Le
regole che non funzionano si cambiano. Questa semplice considerazione è
stata rifiutata per oltre cinque anni dai vertici dell'Unione Europea e
soprattutto dal suo nucleo centrale, la Germania guidata dal duo
Merkel-Schaeuble. Ora, davanti alla sempre più concreta possibilità che
la trattativa con la Grecia di Syriza si chiuda con un pessimo
compromesso (pessimo per entrambe le controparti) oppure con un default
(che implicherebbe comunque perdite considerevoli per “i creditori”,
ossia Ue, Bce e Fmi), l'inamovible inflessibilità teutonica sta per
partorire un cambiamento delle regole. Naturalmente a proprio esclusivo
vantaggio.
Ci dice infatti un giornale molto attento ai meccanismi finanziari europei come IlSole24Ore, che
Il
ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha incaricato
esperti di elaborare un piano che consenta in futuro a un paese
dell’Eurozona di avviare una procedura di ristrutturazione ordinaria del
debito, in caso di default, che gli consenta di evitare l’uscita
dall’euro. Lo rivela il giornale tedesco Der Spiegel senza citare fonti.
Meglio tardi che mai, potrebbe pensare un ottimista disinformato. In realtà
Sulla
scorta dell’esperienza greca, il nuovo meccanismo limiterebbe gli aiuti
di stato e farebbe ricadere gli oneri del fallimento sulle spalle degli
investitori e dei detentori di bond governativi. L’idea di Schaeuble,
secondo Der Spiegel, è quella di evitare che «paesi con finanze
pubbliche sane siano vulnerabili ai ricatti dei paesi bisognosi». Al
nuovo meccanismo lavorano sui tecnici del ministero delle Finanze che
esperti esterni. L’ipotesi Schaueble consisterebbe quindi in una
modalità per limitare gli aiuti da parte degli Stati, gettando il peso
sui detentori di obbligazioni del Paese in questione.
Dov'è la novita? Nel rovesciamento del meccanismo adottato proprio
con l'esplosione della crisi greca. Allora Atene aveva debiti con
soggetti in massima parte privati
(banche, assicurazioni, fondi di investimento, ecc), principalmente con
sede in Germania, Francia, Gran Bretagna. La Germania e la Francia
imposero la “soluzione”: trasformare quei crediti privati in crediti pubblici
(a carico per l'appunto di Ue, Bce e Fimi). In pratica, in quel modo,
venivano salvati gli istituti finanziari privati che avevano troppo
allegramente concesso crediti ai greci, evitando loro perdite e magari
anche qualche fallimento,
Una
vera e propria socializzazione delle perdite che a Berlino pensavano di
poter coprire imponendo ad Atene (così come a Spagna, Portogallo,
Italia, Irlanda, Cipro e in misura minore altri paesi)
una cura di austerità fondata sul taglio della spesa pubblica, del
welfare, del mercato del lavoro per restituire quei debiti cumulati
nella fase dell'”euforia irrazionale” pre-crisi.
Purtroppo per gli ordoliberisti teutonici, le loro teorie
macroeconomiche si sono rivelate disastrose, e quindi le loro previsioni
– nonostante il sangue materialmente versato dai greci e non solo – non
si sono verificate. Quel debito greco è di fatti impagabile (con la
“cura” della Troika è passato addirittura dal 128 al 180% del Pil!),
qualsiasi altra imposizione possa essere accettata da Atene. Quindi si
deve correre ai ripari e cambiare le regole del gioco per evitare che la
situazione possa ripetersi con paesi ben più “pesanti”, come Italia e
Spagna, o magari anche la Francia. Per avere una dimensione monetaria,
basti pensare che l'”insostenibile” debito greco ammontava cinque anni
fa a poco più di 200 miliardi di euro, mentre quello italiano ha
superato da tempo i 2.000).
Il piano tedesco è dunque concettualmente semplice: torniamo alla
regola precedente, e siano i prestatori a sobbarcarsi il rischio. Basta
che “noi” (i governi dei paesi forti) non si debba più intervenire in
soccorso. Qualcosa del genere è stato del resto già fatto con Cipro,
dove non c'è stato alcun bail out (salvataggio esterno a carico della Ue) ma soltanto un bail in a carico di investitori e correntisti con più di 100.000 euro depositati (il limite che viene garantito dagli stati).
Un rovesciamento di posizione così radicale salvaguarda certamente i
conti tedeschi (olandesi, finlandesi, ecc) ma ha due conseguenze
pesantissime strettamente intrecciate. Di fatto, si dichiara che
l'Unione Europea tutto è meno che una comunità di stati solidale al
proprio interno, capace di garantire i propri membri. Di conseguenza, i
“mercati finanziari internazionali” dovranno registrare questa novità
(ancor prima che si realizzi) nei propri piani di investimento.
E cosa faranno mai questi “mercati”? Semplice: ritireranno
progressivamente i propri investimenti dai paesi “rischiosi” (sempre gli
stessi, i Piigs), chiederanno tassi di interesse molto superiori agli
attuali (nonostante il quantitative easing della
Bce), si guarderanno bene dal concedere nuovi crediti. In pratica,
verranno a mancare i liquidi per nuovi investimenti proprio nei paesi
che più ne hanno bisogno per risollevarsi, salirà lo spread e la
Germania comincerà a costruirsi il suo fortilizio insieme a una manciata
di paesi del Nord (e dell'Est) europeo. Di Più: crescendo il peso del
"servizio del debito" (gli interessi da pagare con le cedole) i conti
dei paesi più deboli, aggiustati molto relativamente a costo di lacrime e
sangue, verranno nuovamente squinternati. Innescando inevitabilmente
nuove ondate del austerità genocida.
Un passo avanti verso la rottura dell'Unione Europea e dell'euro, ma messa in atto dall'alto.
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