Come 75 anni fa, 1° settembre di guerra accende il Vecchio Continente.
Ma i 'liberatori' di allora sono i provocatori di oggi (perché la Russia
ha ragione)
di Vito Biolchini.
Da qualche settimana il mondo ricorda i cento anni dallo scoppio
della prima guerra mondiale, "l'inutile strage". Ma oggi, primo
settembre, il pensiero corre al secondo atto di quel conflitto che,
divampato 75 anni fa, fu soprattutto europeo. Papa Francesco lo ha detto
senza mezzi termini ("E' iniziata la terza guerra mondiale") aprendoci
gli occhi su un conflitto planetario che si basa su un nuovo paradigma: è
una "guerra a pezzi".
Palestina, Siria, Iraq, Ucraina e Libia sono i fronti più drammatici e a noi più vicini, che potrebbero in poche mosse riunificarsi con esiti imprevedibili.
Chi ha vissuto l'adolescenza negli anni che anticiparono la caduta del muro di Berlino non può non ricordare il clima di tragedia imminente legato alla corsa agli armamenti (soprattutto nucleari) e le tante mobilitazioni anche giovanili che contrassegnarono quel periodo: la pace allora era ancora un valore. Oggi invece di pace (proprio intesa come assenza di conflitti armati) non si parla più.
Ci siamo assuefatti alla guerra permanente iniziata soprattutto con l'aggressione occidentale all'Iraq, con l'ignobile farsa delle armi di distruzione di massa mai trovate, poi con il conflitto in Afghanistan, un disastro provocato dagli Usa e dai paesi occidentali senza alcuna reale giustificazione.
Oggi fra tutte le guerre in corso quella ucraina è la più sconcertante, soprattutto per come viene raccontata dai nostri media. Ieri è stato confortante leggere Giovanni Sartori sull'inserto Lettura del Corriere della Sera, nell'articolo "Il grande balzo all'indietro", affermare chiaramente che
Tutto vero, se non fosse solo che l'Unione Europea di cui parla Sartori è quella eterodiretta dagli Stati Uniti, è quella dei paesi orientali che, per motivi storici facilmente comprensibili ma per niente sottoscrivibili, ora cercano di mettere oltremodo in difficoltà la Russia trascinando con sé l'intero continente e puntando a sottomettere l'Unione Europea al dominio della Nato, e dunque degli Usa.
Paesi che si sono "ribellati" grazie a poderosi aiuti americani, non certo disinteressati.
Che la Ue debba avere rapporti di buon vicinato con la Russia dovrebbe essere quasi scontato, se non fosse che il nostro continente viene visto dagli Usa come una sorta di cortile di casa dove far scoppiare contraddizioni che rischiano di essere letali per l'Europa.
Da qui l'appiattimento dell'opinione pubblica italiana, incapace di riconoscere le ragioni della Russia e di prendere le distanze dall'aggressività dei paesi orientali dell'Unione Europea, ampiamente sobillati dagli Usa.
I liberatori di 75 anni fa oggi sono propagatori di guerra e disordine. L'Europa non è la Nato, e gli interessi dell'Europa non sono quelli degli Usa. È questo il vero salto in avanti che l'Ue deve fare se non vuole disgregarsi sotto i colpi della crisi e dell'instabilità geopolitica.
Dopo 75 anni, l'Europa rivive un 1° settembre di guerra. L'impegno per porre fine ai conflitti armati è una urgenza non più rinviabile.
Palestina, Siria, Iraq, Ucraina e Libia sono i fronti più drammatici e a noi più vicini, che potrebbero in poche mosse riunificarsi con esiti imprevedibili.
Chi ha vissuto l'adolescenza negli anni che anticiparono la caduta del muro di Berlino non può non ricordare il clima di tragedia imminente legato alla corsa agli armamenti (soprattutto nucleari) e le tante mobilitazioni anche giovanili che contrassegnarono quel periodo: la pace allora era ancora un valore. Oggi invece di pace (proprio intesa come assenza di conflitti armati) non si parla più.
Ci siamo assuefatti alla guerra permanente iniziata soprattutto con l'aggressione occidentale all'Iraq, con l'ignobile farsa delle armi di distruzione di massa mai trovate, poi con il conflitto in Afghanistan, un disastro provocato dagli Usa e dai paesi occidentali senza alcuna reale giustificazione.
Oggi fra tutte le guerre in corso quella ucraina è la più sconcertante, soprattutto per come viene raccontata dai nostri media. Ieri è stato confortante leggere Giovanni Sartori sull'inserto Lettura del Corriere della Sera, nell'articolo "Il grande balzo all'indietro", affermare chiaramente che
Quando l'Unione Sovietica si azzardò a lambire Cuba, la zona di influenza degli Stati Uniti, tutti saltarono addosso a Cuba, tutti appoggiarono la reazione del presidente Kennedy. Eppure Cuba era uno Stato sovrano, libero di installare postazioni di missili nell'ambito del proprio territorio e nei limiti delle proprie acque territoriali. Ogni grande Stato ha diritto a un suo spazio di sicurezza. Oggi stiamo invece assistendo a una Unione Europea sempre più ingorda, appunto, di spazio sul quale agire e intervenire e che vorrebbe imporre alla Russia di lasciarsi portare via l'Ucraina che parla il russo. Come dicevo, l'Unione Europea cerca sempre più spazio per la propria burocrazia. Ora pretende di arrivare sino ai confini della Russia. Con le pistole, si badi bene, pressoché scariche. Anche così non tollera nemmeno più zone cuscinetto, zone di rispetto.
Tutto vero, se non fosse solo che l'Unione Europea di cui parla Sartori è quella eterodiretta dagli Stati Uniti, è quella dei paesi orientali che, per motivi storici facilmente comprensibili ma per niente sottoscrivibili, ora cercano di mettere oltremodo in difficoltà la Russia trascinando con sé l'intero continente e puntando a sottomettere l'Unione Europea al dominio della Nato, e dunque degli Usa.
Paesi che si sono "ribellati" grazie a poderosi aiuti americani, non certo disinteressati.
Che la Ue debba avere rapporti di buon vicinato con la Russia dovrebbe essere quasi scontato, se non fosse che il nostro continente viene visto dagli Usa come una sorta di cortile di casa dove far scoppiare contraddizioni che rischiano di essere letali per l'Europa.
Da qui l'appiattimento dell'opinione pubblica italiana, incapace di riconoscere le ragioni della Russia e di prendere le distanze dall'aggressività dei paesi orientali dell'Unione Europea, ampiamente sobillati dagli Usa.
I liberatori di 75 anni fa oggi sono propagatori di guerra e disordine. L'Europa non è la Nato, e gli interessi dell'Europa non sono quelli degli Usa. È questo il vero salto in avanti che l'Ue deve fare se non vuole disgregarsi sotto i colpi della crisi e dell'instabilità geopolitica.
Dopo 75 anni, l'Europa rivive un 1° settembre di guerra. L'impegno per porre fine ai conflitti armati è una urgenza non più rinviabile.
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