Mentre a Bruxelles e nelle sale dei palazzi si discuteva
ancora per trovare una soluzione alla crisi greca, mentre ci si divideva
tra chi vorrebbe la Grecia fuori dalla fortezza Europa e chi invece non
crede che un alternativa al di fuori del polo europeo sia possibile,
sempre piu persone si trovano esauste, messe nella condizione di non
riuscire a far fronte ai bisogni primari, come l'accesso al cibo, alle
cure sanitarie, a una condizione minima di welfare sociale.
Nonostante il governo Tsipras abbia fatto dei passi in avanti per
rispondere alle esigenze delle classi popolari greche, il sentore comune
è che questo non sia abbastanza, perché il livello minimo di
sopravvivenza molte volte non è garantito.
Molti sostengono che la Grecia, fuori dall eurozona, cadrà in un baratro ancora piu profondo di quanto non sia oggi.
I mainstream si dividono tra chi categoricamente difende la posizione
del “non esiste un alternativa a tutto ciò” e di immagina e aspetta di
vedere ciò che succederà domani e il 5 luglio.
Una cosa è certa, ed è la base su cui la Grecia è probabilmente
sopravvissuta durante gli ultimi 5 anni. Un esperienza fatta di comitati
di quartiere, più o meno scettici nei confronti del governo Syriza, che
hanno messo in piedi una vera e propria rete di solidarietà di base tra
le fasce popolari del Paese.
“Abbiamo organizzato dei mercati popolari” racconta uno dei tanti
compagni piu o meno fiduciosi nei confronti di Tsipras, che di fronte
alla crisi, hanno guidato e gestito la nascita di diversi comitati
popolari in Atene e in altre città del Paese, fondate sulla solidarietà
collettiva tra le fasce popolari: “ mettiamo in relazione i produttori
di beni primari direttamente con le fasce popolari, che maggiormente
soffrono gli effetti delle politiche di austerity”.
Succede in molti quartieri di Atene, come in altre città del Paese.
Gli agricoltori vendono a prezzi davvero popolari, saltando tutti gli
intermediari della filiera, alcune esperienze di autogestione delle
fabbriche vendono saponi e altri prodotti, volontari mettono al servizio
della gente le proprie competenze sul piano sanitario e medico.” È
questo un modo per far fronte alla crisi, in modo collettivo e di
classe. Ed è questa probabilmente la base su cui si è retta e si reggerà
la sopravvivenza delle classi popolari greche, al di la dei risultati
del referendum del 5 luglio.
Si tratta di veri e propri mercati popolari, organizzati li dove
esiste e si crea la consapevolezza di poter produrre circuiti
alternativi e popolari di resistenza, in cui produttori e consumatori si
incontrano, e mettono in essere un meccanismo virtuoso di filiera
corta, a prezzi davvero popolari. Un meccanismo collettivo per far
fronte alla crisi, che crea rete, relazioni, aggregazione.
Non si tratta tanto di un circuito alternativo al mercato globale, in
cui la filiera corta e la salubrità dei prodotti viene garantita
tramite la certificazione dei prodotti a Km 0, come succede nella
maggior parte dei casi conosciuti in Italia (tramite i mercatini
biologici o molte filiere a Km 0), ma dell'istituzione di una vera
filiera corta di prodotti locali, venduti a prezzi popolari, e non a
prezzi di mercato, a chi è rimasto immagato dalla retorica della green
economy e della sostenibilità dell’agricoltura.
I mercati di quartiere, in cui molti attivisti e militanti sono
impegnati, hanno organizzato una rete di relazioni che probabilmente
rappresenterà una prima soluzione di base per far fronte al periodo nero
che la Grecia si appresta a vivere, qualsiasi sia l'esito del
referendum del 5 luglio. Un punto di accumulo e di aggregazione
fondamentale, che mostra essenzialmente che un’alternativa è possibile,
perché tessendo relazioni sul territorio rafforza la capacità di
resistenza di un popolo alle politiche di austerità, svuotando in parte
l'idea che al di fuori del sistema di scambi attuale non ci possa essere
vita né prosperità.
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