Se qualcuno aveva dubbi sul carattere esclusivamente formale o
anche sostanziale della "impresentabilità" di Vincenzo De Luca, il suo
primo atto di governo - fortunatamente solo annunciato - aiuta a
dissiparli. Il sindaco decaduto di Salerno e presidente "decadendo"
della Regione Campania ha detto in un'illuminante intervista al
"Mattino" che procederà immediatamente a condonare gli 80 mila immobili
abusivi presenti nella sua regione.
A parte l'aberrazione
giuridica di tali dichiarazioni - solo una legge nazionale può
introdurre nuove sanatorie -, esse dimostrano chi è veramente De Luca:
un notabile espressione della peggiore politica meridionale degli ultimi
decenni, un perfetto rappresentante di quelle larghe intese campane che
da tempo stanno cercando di condonare le migliaia di abusi edilizi non
sanabili in base alle leggi vigenti, e così di perpetuare la condizione
di endemica illegalità urbanistica, di distruzione territoriale costata
alla Campania non solo danni incalcolabili all'ambiente ma una
condizione generale di dissesto del suolo che da Sarno a Ischia ha
provocato centinaia di morti e feriti.
Per De Luca e per i suoi
"simili", tre sanatorie generalizzate in meno di trent'anni (1985, 1994 e
2003) non sono bastate, non hanno distrutto sufficiente territorio e
aggravato a dovere l'insicurezza abitativa che vede centinaia di
migliaia di cittadini, moltissimi campani, vivere in case costruite
illegalmente e perciò spesso costruite in zone dove abitare è
pericoloso. Si può fare di più e di peggio: questa la loro battaglia che
ora ha trovato in De Luca un nuovo campione.
A questo punto vi è
un'ottima ragione in più per augurarsi che De Luca sia sospeso il prima
possibile, e che con altrettanta urgenza la Corte Costituzionale
dichiari illegittimo anche il recente condono mascherato varato dal suo
degno predecessore Caldoro con una legge regionale. Ma questa prima
esternazione pubblica di De Luca da presidente neo-eletto della Campania
pone un tema molto più generale e ancora più preoccupante. Il
centrosinistra italiano si era sempre opposto ad ogni proposta,
iniziativa che abbassasse la guardia nella lotta all'abusivismo
edilizio, piaga tutta italiana che in particolare nel Mezzogiorno ha
provocato ferite inguaribili all'ambiente e al paesaggio. Secondo le
stime di Legambiente, oltre il 20% di tutte le case costruite nel Sud
negli ultimi decenni è illegale: un business colossale, che in molti
casi è gestito in prima persona dalle ecomafie e che ha evaso tasse per
miliardi. Proprio la Campania è la regione in cui il mattone illegale ha
imperversato di più, letteralmente sfigurando città e campagne, coste e
sponde fluviali: basta vedere le migliaia di case illegali sorte sulle
pendici del Vesuvio, dove l'alto rischio vulcanico imporrebbe di non
tirare su nemmeno un metro cubo, o all'isola d'Ischia dove la
magistratura ha ordinato centinaia di demolizioni.
Contro tutto
questo, ripetiamo, il centrosinistra si era sempre battuto, almeno nelle
aule legislative (Parlamento e Consigli regionali). Vorremmo sapere se
per il Pd questa regola vale tuttora, o se tra le grandi innovazioni
cui tiene Matteo Renzi vi sia pure la rinuncia definitiva a
quell'ingombrante, anacronistico, fastidioso principio per cui l'abuso
edilizio è reato e gli immobili illegali vanno semplicemente demoliti.
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