Cinque
centesimi al litro. Questo l'aumento dei carburanti previsto dalla
cosiddetta riforma della Protezione civile approvata ieri in Consiglio
dei ministri attraverso la seguente formula: “le Regioni hanno facoltà
di elevare l'imposta regionale sulla benzina di loro competenza sino al
massimo di cinque centesimi per litro”. Il testo è passato “in via
preliminare”: una formula per dire che non c'è ancora il via libera
delle Regioni - in questa materia “interlocutori centrali e
imprescindibili”, secondo lo stesso presidente del Consiglio Mario Monti
- che dovrebbe però arrivare dopo la Conferenza Unificata in programma
giovedì prossimo. E che sul testo della riforma non ci sia ancora la
quadra lo conferma anche il fatto che palazzo Chigi non ha indicato lo
strumento legislativo per presentarlo al Parlamento, un disegno di legge
oppure un decreto. È probabile però che alla fine si deciderà di
procedere con un ddl, anche per consentire una maggiore possibilità di
intervento. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani,
non ha chiuso la porta, pur ricordando “l'incostituzionalità ribadita
dalla Consulta”.
I “cinque centesimi” scatenano comunque una bufera sul governo,
additato per quello che viene visto da consumatori, sindacati, gestori e
imprese del settore come un nuovo aumento delle tasse.
In febbraio la Consulta aveva già bocciato la tassa regionale
stabilità del Milleproghe del 2011, poiché lesiva dell'autonomia di
entrata e dell'autonomia di spese delle Regioni. Ed ora il Governo
attraverso il solito maquillage formale cerca di rendere legale quella
che già viene definita “tassa sulla disgrazia”.
Assopetroli-Assoenergia, l'organizzazione che rappresenta le oltre
1.000 imprese attive nella commercializzazione dei prodotti petroliferi,
accusa il Governo “di fermare il Paese e con esso l'economia”. Una
posizione, questa condivisa anche dai gestori della Figisc Confcommercio
e della Faib Confesercenti. “Un atto di irresponsabilità economica
-sottolinea il presidente della Faib-Confesercenti, Martino Landi- che
rischia di condurre il Paese verso la paralisi”.
La Cna-Fita in una nota ricorda “le imprese in fortissima difficoltà,
la crisi di liquidità fomentata dalle banche e da un generalizzato
prolungamento dei tempi di pagamento da parte dei nostri committenti, a
cui si aggiunge l’aumento del prezzo dei carburanti”. Per questo la
Cna-Fita chiede al governo un intervento per “introduzione dell'accisa
mobile, sterilizzazione dell'iva sulle accise e maggior impulso alla
liberalizzazione della distribuzione carburanti”.
Da un anno a questa parte, il prezzo dei carburanti è aumentato
mediamente di 31 centesimi/litro; di questi, 10 sono dovuti all'aumento
del petrolio (che ha le quotazioni più alte in assoluto), e ben 21
all'aumento delle imposte. Nei primi tre mesi del 2012 il mercato si è
contratto per quasi 900 milioni di litri rispetto allo stesso periodo
dell'anno scorso (-8%). Secca la bocciatura anche da parte del
responsabile del settore trasporto e logistica di Legacoop Servizi,
Alessandro Massarelli, che invita il Governo “a valutare attentamente le
conseguenze che l'operazione potrebbe avere sul settore autotrasporto e
sulla nazione nel suo complesso”.
Per i presidenti di Federconsumatori, Rosario Trefiletti e
dell'Adusbef, Elio Lannutti siamo di fronte a una “vera assurdità”, dopo
che la stessa benzina è aumentata in un anno di 43 centesimi con una
ricaduta per le tasche dei cittadini di 516 euro. “Come se il Governo
non sapesse che tale operazione avrebbe ripercussioni gravissime anche
sui prezzi di tutti i beni di largo consumo, trasportati in larga misura
su gomma. Per non parlare delle conseguenze sull'andamento dai consumi e
sull'intero andamento economico”. Un ulteriore aumento di 5 centesimi
aggraverebbe la situazione con una ricaduta di 60 euro portando il
complessivo a ben 576 euro annui solo per costi diretti. Inoltre la
tassazione a favore dell'Erario, aggiungono, “aumenterebbe, solo per la
benzina, di 720 mln annui che si aggiungerebbero a quelli già calcolati
per le precedenti tassazioni (9,8 mld) portando il totale alla inaudita
cifra di 10,52 miliardi di euro”.
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