sabato 5 luglio 2014

Bidoni di lusso e di morte


07desk3-f35di Tommaso Di Francesco, Giulio Marcon 
Ve l’avevamo detto. I cac­cia­bom­bar­dieri F35 sono bidoni di lusso e ne stanno pas­sando di tutti i colori. Dopo l’ennesimo inci­dente, ieri il Pen­ta­gono ne ha deciso la sospen­sione dei voli. Da ultimo ave­vano preso fuoco durante il decollo, ma prima ancora erano stati fatti atter­rare a causa di un tem­po­rale. Il soft­ware che va in tilt, il peso ecces­sivo della fuso­liera e i caschi milio­nari dei piloti che fanno vedere dop­pio come dopo una sbronza sono solo alcune delle falle di un sistema d’arma pagato a peso d’oro e che fa acqua da tutte le parti. Una vera déba­cle per l’industria mili­tare e la poli­tica estera Usa che ha impe­gnato e con­di­zio­nato molti paesi alleati ad acquistarli.
Con la inces­sante cre­scita delle spese, gli F35 sono una gal­lina dalle uova d’oro per la Loc­kheed — che ne è il capo­fila della pro­du­zione — e un sec­chio bucato per i governi che lo stanno pro­du­cendo ed acqui­stando. Negli Stati Uniti (e soprat­tutto negli altri paesi part­ner) se ne stanno accor­gendo, ma in Ita­lia la mini­stra Pinotti, troppo nella parte delle nostre gerar­chie mili­tari e delle lob­bies delle armi, fa finta di niente e, spal­leg­giata dal pre­si­dente Napo­li­tano e dal Con­si­glio Supremo della Difesa, con­ti­nua a nic­chiare e a spe­rare in tempi migliori.
Dopo l’approvazione delle mozioni par­la­men­tari del giu­gno del 2013 che chie­de­vano la sospen­sione di altri acqui­sti (deci­sione vio­lata dal governo nel set­tem­bre del 2013 e nel marzo del 2014: ora di F35 ne abbiamo 6 in pro­du­zione) e che ha por­tato a qual­che ridu­zione di spesa nel 2014, abbiamo pas­sato quasi un anno in una inda­gine cono­sci­tiva (ter­mi­nata nel mag­gio scorso) che avrebbe dovuto aiu­tarci a pren­dere la deci­sione defi­ni­tiva: con­ti­nuare o meno nell’avventura degli F35. Ma così non è stato. Per­ché, finito un tem­po­reg­gia­mento, ne è ini­ziato un altro. Ora biso­gna aspet­tare il Libro Bianco della Difesa, sul quale il Par­la­mento potrà dare «valu­ta­zioni e sug­ge­ri­menti», dice la Pinotti. La palla passa di nuovo dal Par­la­mento (così espro­priato) al Governo e al Con­si­glio Supremo di Difesa. Quanto tempo ci vorrà, comun­que? Non si sa: potreb­bero tra­scor­rere altri 8–10 mesi.
E così la tat­tica dila­to­ria con­ti­nua, men­tre il Con­si­glio Supremo di Difesa dice al Par­la­mento di non intro­met­tersi troppo nelle scelte della difesa e soprat­tutto di non per­met­tersi di ridurre ecces­si­va­mente le spese mili­tari, pena la nostra ope­ra­ti­vità nelle mis­sioni all’estero in cui siamo impe­gnati. Ma andrebbe ricor­dato che gli F35 sono con­ce­piti come cac­cia da first strike, da primo colpo d’offesa — altro che «difesa» — e pos­sono mon­tare anche testate nucleari.
Die­tro que­sta tat­tica tem­po­reg­gia­trice c’è sullo sfondo lo scon­tro tra la Pinotti, Napo­li­tano, i ver­tici mili­tari e una parte mino­ri­ta­ria del Pd che que­gli F35 non li vor­rebbe. Con la spe­ranza che — pas­sata la buriana di que­sti mesi e la dichia­ra­zione del Pen­ta­gono che per i cacc’è la «no fly zone del Pen­ta­gono» — si possa pren­dere la deci­sione di acqui­starli e avviarli gli F35, magari distratti da qual­che avve­ni­mento più importante.
E Renzi? Dopo i roboanti annunci (non veri­tieri) di qual­che gior­nale di un paio di mesi fa sui tagli degli F35, resta muto, silen­zio asso­luto. Nem­meno un tweet. Vuole com­bat­tere — così dice — tutte le caste. L’unica che non tocca è quella delle gerar­chie mili­tari e del busi­ness delle armi. Giu­sta­mente vuole ridurre gli spre­chi delle auto blu (per qual­che milone), ma niente dice sugli spre­chi degli F35 (rispar­mio 14 miliardi). Evi­den­te­mente non vuole distur­bare le lob­bies mili­tari e gli Stati uniti.
Non è retro­pen­siero: basta ricor­darsi su que­sto le pres­sioni dell’ambasciata Usa.
Sta­volta dovrà rispon­derne ancora in Par­la­mento. Il pros­simo 29 luglio la Camera dei depu­tati discu­terà la nuova mozione che chiede lo stop agli F35. Un’occasione per mobi­li­tarsi e per por­tare allo sco­perto le con­trad­di­zioni di un governo che non cam­bia il verso delle spese mili­tari e del riarmo atlantico.
da Il manifesto

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