È passata decisamente sotto silenzio l’intervista che il ministro
della Funzione Pubblica e della Semplificazione amministrativa, Filippo
Patroni Griffi, ha concesso, non a caso, al quotidiano Avvenire,
giornale della Conferenza episcopale italiana. Eppure vi è ampio
materiale di discussione.
Intanto, chi è il ministro ?
La biografia pubblicata sul sito del Governo sciorina un cursus honorum
di tutto rispetto e tutto all’interno delle più alte sfere
ministeriali, dopo i primi anni passati nella magistratura
amministrativa. A 25 anni è pretore a Potenza, e a meno di 30 è già
Consigliere di stato. Fin qui, nulla di eccezionale. Ma è nel 1987 che
ha inizio la sua scalata a grande ispiratore delle leggi di riforma (o
di controriforma, a seconda dei pareri) collaborando con molti e
variegati ministri. Comincia a 32 anni con Goria, esce indenne da un
triennio con Andreotti, attraversa i governi Amato, Ciampi e Dini, viene
riconfermato dai governi Prodi, e senza soluzione di continuità
prosegue la sua attività di ispiratore ministeriale fino al Dicastero
Brunetta. Nel 2009, accetta l’incarico di segretario dell’Autorità
garante per la privacy, fino a quando diventa membro della neonata Civit
brunettiana (Commissione indipendente per la valutazione, l’integrità e
la trasparenza nelle pubbliche amministrazioni). Inoltre, sappiamo
anche che il suo reddito lordo dichiarato per il 2010 era pari a 500mila
euro, con un netto che supera di poco i 300mila euro. Mentre nel 2012
dichiara un compenso lordo, esclusivo, da ministro, pari a 205mila euro.
Ha una casa di proprietà a Roma, e parti, probabilmente ereditate, di
fabbricati e terreni tra Napoli e provincia. Possiede una moto, due
utilitarie e un’auto di categoria superiore (2000 cc). Ha investito in
azioni Enel, per circa 20mila euro, e in obbligazioni su un fondo
svizzero per circa 200mila euro, più altri 85mila euro in un fondo
Fideuram. Insomma, l’immagine che se ne deduce è quella di un
funzionario dello Stato, molto ben pagato.
Il punto è che la biografia, pur apprezzabile nella completezza, non ci dice se il ministro Patroni Griffi sia o non sia uno dei 300 magistrati amministrativi fuori ruolo. Possiamo solo desumerlo dall’imponibile lordo del suo stipendio. Perché un magistrato consigliere di stato percepisce circa 190mila euro annui. Come si raggiunge la cifra di 500mila? Con una seconda retribuzione, o indennità, che viene versata dalla nuova amministrazione pubblica di pertinenza. Dunque, facendo le pulci al ministro, si scopre che fino all’accettazione della nomina da Monti, ha goduto di ben due stipendi clamorosamente elevati: l’aspettativa retribuita al Consiglio di Stato (dove non perde mica il posto) e le funzioni di consigliere giuridico presso vari ministeri e presso la presidenza del Consiglio. E tutto questo ben di Dio per 22 anni. Vorremmo non cadere nella demagogia facile facile, però ci sembra esagerato approfittare per 22 anni della doppia indennità di funzionario dello stato (anche se magistrato e anche se consigliere giuridico di ministri).
Scoperto tutto ciò, leggiamo l’intervista del ministro ad Avvenire. Un vero de profundis per migliaia di lavoratori del pubblico impiego, e non tra qualche anno, ma già dal prossimo maggio. Ovvero, colui il quale per due decenni ha avuto l’immensa fortuna di azzannare un osso assai polposo dallo stato, oggi può rivestire la maschera del grande tagliatore di teste nella pubblica amministrazione. Riportiamo qui fedelmente la sua risposta ai giornalisti di Avvenire: “Lo stato deve essere in grado di sapere se un’amministrazione non ha bisogno di 500 dipendenti, ma può andare avanti bene con 400. Deve poterlo fare nell’interesse di tutti, altrimenti il rischio è che l’amministrazione pubblica venga vista come una forma impropria di ammortizzatore sociale. Deve poterlo fare perché se si tengono quelli che non servono rischia di crescere il discredito verso l’impiego pubblico. E io una cosa del genere davvero non posso accettarla”.
Il punto è che la biografia, pur apprezzabile nella completezza, non ci dice se il ministro Patroni Griffi sia o non sia uno dei 300 magistrati amministrativi fuori ruolo. Possiamo solo desumerlo dall’imponibile lordo del suo stipendio. Perché un magistrato consigliere di stato percepisce circa 190mila euro annui. Come si raggiunge la cifra di 500mila? Con una seconda retribuzione, o indennità, che viene versata dalla nuova amministrazione pubblica di pertinenza. Dunque, facendo le pulci al ministro, si scopre che fino all’accettazione della nomina da Monti, ha goduto di ben due stipendi clamorosamente elevati: l’aspettativa retribuita al Consiglio di Stato (dove non perde mica il posto) e le funzioni di consigliere giuridico presso vari ministeri e presso la presidenza del Consiglio. E tutto questo ben di Dio per 22 anni. Vorremmo non cadere nella demagogia facile facile, però ci sembra esagerato approfittare per 22 anni della doppia indennità di funzionario dello stato (anche se magistrato e anche se consigliere giuridico di ministri).
Scoperto tutto ciò, leggiamo l’intervista del ministro ad Avvenire. Un vero de profundis per migliaia di lavoratori del pubblico impiego, e non tra qualche anno, ma già dal prossimo maggio. Ovvero, colui il quale per due decenni ha avuto l’immensa fortuna di azzannare un osso assai polposo dallo stato, oggi può rivestire la maschera del grande tagliatore di teste nella pubblica amministrazione. Riportiamo qui fedelmente la sua risposta ai giornalisti di Avvenire: “Lo stato deve essere in grado di sapere se un’amministrazione non ha bisogno di 500 dipendenti, ma può andare avanti bene con 400. Deve poterlo fare nell’interesse di tutti, altrimenti il rischio è che l’amministrazione pubblica venga vista come una forma impropria di ammortizzatore sociale. Deve poterlo fare perché se si tengono quelli che non servono rischia di crescere il discredito verso l’impiego pubblico. E io una cosa del genere davvero non posso accettarla”.
Detto da un magistrato che ha
accumulato negli anni una doppia funzione, senza svolgere quella per la
quale ha vinto il concorso pur ottenendone il lauto stipendio, è un
bell’esempio di coerenza. E fosse solo questo. Sentite cosa aggiunge:
“continuerò a chiedere la riprovazione sociale per il cattivo uso della
cosa pubblica e il recupero dell’etica pubblica… chi è al servizio dei
cittadini deve comportarsi con maggiore attenzione”. Ora, nella proposta
del ministro emerge anche una logica premiale per quei funzionari dello
stato (medici, professori, insegnanti, ricercatori, impiegati di vario
genere e specie) che siano particolarmente meritevoli. E che tipo di
premio, secondo il ministro che otteneva due stipendi? Mica soldi, per i
funzionari migliori. Macché. “Una manifestazione pubblica, un
riconoscimento solo simbolico, ma utile per ridare motivazioni alte”.
Dinanzi a tale proposta, verrebbe voglia di dire come il grande Totò: “Ma mi faccia il piacere!”. Il ministro, che prendeva due stipendi, taglierà il venti per cento di 3 milioni e mezzo di lavoratori pubblici, ovvero circa 700mila persone. Alle altre, meritevoli, regalerà una medaglietta ricordo, come si faceva ai tempi del libro Cuore di de Amicis. A quelli come lui, che tuttavia continueranno a percepire due, tre, quattro indennità, senza alcuno scrupolo “di etica pubblica”, andrà il suo deferente omaggio. E quello del premier Monti.
Dinanzi a tale proposta, verrebbe voglia di dire come il grande Totò: “Ma mi faccia il piacere!”. Il ministro, che prendeva due stipendi, taglierà il venti per cento di 3 milioni e mezzo di lavoratori pubblici, ovvero circa 700mila persone. Alle altre, meritevoli, regalerà una medaglietta ricordo, come si faceva ai tempi del libro Cuore di de Amicis. A quelli come lui, che tuttavia continueranno a percepire due, tre, quattro indennità, senza alcuno scrupolo “di etica pubblica”, andrà il suo deferente omaggio. E quello del premier Monti.
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