lunedì 16 aprile 2012

Tasse, in Usa piove sul bagnato

Dal 1992 al 2007 la ricchezza dei 400 più ricchi d’America è cresciuta del 392%, mentre il gettito fiscale che gli stessi hanno pagato è sceso del 37%. Quello sulle tasse sarà lo scontro feroce del voto di novembre 2012. Almeno così c’è da sperare. I repubblicani insistono che è l’ora dei dolorosi tagli ai programmi di tutela sociale per rendere praticabile il futuro (ricorda qualcosa cittadino dello stivale?). C’è il deficit e le tasse non si possono alzare, men che mai ai ricchi, che spendendo contribuiscono a far ripartire l’economia – non sarà il dibattito sulla patrimoniale, ma non siamo troppo lontani. I democratici, senza proporre aumenti draconiani e troppo anti ricchi, che negli Usa la ricchezza è un merito, spiegano: c’è una situazione difficile e i più ricchi pagano meno della middle class, riequilibriamo le aliquote. In slogan si traduce: il miliardario Warren Buffet paghi come la sua segretaria….oppure Obama paghi più della sua segretaria, che anche il presidente, che pure guadagna molto meno di Buffet (700mila dollari) paga un po’ meno della sua segretaria. La verità è che negli Usa questa polemica sulle tasse, da ogni angolo la si guardi, è scandalosa.

La tabella qui sopra, elaborata da Martin A. Sullivan su Tax.com, è fantastica: redditi e tasse del personale che lavora in  un palazzo di lusso e di chi ci abita. L’addetto alle pulizie e la guardia di sicurezza pagano intorno al 24%, l’inquilino del decimo piano il 10% in meno. In termini assoluti sono più soldi ma il ricco guadagna quasi trenta volte quanto il lavoratore e paga di tasse venti volte tanto. Oggi anche il New York Times, parlando del giorno in cui scadranno i bonus fiscali voluti da Obama e quelli (soprattutto per ricchi) voluti da Bush, parla a lungo di tasse. Un interessante grafico mostra come dal 1960 ad oggi le tasse siano diminuite per tutti meno che per il 20% nel mezzo. Per il 10% più ricco sono diminuite di circa l’1%, per l’1% più ricco sono diminuite del 14%. Intanto il deficit cresce. E mancano i soldi per pagare infermieri, vigili del fuoco, librai, maestri.

La figura è elaborata dall’Economic Policy Institute e mostra come la percentuale effettiva pagata dal cittadino americano sia più alta per i redditi medi e cominci a scendere man mano che i redditi crescono. La ragione è la composizione della ricchezza: per i redditi medi i salari (o le entrate del piccolo business) sono la componente principale; più cresce la ricchezza, più investimenti finanziari, immobiliari e proprietà varie compongono il pacchetto. E le imprese Tra 2008 e 2010 Verizon, General Electric, Boeing e altre 26 grandi corporations non hanno pagato un centesimo in tasse. Le tre che citiamo hanno tutte avuto profitti. I repubblicani sostengono anche che Washington prende soldi dagli Stati, anche questa una polemica anti centralismo sentita in Italia. Vero, o almeno in parte. Tra i primi dieci Stati che ricevono più risorse da Washington di quanto non paghino in tasse 8 sono a guida repubblicana, uno è il distretto federale di Washington. Per tutte queste ragioni gli americani chiedono – in ogni sondaggio – una riforma del sistema fiscale. Sul quale circola sempre molta più retorica e fumo che certezze. I repubblicani urlano contro le tasse, ma non sembrano avere proposte vere che non siano tagli. I democratici parlano della tassa Buffet, ma quella, da sola, non basta a risolvere i problemi. E’ un inizio. E soprattutto un ottimo slogan: il 60% degli americani è favorevole, il 37% contrario. Una volta tanto non ci ci sono indecisi.

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