E’ un autentico vaso di pandora quello scoperchiato nel corso
dell’indagine conoscitiva che sta conducendo la Commissione Cultura
della Camera dei deputati sul funzionamento e la governance della Siae.
Dopo le rivelazioni dei giorni scorsi relative alle gravissime irregolarità che sembrano aver rappresentato, per decenni, la regola nella gestione della Siae, ora emerge che tutti i grandi gruppi televisivi italiani – Rai in testa – non pagano i diritti d’autore da essi dovuti per legge a fronte dell’utilizzo delle opere cinematografiche.
Non si tratta di qualche decina di migliaia di euro ma di decine di milioni di euro.
Le televisioni tutte, inclusa quella di Stato sono, dunque, pirate.
Lo hanno detto, senza mezzi termini, i rappresentanti delle associazioni degli autori dinanzi alla Commissione Cultura della Camera dei deputati nel corso dell’audizione del 28 febbraio.
La Rai si rifiuta di negoziare i nuovi accordi per la determinazione dell’equo compenso dovuto per legge a fronte dell’utilizzo delle opere cinematografiche tanto da costringere la Siae – per la prima volta nella storia – a procedere alla nomina di un arbitro che vi provveda.
Mediaset – lo rivelano gli stessi autori in audizione alla Camera – si è spinta addirittura a proporre di non pagare alcunché per le prime tre repliche di ogni opera cinematografica e ciò nella piena consapevolezza che, in realtà, i diritti d’autore sull’opera sono ampiamente ammortizzati con la sola prima trasmissione.
Sky, dal canto suo, ha sospeso i pagamenti in attesa della definizione dell’arbitrato tra la Siae e Confindustria servizi innovativi e tecnologici, quale rappresentante dell’industria televisiva.
E’ uno scenario paradossale i cui termini erano già stati anticipati lo scorso 22 febbraio dal Direttore Generale della Siae, Gaetano Blandini nel corso della sua audizione dinanzi alla stessa Commissione Cultura della Camera dei Deputati.
Blandini – val la pena di citarlo letteralmente – dice che ogni tentativo di contatto con la Rai e Confindustria servizi innovativi e tecnologici nel tentativo di pervenire ad un accordo si è rivelato inutile.
“Ci hanno risposto – rivela il Dg della Siae – i nostri non sono disponibili, è morta la nonna, c’è stata l’invasione delle cavallette”.
E’ stata imbarazzante – aggiunge sempre Blandini – la risposta di Rai: “non possiamo pagare perché siamo in difficoltà economica”.
E’ una vicenda inaccettabile, in un Paese normale, per molti e diversi profili.
Tanto per cominciare ci troviamo dinanzi ad una società controllata per il 99.6% dal Ministero dell’Economia e, quindi, dallo Stato, che agisce in un contesto di palese e grave illegalità, sottraendosi al pagamento di decine di milioni di euro dovuti agli autori senza alcuna valida giustificazione.
Come se non bastasse, val la pena di ricordare, che il restante 0,4% del capitale di Rai è detenuto proprio dalla Siae.
Un’azienda di Stato, dunque, che violando le leggi, si sottrae al pagamento di milioni e milioni di euro dovuti ad un ente pubblico economico, suo azionista e anch’esso controllato dallo Stato.
Tanto basterebbe per chiedere che il Prof. Monti, Ministro ad interim dell’economia e, quindi, azionista di maggioranza della Rai, convochi immediatamente i vertici di Viale Mazzini e chieda spiegazioni di quanto sta accadendo, adottando ogni iniziativa utile a far cessare senza ritardo la violazione di legge attualmente in atto.
A nessuno, infatti, sfugge che l’utilizzo di opere cinematografiche – per di più a scopo di lucro – senza la necessaria autorizzazione costituisce reato.
Ma non basta.
L’anomalia va oltre.
L’impero della televisione, capitanato dalle Tv di Sua Emittenza, l’ex Premier, Cavalier Silvio Berlusconi, ha, ormai da anni, avviato un’autentica campagna – tanto in sede giudiziaria che parlamentare – contro quelli che sono stati, più volte, additati come pirati della Rete, parassiti ed utilizzatori abusivi di altrui opere cinematografiche.
Le azioni legali di Mediaset contro veri e presunti, piccoli e grandi, pirati della Rete, ormai, non si contano più così come è, impossibile, tenere il conto delle iniziative legislative e regolamentari promosse e minacciate, negli ultimi anni, per dichiarare guerra alla pirateria online, rea – così hanno preteso di insegnarci – di affossare ed affamare l’industria cinematografica italiana.
Si scopre ora che i primi pirati, utilizzatori abusivi di opere cinematografiche per importi a sei zeri sono esattamente le televisioni e, dunque, gli accusatori della Rete.
E’ un comportamento eticamente inaccettabile.
Non ci si può scagliare contro il ragazzino che embedda sul proprio blog, attraverso YouTube, uno spezzone di video per commentare un episodio di cronaca consumatosi sotto i suoi occhi, ponendo così a rischio la libertà di informazione online e, contemporaneamente, porre in essere tanto gravi violazioni di legge e sottrarsi al pagamento di tanto rilevanti diritti d’autore.
I Signori della Tv, sono, oggi, finalmente nudi. Sono pirati ed appartengono, dunque, a quella sin qui leggendaria categoria di parassiti dell’industria audiovisiva da loro stessi creata e nella quale hanno preteso di inserirvi – a colpi di leggi, regolamenti e leggine – milioni di onesti cittadini digitali.
Una televisione pirata di uno Stato pirata che vorrebbe fare il moralista e debellare la pirateria degli altri.
Dopo le rivelazioni dei giorni scorsi relative alle gravissime irregolarità che sembrano aver rappresentato, per decenni, la regola nella gestione della Siae, ora emerge che tutti i grandi gruppi televisivi italiani – Rai in testa – non pagano i diritti d’autore da essi dovuti per legge a fronte dell’utilizzo delle opere cinematografiche.
Non si tratta di qualche decina di migliaia di euro ma di decine di milioni di euro.
Le televisioni tutte, inclusa quella di Stato sono, dunque, pirate.
Lo hanno detto, senza mezzi termini, i rappresentanti delle associazioni degli autori dinanzi alla Commissione Cultura della Camera dei deputati nel corso dell’audizione del 28 febbraio.
La Rai si rifiuta di negoziare i nuovi accordi per la determinazione dell’equo compenso dovuto per legge a fronte dell’utilizzo delle opere cinematografiche tanto da costringere la Siae – per la prima volta nella storia – a procedere alla nomina di un arbitro che vi provveda.
Mediaset – lo rivelano gli stessi autori in audizione alla Camera – si è spinta addirittura a proporre di non pagare alcunché per le prime tre repliche di ogni opera cinematografica e ciò nella piena consapevolezza che, in realtà, i diritti d’autore sull’opera sono ampiamente ammortizzati con la sola prima trasmissione.
Sky, dal canto suo, ha sospeso i pagamenti in attesa della definizione dell’arbitrato tra la Siae e Confindustria servizi innovativi e tecnologici, quale rappresentante dell’industria televisiva.
E’ uno scenario paradossale i cui termini erano già stati anticipati lo scorso 22 febbraio dal Direttore Generale della Siae, Gaetano Blandini nel corso della sua audizione dinanzi alla stessa Commissione Cultura della Camera dei Deputati.
Blandini – val la pena di citarlo letteralmente – dice che ogni tentativo di contatto con la Rai e Confindustria servizi innovativi e tecnologici nel tentativo di pervenire ad un accordo si è rivelato inutile.
“Ci hanno risposto – rivela il Dg della Siae – i nostri non sono disponibili, è morta la nonna, c’è stata l’invasione delle cavallette”.
E’ stata imbarazzante – aggiunge sempre Blandini – la risposta di Rai: “non possiamo pagare perché siamo in difficoltà economica”.
E’ una vicenda inaccettabile, in un Paese normale, per molti e diversi profili.
Tanto per cominciare ci troviamo dinanzi ad una società controllata per il 99.6% dal Ministero dell’Economia e, quindi, dallo Stato, che agisce in un contesto di palese e grave illegalità, sottraendosi al pagamento di decine di milioni di euro dovuti agli autori senza alcuna valida giustificazione.
Come se non bastasse, val la pena di ricordare, che il restante 0,4% del capitale di Rai è detenuto proprio dalla Siae.
Un’azienda di Stato, dunque, che violando le leggi, si sottrae al pagamento di milioni e milioni di euro dovuti ad un ente pubblico economico, suo azionista e anch’esso controllato dallo Stato.
Tanto basterebbe per chiedere che il Prof. Monti, Ministro ad interim dell’economia e, quindi, azionista di maggioranza della Rai, convochi immediatamente i vertici di Viale Mazzini e chieda spiegazioni di quanto sta accadendo, adottando ogni iniziativa utile a far cessare senza ritardo la violazione di legge attualmente in atto.
A nessuno, infatti, sfugge che l’utilizzo di opere cinematografiche – per di più a scopo di lucro – senza la necessaria autorizzazione costituisce reato.
Ma non basta.
L’anomalia va oltre.
L’impero della televisione, capitanato dalle Tv di Sua Emittenza, l’ex Premier, Cavalier Silvio Berlusconi, ha, ormai da anni, avviato un’autentica campagna – tanto in sede giudiziaria che parlamentare – contro quelli che sono stati, più volte, additati come pirati della Rete, parassiti ed utilizzatori abusivi di altrui opere cinematografiche.
Le azioni legali di Mediaset contro veri e presunti, piccoli e grandi, pirati della Rete, ormai, non si contano più così come è, impossibile, tenere il conto delle iniziative legislative e regolamentari promosse e minacciate, negli ultimi anni, per dichiarare guerra alla pirateria online, rea – così hanno preteso di insegnarci – di affossare ed affamare l’industria cinematografica italiana.
Si scopre ora che i primi pirati, utilizzatori abusivi di opere cinematografiche per importi a sei zeri sono esattamente le televisioni e, dunque, gli accusatori della Rete.
E’ un comportamento eticamente inaccettabile.
Non ci si può scagliare contro il ragazzino che embedda sul proprio blog, attraverso YouTube, uno spezzone di video per commentare un episodio di cronaca consumatosi sotto i suoi occhi, ponendo così a rischio la libertà di informazione online e, contemporaneamente, porre in essere tanto gravi violazioni di legge e sottrarsi al pagamento di tanto rilevanti diritti d’autore.
I Signori della Tv, sono, oggi, finalmente nudi. Sono pirati ed appartengono, dunque, a quella sin qui leggendaria categoria di parassiti dell’industria audiovisiva da loro stessi creata e nella quale hanno preteso di inserirvi – a colpi di leggi, regolamenti e leggine – milioni di onesti cittadini digitali.
Una televisione pirata di uno Stato pirata che vorrebbe fare il moralista e debellare la pirateria degli altri.
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