Dovevano essere #centogiorni e adesso sono #millegiorni , praticamente l’intera legislatura visto che non si sa bene da dove dovrebbe cominciare il conto, visto che il cronoprogramma è da presentare e che sono già passati sei mesi dall’investitura. Insomma Renzi #cambiaverso di fronte a una realtà impietosa col bullismo politico e chiede lo stesso tempo di Letta o di Monti anche se con un mezzuccio fa il conto in giorni e non in anni per rendere l’impatto più morbido. Eppure è già riuscito a trasformare il senato in una sorta di area di impunità regionale e prima o poi riuscirà anche a trasformare la legge elettorale in un super porcellum.
Allora perché i mille giorni che comunque gli tolgono il carisma della velocità, rischiano di mettere in crisi l’immagine dinamica che si è creato e si stemperano nell’ovvio e banale #passopasso? Perché è stato fregato dall’inasprirsi della crisi, data per finita dai suoi consigliori economici che sono poi quelli dei migliori giornaloni e ora non può fare altro che aspettare, che qualcosa intervenga a togliergli le castagne dal fuoco: un rinvio del fiscal compact, l’immancabile ripresa finale o la madonna pellegrina che tra queste eventualità è la più probabile. Nel frattempo continuerà a produrre hashtag che nessuno leggerebbe se non fossero ripresi dai giornali e ad annunciare un sito che dovrebbe spiegare che cosa è stato fatto.
Un giorno parla di lavoro, l’altro di pensioni, l’altro ancora di modello tedesco che tra parentesi è quello che sta affossando l’Europa, ma sono soltanto bolle di sapone, carri armati di Mussolini che fanno il giro e tornano, come è accaduto per gli edifici scolastici che dovevano essere sistemati con 3 miliardi, poi con 800 milioni e poi ancora con un miliardo: tre piccioni con una fava sola che tra l’altro nemmeno c’è. Renzi si sta rivelando esattamente come Letta solo che per dare l’idea di movimento è costretto a mostrare un eterno moto browniano, del tutto casuale, senza capo né coda, intervallato da sceneggiate e cazzate. Può farlo avendo dalla sua i media di loro signori che naturalmente si attendono di essere ben remunerati per l’appoggio: la scena del gelataio, degna del miglior Berlusconi, sarebbe stata sommersa da pernacchie, mentre ci si è limitati a glissare nel più completo imbarazzo o a consideralo un divertente siparietto.
Ed è così che si aspetta il 2017, sperando in qualche miracolo che venga da altrove, eseguendo gli scrupolosamente gli ordini facendo finta di essere di opporsi e vivacchiando come hanno fatto Berlusconi e Prodi: con gli annunci e soprattutto con le svendite di ciò che rimane dell’industria e soprattutto dei beni comuni che sono l’unica cosa che fa gola ai pescecani, visto che ad essi non si può rinunciare. Il tutto rimasticando teorie già fallite, parole d’ordine degli anni ’80, vecchiume ramazzato nell’immaginario mediatico e ancora rimasticato dalla parte più ottusa e servile del potere, sommersi da frasi fatte e prive di senso come quella che siamo vissuti al di sopra dei nostri mezzi, quando la realtà è che i nostri mezzi sono finiti proprio nelle tasche di chi si compiace di queste idiozie. Insomma il nulla ben illustrato dal piano casa nella versione di Lupi che renderà più facile abbattere i tramezzi o da Renzi stesso in carne e ossa secondo cui con 220 milioni in tre anni il commercio estero si dovrebbe espander di 50 miliardi e attrarre altri 20 miliardi di investimenti. Ma nessuno che io sappia lo ha denunciato per abuso della credulità popolare.
E intanto nessuno sa da dove si prenderanno i 22 miliardi necessari per la manovra del 2015. Ci aspetta un altro anno orribile, ma pieno di twitter: quando Renzi dice che non guarderà in faccia a nessuno, lo dice forse per la vergogna.
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