusconi dei fallimenti che sono sotto gli occhi di tutti, se non si ha l'intelligenza e la forza di proporre un'alternativa che non sia solo la richiesta di elezioni anticipate. Il Pd deve (dovrebbe) avere la forza e l'intelligenza di proporre un'alternativa di governo. Gli esiti dei referendum e delle recenti elezioni amministrative dovrebbero incoraggiarlo. C'è una società che di Berlusconi ha cominciato a stancarsi, ma a questa società bisogna offrire serie proposte per uscire dalla crisi e dai fallimenti bancari, per combattere l'attuale decrescita e la crescita dei disoccupati.
Dire che Berlusconi è cattivo, se non si propone nulla di buono, serve solo a far continuare, e sempre in peggio, la crisi del paese. Insomma, c'è una seria crisi della politica e, aggiungerei, della sinistra.
Ma Berlusconi - lo conferma il suo discorso di ieri - è proprio messo male, solo che il suo star male mette al peggio l'Italia e questo, paradossalmente, lo rafforza.

Valentino Parlato, Il Manifesto


Veltroni: "Il compito del PD? Un governo istituzionale"


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«Un grande partito come il Pd, in una situazione così drammatica, di crisi economica e sociale deve indicare una soluzione. Per me è lanciare la sfida di un governo istituzionale, chiedendo alla maggioranza di avere la stessa responsabilità che abbiamo avuto noi nell'approvazione della manovra». È quanto – riferiscono agenzie di stampa - avrebbe detto Walter Veltroni, nel suo intervento all'assemblea del Pd in vista del discorso del premier Silvio Berlusconi oggi alle Camere.

«Per noi la sfida di un governo istituzionale - sostiene Veltroni - viene prima dell'ipotesi di elezioni. Noi dobbiamo tentare, se ci diranno di no, allora l'unica soluzione sono le urne». Per l'ex sindaco di Roma sono prioritarie la riforma del lavoro, il rientro dal debito e «la richiesta a settembre di una sessione parlamentare sulle riforme istituzionali, dalla riduzione del numero dei parlamentari alla riforma della legge elettorale».



L'opposizione si dimette

di Iaia Vantaggiato

su il manifesto del 04/08/2011

Alla Camera un'opposizione divisa, confusa e senza proposte Bersani al premier: «Se fai un passo indietro noi ne facciamo uno in avanti». Forse

Parafrasando Marchionne, ieri un'altra opposizione si sarebbe dimessa o comunque avrebbe avuto il buon gusto di non esibire - in un momento di crisi nera, borse al tracollo e mercati impazziti - il suo solito repertorio. Inconcludente e politicista né più né meno di quello del premier.
Svolta politica ma anche governo di unità nazionale, tregua tra le parti ma anche elezioni immediate, via Berlusconi ma anche no. Parafrasando questa volta Bersani, un passo avanti ed uno indietro così che alla fine le posizioni restano le stesse.
Parla subito dopo gli osanna che hanno accompagnato l'intervento di Alfano, il segretario del Pd Pierluigi Bersani e la scaletta non gli giova. «Di fronte alla richiesta di dimissioni da parte delle opposizioni - aveva appena tuonato il neo segretario del Pdl - noi restiamo sgomenti. Da quando in qua sono i mercati a dover scegliere i governi?»
Un colpo basso cui i banchi del centrosinistra reagiscono poco e male. Qualche borbottio ma poi più nulla perché cosa gli rispondi a chi ti dice che «i governi tecnici non hanno niente a che fare col popolo». Tenta il recupero Bersani ma a parte la solita frase che si vorrebbe ad effetto - «O sono su Marte io o lo è il presidente del Consiglio» - non va molto oltre incastrato com'è tra i desiderata delle diverse anime del suo partito e i continui richiami all'unità nazionale del Presidente Napolitano. Forse ad un eventuale governo di transizione - tecnico o politico - Bersani c'aveva pure pensato ma poi arriva Veltroni che sollecita «svolte radicali» e infine ci si mette anche il Quirinale che a tutti chiede coesione per fronteggiare la crisi.
Altro non può fare il segretario del Pd in questo gioco di parti che chiedere le dimissioni (finte) di un presidente del Consiglio che ha tenuto un discorso (finto) di fronte a un Parlamento (finto). Se il premier farà un passo indietro noi faremo un passo avanti e che questo non venga interpretato come un attentato alla stabilità del Paese. La crisi c'è - dice Bersani a differenza di Berlusconi - ma poi, esattamente come il premier, di proposte concrete non ne parla.
Ad avere le idee più chiare sembra essere invece illeader dell'Udc Pierferdinando Casini che ligio alle regole del cerimoniale si dice, nell'ordine, favorevole all'armistizio richiesto da Napolitano, favorevole a un governo tecnico e pronto ad accogliere Silvio Berlusconi in quello stesso Governo: «Non è detto che la fine di una stagione politica significhi la fine del berlusconismo». Scene di repertorio che offendono un paese che la crisi la sta vivendo, eccome, sulla sua pelle.
Berlusconi «dimettiti», dice Bersani ma non si sa per fare cosa. Berlusconi «resta» dice Casini e nemmeno qui si sa per fare cosa.Parlate e sarete ascoltati, aveva detto ieri il premier con spirito ecumenico: «Il Governo non resterà sordo alle vostre proposte se animate da spirito patriottico». Ma di proposte dall'opposizione non ne arrivano. Fatta eccezione per quella di Antonio Di Pietro che al Colle chiede di sciogliere le Camere e di andare subito alle elezioni.
E Bersani, sempre più confuso, risponde all'appello: «Se Di Pietro non ha firme a sufficienza parli con noi. Si può dubitare che vogliamo far cadere il Governo?».



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