di Francesca Coin, minima&moralia
A prendere l’iniziativa è stato un gruppo di attivisti, accademici e
sindacalisti irlandesi chiamato Greek Solidarity Committee che, complice
la centralità del negoziato greco nel dibattito irlandese, qualche ora
fa ha occupato gli uffici dell’Unione Europea a Dublino per dare un
segnale chiaro di solidarietà europea dal basso alla Grecia. L’azione
arriva in un momento cruciale dei negoziati e per una volta la stampa
nazionale e internazionale ne sta dando notizia.
Quello che sta avvenendo in queste ore a Bruxelles non è un normale negoziato.
Paul Krugman ha fugato ogni dubbio con un articolo di qualche ora fa
sul New York Times nel quale poneva una domanda secca alle istituzioni
europee: “ma cosa si credono di fare”? Krugman si riferisce alla
giornata di negoziati di ieri nella quale la proposta greca alle
istituzioni è stata rifiutata. A causare l’indignazione del Nobel
dell’Economia sono state in particolare le cause di tale rifiuto in
netto antagonismo con le priorità espresse dalle stesse istituzioni nel
corso degli scorsi cinque mesi. La proposta presentata ieri dal Governo
greco alle istituzioni, da molti definita una sorta di programma
d’austerità di sinistra, descriveva, infatti, un compromesso che con
difficoltà andava incontro alle richieste dei creditori senza gravare
troppo sui redditi bassi e medi. Un compromesso lontano, dunque, dal
programma iniziale di Syriza, che tuttavia si faceva carico di ridurre
la distanza con le richieste dei creditori nel tentativo di uscire da
un’impasse durata diversi mesi e di consentire alla Grecia di fare ciò
che il Governo greco ha sin dall’inizio tentato di fare: liquidare i
creditori e proteggere le fasce deboli della popolazione senza
esacerbare una situazione di agonia sociale già esasperata. Ed è qui che
l’articolo di Krugman si fa impietoso. “Non siamo al liceo”, scrive il
Nobel. “E ora sono i creditori, ben più che i greci, a cambiare le
regole del gioco. Che cosa stanno facendo? Intendono spaccare Syriza?
Intendono forzare la Grecia verso un disastroso default?”
Le domande di Krugman non sono isolate.
Durante l’intera giornata di ieri sulla stampa internazionale si
vociferava di prassi inconsuete a Bruxelles. Una tra tutte, il fatto che
mentre Tsipras incontrava Draghi, Lagarde e Junker, il Commissario per
gli affari economici Moscovici incontrava i partiti di opposizione del
governo greco a pochi metri di distanza. Ieri il Segretario di To Potami
Stavros Theodorakis in un comunicato faceva proprie le richieste dei
creditori esortando Tsipras a seguirle, mentre addirittura il Financial
Times oggi riportava in copertina il volto di Theodorakis, quasi a
mettere in primo piano l’insidia che punta al cuore di Syriza. È più
chiaro ora il senso della domanda di Krugman: “cosa si credono di fare i
creditori”? La risposta la dava già Tsipras ieri in due tweet, nei
quali evidenziava come la decisione dei creditori di rifiutare la
proposta greca potesse derivare solo da due possibilità: “o non vogliono
trovare un accordo o stanno servendo interessi specifici”. Quasi a
rievocare il fantasma di George Papandreou, rimosso dalle istituzioni
europee quando ha richiesto un referendum, o altri casi storici
anch’essi ripresi oggi dalla stampa internazionale come il Presidente
Cileno Salvador Allende rimosso dal colpo di stato di Pinochet, ciò di
cui si vocifera in queste ore è, infatti, un tentativo di regime change
in Grecia. La Repubblica stessa oggi ne dava notizia, sottolineando come
queste voci così insistenti ieri nei corridoi di Bruxelles, sebbene si
tratti solo di indiscrezioni, rimandino a un piano preciso: sostituire
Syriza con un governo più conciliante e obbediente. Per essere ancora
più precisi, scrive Repubblica, il tentativo sarebbe di procastinare,
esasperare e rinviare le negoziazioni sino al 30 giugno, data in cui la
Bce potrebbe sospendere l’Ela, il Programma di Liquidità di Emergenza
che tiene in vita le banche greche, forzando la Grecia non solo al
default ma al Grexit. Non a caso Krugman chiudeva il suo articolo con la
constatazione che non si può più, oramai, parlare di “Graccident”: se il
Grexit avverrà con buona probabilità avverrà per volontà dei creditori.
È evidente che la questione è seria perché il problema del negoziato
greco è molteplice. Da un lato si tratta di una questione politica: sino
a che punto è accettabile l’intrusione dei creditori nelle decisioni
democratiche greche? A quanto riportato da Reuters la Merkel stessa ha
dichiarato oggi che la risoluzione della crisi non spetta ai governi
europei bensì ai Ministeri delle Finanze, a ribadire il primato della
scienza economica sulla volontà dei processi elettorali. Il problema è
che, a guardare l’affare greco nella sua interezza, la posta in gioco
non è nemmeno “solo” la democrazia ma questioni più complesse sul piano
finanziario e geopolitico. Il timore di contagio nei mercati finanziari
nel caso di un default e l’inevitabile balcanizzazione d’Europa che
seguirebbe alla Grexit consentono, infatti, di riformulare quanto sta
avvenendo in un modo ancor più radicale. Dovessimo prendere sul serio
l’analisi di Krugman e l’avvertimento di Tsipras, i creditori starebbero
facendo un gioco ancora più pericoloso, intimando al debitore di
obbedire alle proprie condizioni perché il collaterale che verrà a
saltare nel caso di insolvenza sono l’Europa e la tenuta stessa dei
mercati finanziari. Una posta in palio altissima, dunque, quasi folle,
che giustifica l’apprensione di quanti, negli ultimi giorni non riescono
a staccare l’attenzione dai negoziati greci. Siamo certi, infatti, che
possiamo noi stessi accettare di essere scambiati come posta in palio in
una negoziazione che ha già portato un popolo all’agonia e
all’umiliazione?
È forse questa la domanda che ha spinto attivisti di Vienna e Dublino
ad occupare gli uffici dell’Unione Europea a Dublino in solidarietà con
la Grecia. Nel loro comunicato stampa delle ore 16 di oggi scrivevano:
“rifiutiamo le azioni dei nostri governi e dei creditori e il
disinteresse da loro dimostrato nei confronti della volontà espressa
nelle elezioni di Gennaio dalla popolazione greca di porre fine
all’austerità. Forzare il Governo greco a firmare un accordo
inaccettabile per il Parlamento e per la popolazione è un atto
anti-democratico come lo è invitare i leader dell’opposizione a
Bruxelles per sovvertire un governo democraticamente eletto. Come è
chiaro a tutti coloro che seguono il negoziato, Syriza sta difendendo
gli interessi della popolazione in Grecia e le fondamenta della
democrazia in Europa. Chiediamo a tutta la popolazione europea di
respingere il comportamento delle élite e di mobilitarsi per difendere
la democrazia e supportare la popolazione greca”.
È forse tempo di occupare gli uffici dell’Unione Europea anche in Italia.
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