La misura dell'intelligenza con cui si procede al
risanamento del bilancio pubblico: una tassa sullle borse di studio e
gli assegni di ricerca dei giovani medici.
GIOVANI MEDICI DUE GIORNI DI SCIOPERO E MANIFESTAZIONE NAZIONALE
Tassano perfino le borse di studio
Ma questo non era il governo che voleva imporre una (bislacca) idea di
«equità» togliendo molto agli anziani per dare qualcosa ai giovani? Mai
dare retta alla propaganda ministeriale, nemmeno se gestita con
«sobrietà» e proprietà di linguaggio. I giovani medici - specializzandi,
ricercatori, borsisti, in «addestramento professionale» - hanno
scoperto tra le pieghe del «decreto fiscale» un codicillo che li
riguarda e li costringe a indire due giorni di sciopero e una
manifestazione nazionale a Roma, martedì prossimo.
Con la nonchalance «tecnica» che lo contraddistingue, l'esecutivo vuole
tassare anche le borse di studio e gli assegni di ricerca, assimilandole
al «reddito da lavoro dipendente», per la cifra «eccedente gli 11.500»
euro annui. Rapidi calcoli portano a quantificare in circa 300 euro
mensili, in media, su una platea di circa 25.000 medici. Il guadagno per
l'erario è ben poca cosa, mentre per queste giovani promesse della
medicina italiana è un disastro di notevoli proporzioni.
Le borse di studio ecc. sono state fin qui sempre considerate «esenti»
da tassazione, anche perché spesso obbedienti a criteri o programmi
europei (il Socrates, le borse universitarie, quelle concesse a
cittadini stranieri con accordi di reciprocità, ecc). Ma soprattutto
perché si tratta di cifre davvero minime a confronto con le retribuzione
dei medici ordinari d'ospedale, da cui spesso -all'interno dei reparti -
sono indistinguibili. Tanto che possono a buon diritto dire di
«contribuire in maniera determinante al buon funzionamento del Sistema
Sanitario Nazionale». Medici quasi sempre fuori sede, che devono anche
comprarsi testi per completare gli studi, ecc. Comunque la rigiri, una
categoria «povera» nonostante le competenze scientifiche già costruite o
in costruzione.
Le conseguenze della tassazione, comunque, non vengono affrontate dalle
due organizzazioni che li rappresentano in termini di ordinaria
«lamentela», ma illustrando il paradosso strutturale che costruiscono:
«un costante e significativo incremento di giovani medici, formati a
spese dello Stato Italiano, che 'emigrano' all'estero senza fare
ritorno»; mete prioritarie sono al momento i paesi del Nord Europa e gli
Stati uniti. Naturalmente, lo spopolamento progressivo del sistema
sanitario dovrebbe a quel punto essere contrastato con «l'ingresso di
giovani medici stranieri» provenienti dai paesi di più recente o nulla
industrializzazione. Ed è un calcolo economico ben stupido quello per
cui si spendono cifre considerevoli in istruzione e formazione
universitaria di alto livello per poi lasciar «fuggire» i talenti verso
altri lidi.
La richiesta dei giovani medici è al dunque assai semplice: cassare i
«commi 16-ter e 16-quater dell'art. 3» del Decreto fiscale, intitolato
Regime fiscale delle borse di studio. «Chiediamo al Governo e a tutti i
gruppi parlamentari - si legge nella nota congiunta delle due
associazioni promotrici dell'agitazione - di intervenire a correggere
tale disposizione in occasione del passaggio alla Camera, affinché tale
norma non finisca per produrre effetti travolgenti sul futuro del nostro
Servizio sanitario». E dire che Super-Mario e i suoi ministri si erano
presentati affermando che «quello che fa bene ai giovani, fa bene al
paese». Che non si fa, per strappare un applauso facile...
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