Ecco allora la rocambolesca ritirata della scorsa settimana. Con la scusa che i comuni non avevano provveduto a definire le aliquote, si è coperta la preoccupazione che a giugno, di fronte alla necessità di far fronte ad un pagamento che variava da qualche centinaia fino a migliaia di euro per le abitazioni ubicate nelle grandi città, le famiglie italiane avrebbero potuto avere reazioni incontrollate. Evidentemente qualcuno deve aver avvertito il Presidente del consiglio che stava scherzando con il fuoco.
Prima ritirata (la scorsa settimana). Si pagherà ancora in due rate, ma la prima calcolata con le tariffe della vecchia Ici, e dunque più bassa, a giugno. La seconda più devastante a dicembre: qualche mese di respiro e tempo prezioso per agguantare l’uscita di sicurezza visto che –di fronte al fallimento del governo- si parla sempre più spesso di elezioni anticipate in autunno. Seconda ritirata (ieri). Meglio pagare in tre rate, perché come per le sostanze velenose, il pagamento diluito sarebbe stato meno impattante. Oggi è uscito dal cappello ancora un altro coniglio. La libertà prima di tutto, hanno tuonato i professori. Che siano i sudditi a decidere se svenarsi in due o tre rate.
Ma mentre era in atto il balletto, i professori hanno assestato un altro colpo micidiale. E’ stata varata la riforma del catasto che fino ad oggi valuta i valori immobiliari sull’astratto parametro del “vano” e che da domani li valuterà sulla più oggettiva base dei metri quadrati. Provvedimento in se equo, perché i vani della case popolari sono come noto molto più piccoli di quelli delle case signorili. Ma un governo che ha a cuore il futuro della società avrebbe dovuto assicurare solennemente che la riforma non avrebbe comportato un aumento del gettito complessivo ma soltanto una sua redistribuzione. E invece si lasciano le famiglie nella preoccupazione che quanto prima dovranno pagare ancora di più per il fondamentale bene casa.
L’accanimento monetarista sta mostrando la corda e non c’è chi non veda che il governo ha cacciato il paese in un vicolo cieco. Per la prima volta si pagherà l’Imu anche sulle proprietà agricole e molte aziende chiuderanno i battenti. Gli artigiani e le imprese -che stanno già fallendo con ritmi impressionanti- dovranno pagare somme insostenibili. La parte della società che vive in affitto vedrà aumentare le mensilità a causa dell’Imu.
A questo gravissimo errore di prospettiva, la risposta dei professori è sempre la stessa. Se non troviamo i soldi fallisce l’Italia. Giustissimo. Ammetteranno che c’erano altri modi molto più equi e moralizzatori. Ogni anno per la sanità spendiamo centinaia di miliari di euro: almeno cento vanno a beneficio delle cliniche private e nei comparti pubblici lavori e forniture sono appannaggio delle imprese legate al potere politico. Le connessioni tra la mala politica e il controllo di queste imponenti poste di bilancio sono stati certificati dagli scandali della sanità nella Lombarda, nella Puglia, nella Liguria, nel Lazio e così via. Ci chiediamo perché non si è usato il pugno di ferro.
La tragedia sociale che stiamo vivendo è dunque quella che si potevano trovare i soldi laddove spariscono a fiumi e non dalle famiglie che spesso con molti sacrifici hanno acquistato la loro unica abitazione. Ma la monocultura monetarista del professor Monti non è stata in grado di praticare queste scelte auspicate da tutti. Un paese intero ne paga le conseguenze.
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