L'economista ha spiegato concetti importanti come quello di "pareggio di bilancio", e ha anche parlato di prospettive future, dicendo la sua sulla nazionalizzazione del petrolio operata dall'Argentina.
-D.C.- 23 aprile 2012- Abbiamo rivolto
tre semplici domande a Vladimiro Giacchè per cercare di fare ordine e
spiegare ai lettori alcuni dei temi che sono prepotentemente diventati
di attualità nelle ultime settimane.
1)Cosa significa il pareggio di bilancio in costituzione?
Significa diverse cose. In primo luogo, che da oggi il nostro
ordinamento costituzionale si ispira ad una precisa concezione
economica, quella neoliberista in salsa tedesca, secondo cui la ricetta
per la crescita consiste di 3 elementi: libertà dei mercati, politiche
monetarie unicamente rivolte al controllo dell’inflazione e divieto per
lo Stato di qualsivoglia intervento in deficit spending sull’economia.
Di fatto, viene illegalizzato il keynesismo. Non solo. Questa modifica
alla Costituzione rende tra l’altro inattivabili i diritti previsti da
altri articoli della Costituzione, qualora per dare attuazione ad essi
lo Stato debba chiudere in deficit il proprio bilancio. Questo può
riguardare, ad esempio, la tutela della salute quale fondamentale
diritto dell’individuo, e le garanzie di cure gratuite agli indigenti,
previste dall’art. 32 della Costituzione. Oppure il
diritto alla gratuità dell’istruzione per gli otto anni della scuola
dell’obbligo, o il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi,
garantito ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi (art. 34). O
ancora quanto previsto dall’art. 38: “i lavoratori hanno diritto che
siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita
in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione
involontaria”. In tutti questi casi i tagli necessari al bilancio dello
Stato per raggiungere il pareggio possono pregiudicare, ancora di più di
quanto già accada oggi, l’esercizio di diritti costituzionalmente
riconosciuti.
Infine, l’introduzione in Costituzione del pareggio di bilancio
impedirà allo Stato di effettuare gli investimenti necessari a
migliorare le condizioni generali di produzione (si pensi alle
infrastrutture fisiche, a quelle immateriali che consistono nella
promozione della ricerca e della conoscenza, e a quelle giuridiche,
ossia a un sistema giudiziario ben funzionante), la produttività
e la crescita economica. Questo è molto grave, perché introduce un
ulteriore vincolo in un periodo delicatissimo della vita economica di
questo Paese.
La verità è che nessun Paese ha mai sostenuto una crisi come
l’attuale in presenza di vincoli del genere. La stessa Germania ha
introdotto il vincolo del pareggio di bilancio con una modifica alla
propria Costituzione appena nel 2009, ossia svariati decenni dopo il
periodo della ricostruzione del Paese (per la quale risultò essenziale
fra l’altro la decisione statunitense di non esigere il pagamento dei
debiti di guerra della Germania, ossia di annullare il debito tedesco), e
a distanza di poco meno di venti anni dalle spese sostenute dopo la
riunificazione della Germania. Del resto, ancora verso
la metà del decennio scorso si poteva assistere a cospicui deficit del
bilancio pubblico tedesco (non per caso il debito pubblico di quel Paese
nel decennio trascorso è cresciuto di 750 miliardi di euro).
Tornando a noi, devo dire che trovo davvero impressionante il
silenzio dei media su una modifica del nostro ordinamento così gravida
di conseguenze negative. È un altro colpo alla democrazia e alla libertà
e affidabilità dell’informazione nel nostro paese. Non ne sentivamo il
bisogno.
2) Cosa cambia con la nazionalizzazione del petrolio argentino? Potrebbe creare un precedente importante?
La nazionalizzazione del petrolio argentino afferma una concezione
non subalterna dei rapporti tra i poteri pubblici e le grandi
multinazionali. Si afferma il diritto di uno Stato di
espropriare un’impresa privata di proprietà di una multinazionale (ne
caso specifico spagnola) qualora essa non adempia a determinati criteri
in fatto di investimento nel Paese stesso.
Questa misura è una conferma di analoghi provvedimenti assunti in
altri paesi dell’America Latina (a partire dal Venezuela) e può
costituire un ulteriore precedente per analoghe misure da parte di altri
Stati. Non a caso il nervosismo sul tema è palpabile. Del resto, non è
un mistero per nessuno che il golpe di Pinochet in Cile avvenne anche a
seguito di misure quali la nazionalizzazione delle miniere di rame già
possedute da multinazionali.
3) Se i dati continuassero a essere questi servirebbe all'Italia una nuova manovra?
Sì. Ma c’è di peggio, perché in realtà le previsioni più realistiche
per il 2012 non sono il –1,2% di prodotto interno lordo di cui parla il
governo, ma un -2/2,5%. Addirittura, un centro di ricerche tedesco,
l’IMK, parla di -2,6% nel 2012 e -2,9% nel 2013. E’ evidente che questo
renderebbe necessaria un’ulteriore manovra correttiva già quest’anno,
dell’ordine di almeno 20 miliardi. Tutto questo conferma quanto in molti
avevano previsto all’atto dell’approvazione delle manovre di austerity
varate nel 2011 da Berlusconi-Tremonti e da Monti: che esse avrebbero
fatto scendere il prodotto interno lordo più di quanto avrebbero inciso
sul debito, con il risultato di peggiorare – anziché migliorare – il
rapporto debito/pil. E che quindi sarebbero state necessarie altre
manovre, come già successo in Grecia e in altri paesi colpiti dalla
crisi prima del nostro. Sta succedendo precisamente questo.
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