sabato 27 giugno 2015

Grecia. La parola alla democrazia



Il problema greco ha tre livelli: uno geopolitico, uno europeo, uno nazionale. Che i Molti prevalgano su i Pochi, qualunque cosa decideranno
Non ci occupiamo dell'affaire greco da un po' di tempo. Ammiro chi ha tanta pazienza e intenzione nel seguire le cose politiche nel loro altalenante svolgersi quotidiano anche se, temo che, con lo sguardo così ravvicinato, si perda la visione delle dinamiche essenziali. Avevamo detto (quasi cinque mesi fa) che la Grecia si sarebbe trovata certo con molti problemi ma anche con qualche opportunità (accordi con i russi e/o cinesi) e così è stato. 
Il problema greco ha tre livelli, uno geopolitico, uno europeo, uno nazionale. 
Quello geopolitico riguarda principalmente gli USA da una parte, Russia e Cina dall'altra, lasciar la Grecia diventare una testa di ponte per l'asse orientale o tenerla ben stretta all'interno della frontiera occidentale. 
Quello europeo è ben noto: paesi con la minaccia di una loro Syriza interna, paesi orientali schierati con gli USA nel gioco geopolitico e diffidenti verso un governo di "sinistra", burocrazie eurocratiche, buona parte dei tedeschi, che non vogliono cedere alcunché nella "trattativa" per non creare precedenti (i "precedenti" fanno norma) e che vogliono mettere in difficoltà Tsipras nella speranza di poterlo sostituire con un governo di allineati. Il Fondo Monetario Internazionale che prima si mostra compiacente ad una soluzione, poi s'irrigidisce chissà se per ordini superiori o per interessi tattici nella rielezione della Lagarde come dicono alcuni giornali. 
Ma questi due giochi sono livelli esterni intorno all'arena principale e questa arena è la Grecia, col suo popolo, i suoi interessi conflittuali, la sua dialettica interna. Sopratutto nell'area "alternativa" ho letto di tutto ed il suo contrario. Tsipras fa bene, no fa male, dovrebbe trattare ma rimanere, dovrebbe rovesciare il tavolo, dovrebbe stampare dracme, valute parallele, rubli, figurine panini e chissà cos'altro. Il problema è che Tsipras e Syriza non sono enti che vivono su facebook o nel mondo immaginario dell'online, governano un paese di 11 milioni di anime con tutti i relativi attriti, scontri, divergenze, un universo che non è liscio come i pensieri dei picchiettatori di tastiera. Ora Tsipras fa quello che personalmente ritengo la cosa più giusta, la cosa più onesta, coerente, efficace: chiede al popolo cosa pensa.
Qualche giorno fa, un conoscente greco mi raccontava (spero sia così) che il governo ha imposto nelle scuole la lettura ripetuta del famoso discorso di Pericle, quale si trova nella Guerra del Pelopponeso di Tucidide, che in Italia è conosciuto nella versione manipolata da Paolo Rossi mentre consiglio vivamente l'originale (qui, I e II parte). 
Non è solo una preferenza ideologica, la democrazia (diretta) è l'unica forma di trasmissione della volontà politica -immediata e non distorta-,  tra tutte le parti di una comunità. Cosa farà il popolo greco lo dirà il popolo greco. Ridurre la complessità al più semplice possibile è questo: collegare, tra loro, tutte le parti in modo che le parti prendano a muoversi in maniera coordinata, senza passare per un centro, una élite, un capo, una minoranza, un illuminato, un condottiero. I greci ci provarono già quattro anni fa (ne parlammo qui) ma l'intenzione non era così forte. Oggi forse si riuscirà  a dare la parola al popolo: che i Molti prevalgano su i Pochi, qualunque cosa decideranno.
Fonte: https://pierluigifagan.wordpress.com/cronache-dellera-complessa/.

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