sabato 20 giugno 2015

Se l'Europa unificasse il fisco sarebbe una buona cosa. Note a margine dei rumors sulla fusione Fca-Gm di Domenico Moro

 
Malgrado Mary Barra, l'Amministratore delegato di GM, avesse nei giorni scorsi risposto picche alla proposta di Marchionne di fusione con Fiat-Chrysler (Fca), è recente la notizia secondo cui GM ha incaricato i consulenti di Goldman Sachs e MorganStanley di lavorare sul dossier Fca.

Marchionne ha sempre detto che ci sono troppi gruppi automobilistici e soprattutto che c'è sovra-capacità produttiva. In altre parole, come direbbe Marx, c'è sovra-accumulazione di capitale, ovvero il profitto, in rapporto al capitale accumulato sotto forma di mezzi di produzione, non raggiunge livelli soddisfacenti. Mettere insieme GM e Fiat consentirà di razionalizzare la produzione, il che, tradotto in termini pratici, vuol dire chiudere impianti e licenziare migliaia di operai, tecnici e impiegati. Non è difficile immaginare chi pagherà il prezzo maggiore in termini di occupazione. GM con 136,6 miliardi di ricavi ha 214mila addetti, Fca con 96,1 miliardi 232mila.
Grande sarebbe l'emorragia di posti di lavoro in America, dove gli stabilimenti Chrysler e GM si sovrappongono, e soprattutto in Europa, dove, ricordiamolo, GM controlla Opel (nel mirino di Fiat da prima dell'acquisizione di Chryler), e ci sono evidenti sovrapposizioni. Del resto, le due case operano quasi sempre negli stessi segmenti di mercato. Sono, quindi, a rischio molti posti di lavoro in Italia e Germania. Assisteremo ancora al gioco della torre, per decidere quali stabilimenti di quale Paese salteranno e quali saranno salvati. Ancora una volta sul piatto delle bilancia della decisione peseranno i soldi a fondo perduto che i rispettivi governi nazionali prometteranno al nuovo colosso mondiale. E non è difficile indovinare quale governo, tra quello tedesco e quello italiano, abbia più munizioni da sparare.
L’operazione, se effettivamente dovesse concludersi, sarà l’ulteriore coronamento, dopo l’acquisizione di Chrysler, di una strategia che la famiglia Agnelli porta avanti dagli anni ‘70. Una strategia fondata sulla realizzazione di una fusione con un altro grande produttore mondiale, più volte tentata con Citroën, Ford, e la stessa GM. La famiglia Agnelli ha buone possibilità di diventare il singolo azionista di maggior peso all’interno del nuovo leader mondiale dell’auto. Infatti, in GM, a differenza di altri gruppi mondiali, come Ford, non esistono famiglie di riferimento o grandi azionisti, a parte Veba (con il 8,6%), il fondo di welfare gestito dal sindacato dei lavoratori dell’auto (Uaw), che in Chrysler ha ceduto le sue quote a Fiat, permettendogli di assumerne il controllo totale.

Intanto, la Fca ha spostato la sede legale in Olanda e quella fiscale in Gran Bretagna, dove il governo conservatore ha negli ultimi anni ridotto la pressione fiscale sulle imprese. A tal proposito, una proposta molto semplice da parte del movimento dei lavoratori e della sinistra sarebbe la seguente: l'Europa, invece di rompere le scatole alla Grecia e agli altri Paesi con i vincoli di bilancio e sulle pensioni, dovrebbe occuparsi di uniformare l'imposizione fiscale, in modo da evitare il sorgere di paradisi fiscali al suo interno. Infine, una considerazione di fondo. Visto che, in periodo di sovraccumulazione, non c'è da contare sugli investimenti privati, bisogna riportare al centro del dibattito politico nostrano, occupato quasi interamente dalle tematiche della "casta" e della fobia per l'immigrato, la ripresa degli investimenti pubblici e la definizione di una vera politica industriale, basata anche sulle ri-nazionalizzazioni delle imprese industriali e dei servizi dei settori strategici. Ma anche questo richiede di fare i conti con l'Europa neoliberista, che si oppone a queste misure, con i vari Trattati di funzionamento della Ue e con il Fiscal compact.

Del resto, anche la possibile fusione GM-Fca si ricollega ai processi di integrazione europea. Ad esempio, la creazione di un mercato unico finanziario (cui si collega l’aumento della capitalizzazione della borsa italiana) è pensata proprio allo scopo di drenare risparmio verso le aziende private e facilitare i processi di fusione e acquisizione, che centralizzano sempre di più il controllo dell’economica in poche mani.

Nessun commento: