Le
banalità dette da Eco sugli imbecilli della rete e sulle bufale che vi
corrono vengono proprio a fagiolo con i due dati emersi in settimana: il
nuovo calo della produzione industriale e quello parallelo dei consumi
elettrici che a maggio hanno fatto segnare un -1,1% rispetto al mese
precedente. Questo svela che la vera bufala davanti alla quale ci
troviamo è quella della ripresa, data per cosa fatta basandosi su numeri
di previsione privi di qualunque consistenza se non volutamente
orientati come otto anni di seguito hanno dimostrato.
La ripresa non c’è, né da noi né da nessun’ altra parte, ancorché con
dati addomesticati o dal puro valore tecnicistico, ci si sforzi di
farne apparire l’ologramma alle opinioni pubbliche delle due sponde
dell’atlantico, in via di diventare un’unica sponda di liberismo
illiberale e autoritario. Clamorosa è l’alterazione dei dati ufficiali
Usa, regolarmente smentiti da istituzioni terze o dalla stessa
contraddizione fra numeri. E francamente non so davvero cosa si possa
pensare di chi messo a confronto con una narrazione globale truffaldina
condita ogni giorno di una costellazione di bugie, perda tempo a fare
le pulci ai social network. Anzi lo so: è quella insolente vocina del
padrone di chi è stato sempre col culo bene al caldo e che alla fine
partecipa dell’ “Autorità”.
L’insensatezza è talmente densa che non so come non ci si possa porre
delle domande sulla massima narrazione paradossale che purtroppo non
circola in rete ma tra i governi europei e sui media che ne sono il
megafono: perché, per esempio, si insiste nel chiedere alla Grecia
macellerie sociali ancora peggiori quando tutti sanno benissimo – conti
alla mano – che sono controproducenti e che in ogni caso il debito greco
non potrà mai più essere ripagato.
E cosa spinge gli stessi governi a
dare manforte agli Usa in Ucraina, colpendo le proprie esportazioni,
appoggiando un golpe sanguinoso e ambiguo lontano dalla democrazia
quanto la galassia di Andromeda e che alla fine non può che portare il
continente o a una resa o alla guerra?
E vogliamo parlare del Daesh,
finanziato ufficialmente fino al settembre scorso dal congresso Usa? O
di ciò che ha provocato la guerra di Libia? O tanto per venire a questi
giorni cosa spinga un segretario di stato americano impegnato in
colloqui semisegreti a Ginevra sul nucleare iraniano ad avventurasi in
bici sulle alture alpine che sarebbero dure anche per un professionista,
alla bella età di 71 anni? Ma certo, guai a mettere in dubbio l’ormai
famosa caduta perché si rischia di fare la figura degli imbecilli: in
fondo c’è la foto di Kerry in bici, anche se risale a qualche mese
prima.
Ma soprattutto a cosa mira tutto questo se non al tentativo di
rimediare a una crisi di sovrapproduzione aggiungendovene una di
sottoconsumo dovuta al taglio dei salari, all’umiliazione del lavoro
sotto ricatto, alla precarietà e perfino alla sostituzione degli uomini
con la robotizzazione?
E’ una follia di idioti o invece la
consapevolezza di trovarsi di fronte a una insanabile contraddizione del
capitalismo liberista e mercatista a cui non si può porre rimedio
avendo creato, per mantenere accesa la fornace, un flusso finanziario di
scommesse dieci volte superiore all’economia reale?
Qui dovremmo tornare alla Grecia che viene torturata anche perché il suo debito
è stato assicurato con derivati per oltre tremila miliardi. O magari
sottolineare il paradosso che si è creato in Germania e che viene
esplicata dalla tabella a fianco di origine Eurostat dove si mostra che
nel Paese egemone la povertà cresce di pari passo con la diminuzione
ufficiale della disoccupazione. Tutte cose molto inquietanti perché
sono la premessa della guerra, l’unica via d’uscita per elite dominanti e
per sortire dalla crisi occidentale. Probabilmente vista la recente
lezioncina venuta dal pendulo di Foucault, la reazione più intelligente
sarebbe non interessarsene. Perché dopotutto senza una cattedra sotto le
terga chi siamo poter poter dare una risposta e tentare di difenderci
dagli intenti reazionari more mathematico demonstrati?
Per questo preferisco fare la figura dell’imbecille che quella del servo. Questione di gusti.
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