Non c'è la crescita? Aumenta la disoccupazione? Non c'è
problema. Diamo soldi ai costruttori di infrastrutture! Che non creano
occupazione (o ne creano in misura estremamente ridotta in proporzione
alle dimensioni dell'investimento), ma fanno gonfiare i bilanci degli
sponsor del governo.
Gli obiettivi dello "Sblocca Italia", il
prossimo - ennesimo - decreto che arriverà teoricamente entro luglio,
sul tavolo del consiglio dei ministri, e a cui Mef e Ministero delle
infrastrutture stanno lavorando intensamente per varare i primi
interventi entro fine anno, indica obiettivi alquanto antichi e poco
performanti per l'economia: far
ripartire le grandi opere, riavviare i cantieri, mettere mano alle
infrastrutture per troppo tempo bloccate e soprattutto rilanciare gli
investimenti, nazionali ed esteri.La solita ricetta cementizia per
inchiodare ancora di più la capacità del paese di "creare ricchezza".
Pier Carlo Padoan e Maurizio Lupi hanno
organizzato una task force comune per individuare le modalità per
allocare le risorse pubbliche e favorire la mobilitazione di "risorse
private" (altra frase sempre inserita nei "progetti", ma sempre
disattesa nella pratica; i soldi per le grandi opere sono sempre
pubblici, mentre i privati arrivano soltanto per massimizzare i
profitti, gonfiando i costi, allungando i tempi, chiedendo "deroghe" e revisioni dei preventivi di spesa).
Allo studio ci sono strumenti finanziari
definiti ancora una volta "innovativi" volti a produrre un effetto leva
su capitali privati attraverso le risorse pubbliche, come i project
bond e il partenariato pubblico-privato, con proposte precise di
semplificazione e defiscalizzazione. Per questo, prima ancora di far
partire qualsiasi tipo di finanziamento, il Ministero dell'Economia sta
portando avanti un lavoro parallelo per monitorare con attenzione lo
stato dell'arte delle opere pubbliche su tutto il territorio nazionale.
Via XX Settembre punta cioè ad ottenere dalle amministrazioni locali e
dalle società concessionarie (che si vedranno recapitare circa 13.000
mail) tutte le informazioni sullo stato di avanzamento dei lavori, gli
affidamenti, i pagamenti effettuati. Una misura necessaria, in tempi di
"spending review", perché in nessun altro comparto della spesa pubblica
c'è un'emorragia di fondi come in questo. Ma, pur tentando di "chiudere i
boccaporti", non si cambia modello... Quindi non cambieranno i
risultati.
Poi segue il lungo elenco di distese
d'asfalto e cemento che attraverseranno territori i quali, nella
grandissima maggioranza, non ne sentono alcun bisogno.
L'alta velocità ferroviaria Napoli-Bari
e Brescia-Padova, ma anche alcune di quelle segnalate dalle
amministrazioni locali sono in cima alla lista.
Matteo Renzi aveva infatti già fatto
partire l'operazione chiedendo il contributo dei sindaci, incaricati di
redigere una lista di lavori giudicati importanti, se non
imprescindibili, per il territorio ma bloccati da lungaggini
burocratiche, veti o complessi ingranaggi procedurali.
Le richieste arrivate vanno dalla Metro C
a Roma (ormai in fase di pre-apertura, o quasi), al Teatro Margherita a
Bari, fino alla metanizzazione di alcuni quartieri di Catania. Ma sul
tavolo ci sono anche le infrastrutture indicate nel 2013 nel decreto del
Fare del governo Letta (la copertura del passante ferroviario di
Torino, il potenziamento della ferrovia Novara-Malpensa (per un
aeroporto che nessuno vuol più utilizzare!), la rimozione dei passaggi a
livello sull'Adriatica nel tratto Foggia-Lecce e la terza corsia
autostradale in Friuli).
A disposizione del ministero delle
Infrastrutture c'è circa un miliardo di euro del «fondo revoche», ovvero
del contenitore predisposto nello stesso "decreto del Fare" e dove
confluiscono le risorse destinate ad opere già censite ma che non si
realizzeranno più. Per il dicastero le opere prioritarie da finanziare
con quelle disponibilità economiche sono la Metro 1 di Napoli,
l'autostrada Termoli-San Vittore e la Lecco-Bergamo.
Qualcosa di utile - in genere indicato
dai sindaci meno venduti al business - c'è anche. Ma annegato nel solito
arraffa-arraffa a favore dei costruttori.
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