di Jules Winnfield
Le recenti elezioni regionali in Umbria, vinte con qualche difficoltà
da Catiuscia Marini, consegnano alla sinistra umbra un quadro desolante
e, per certi versi, degno di una farsa da basso impero. Tutti hanno
pensato al loro pezzettino, e tutti hanno perso. Game over. Sull’analisi
complessiva del voto umbro, sulla crescita esponenziale delle destre,
sul dilagare dell’astensionismo, sulla perdita di consensi alla Marini,
torneremo in altre occasioni. Del resto ai mitici flussi elettorali ci
hanno già pensato il
presidente dell’Aur Claudio Carnieri e il professor Bruno Bracalente,
del Dipartimento di Economia, Finanza e Statistica dell’Università di
Perugia. A noi interessa dire la nostra su quanto è successo a sinistra. Ne daremo una nostra libera valutazione, certamente non esaustiva e completa. Ma questo, come noto, ça va sans dire.
Partiamo dalla cosiddetta sinistra Pd,
che se non altro non si è dovuta misurare con l’amletico dilemma
(figlio di una legge elettorale presidenzialista e maggioritaria
modificata e peggiorata all’ultimo minuto e sulla cui legittimità dovrà
addirittura esprimersi la Corte Costituzionale) se stare o non stare con
la Marini: riesce ad eleggere un consigliere regionale, tra l’altro a
Perugia, ma resta fuori dalla Giunta. Due ex segretari regionali della
Cgil, uno consigliere regionale uscente, l’altro che si è candidato
ancora in carica e nel silenzio generale (sì lo sappiamo, c’è lo
statuto, la decadenza automatica, etc.), non riescono ad entrare in
consiglio. Per quest’ultimo, forse, e ribadiamo forse, lo slogan “sempre
dalla stessa parte” stando in lista con il Pd e a sostegno della
Marini, che in direzione nazionale ha votato a favore del Jobs Act, deve
aver causato un po’ di confusione nell’elettorato. Ma tant’è. Primo obiettivo (s)centrato della sinistra.
Passiamo alla lista “Umbria più Uguale”,
lista composta da Sel, da esponenti di liste civiche facenti capo al
sindaco di Gubbio Stirati e da La Sinistra per l’Umbria. Bene. Sel,
invece di proseguire l’esperienza de L’Altra Europa, ha preferito
rompere in Umbria l’unità raggiunta alle elezioni europee e stare in
coalizione con il Pd. La lista alla quale hanno lavorato i vendoliani
nostrani, per certi versi inedita e realizzata in zona Cesarini, si è
subito caratterizzata, anche grazie alla spinta degli eterni “uscenti”
(dal consiglio, dalla Giunta, da Rifondazione), per la magnificazione
commovente dell’operato della precedente Giunta Marini. Centro-sinistra o
muerte. Non solo. Il sostegno alla Marini è stato giustificato dalla
necessità di “un percorso aggregativo delle sinistre umbre” per battere
le destre. Ancora con questa storia? Una battuta sul nome della lista,
che tanto ci ricorda “La Fattoria degli Animali” di Orwell. Uno o è
uguale, o è diverso. Che significa “più uguale”? Ci sarà sfuggito
qualcosa visto che non siamo più uguali, ma solo normali.
Detto questo, il consigliere è stato eletto. Trattasi dell’attuale
presidente del consiglio comunale di Gubbio molto vicino al sindaco
Stirati (ex Pd? ex PSI?), il cui risultato di preferenze personali è
stato decisivo per il raggiungimento del quorum. Le prime dichiarazioni
del neoconsigliere civico di Gubbio, riportate dal sito trgmedia.it, non lasciano dubbi: “Sarò
il rappresentante in Consiglio regionale per questo territorio. Questa
città è stata trascurata per 5 anni nonostante vi fossero due
consiglieri. Vicende come l’addio di “Don Matteo” o il no
all’Alberghiero non si devono ripetere. E se dovessero ripetersi ci
sarebbero ripercussioni politiche”. Più chiaro di così. Ma non finisce qui. I nostri, dopo tutti gli sforzi fatti per presentare un progetto «autonomo, critico e combattivo» all’interno del centro-sinistra, non
si sono visti riconoscere un proprio rappresentante nella nuova Giunta
Marini, tra l’altro ufficializzata sabato. Sel e “gli uscenti” restano a
bocca asciutta. Sinistra capolavoro: secondo obiettivo (s)centrato.
Veniamo infine a L’Umbria per un’altra Europa. Anche
qui una battuta sul nome della lista, davvero uno scioglilingua molto
simile ad una dichiarazione d’intenti. Del resto nome e simbolo de
L’Altra Europa non potevano essere usati per l’assenza di Sel. Ma il
richiamo all’esperienza della lista Tsipras ci dice comunque che il
tentativo è stato quello di mettere in piedi anche in Umbria un processo
autonomo della sinistra antiliberista, alternativo al Pd e al
centro-sinistra. Candidato e lista sono stati il frutto di scelte
democratiche all’interno dell’assemblea regionale dopo un percorso di
costruzione programmatica dei comitati nei territori. Tutto liscio
quindi? Macchè. I problemi, manco a dirlo, si sono presentati nella
discussione per la candidatura a Presidente, nonostante l’elezione,
andando in solitaria, fosse davvero una chimera. Potere dei sondaggi.
Comunque, da una parte un pezzo della sinistra sindacale Cgil, forse per
ritagliarsi un ruolo rispetto alla riapertura della discussione sugli
assetti interni dovuta alla candidatura e conseguente decadenza del
segretario generale, insieme ai soliti e ben noti pseudo intellettuali
di provincia peruginocentrici, degni eredi del minoritarismo
sessantottino orizzontale, si sono saldati, anche qui, in un’inedita
alleanza tutta ancora da capire e hanno tentato di trasformare L’Altra
Europa Umbria nel primo laboratorio nazionale di una “coalizione
sociale” da candidare alle elezioni (nonostante Landini un giorno sì e
l’altro pure tenti di chiarire all’opinione pubblica che la coalizione
sociale non è un partito); dall’altra singoli, provenienti dai comitati
territoriali, soprattutto indipendenti e appartenenti a Rifondazione
comunista, hanno proposto di continuare sulla strada della costruzione
della casa della sinistra e dei democratici aprendo a nuove possibili
alleanze con soggettività politiche in rotta col Pd. Apriti cielo. Sono
partite “le analisi del sangue” e accuse di contaminazione del progetto
originario. Veti incrociati e passi indietro si sono sprecati.
Risultato? L’Umbria per un’altra Europa, nonostante un ottimo candidato
Presidente e un vero programma di svolta, non è stata percepita come una
proposta credibile di governo. Non ha poi aiutato l’incertezza della
dimensione nazionale, incapace di dare visibilità ed omogeneità alle
liste di sinistra d’alternativa nelle varie regioni. Nonostante tutto,
però, qualche sindacalista è già stato confermato nel suo ruolo, così
come qualche professore continua a dilettarsi nel fare le analisi del
voto. Tanto per loro non cambia niente. Si è invece persa una grande
occasione ed è soltanto grazie alla competenza e all’abnegazione del
candidato Presidente, della lista e delle tante e tanti che credono
nella costruzione di una sinistra antiliberista unitaria e plurale che è
ancora possibile andare avanti e non dover ricominciare tutto daccapo. Detto questo, però, terzo obiettivo (s)centrato della sinistra.
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