In
gioco non ci sono più solo debitori e creditori ma anche gli
“assicuratori”, soprattutto statunitensi. Per questo la crisi dell'euro
preoccupa anche gli Usa. Intervista a Giorgio Gattei*
Professore,
ma la tesi corrente non è che all’origine degli attacchi speculativi ci
sono gli Stati con i loro disastrati bilanci, mentre i mercati non
fanno che seguire?
Se tutti vendono titoli pubblici italiani per liberarsi di un credito a rischio, è ovvio che lo spread aumenti!
Però è possibile anche una diversa interpretazione. Ciò che chiamiamo “mercati” è un’entità complessa ed elementare allo stesso tempo. E’ un piccolo gruppo di decisori finanziari che persegue obiettivi di guadagno con una “potenza di fuoco” straordinaria (non fu George Soros nel 1992 a determinare l’uscita della sterlina e della lira dallo Sme?). A ogni loro decisione in Borsa seguono comportamenti “di gregge”, accentuati da programmi automatici, così che quando una quotazione (di titoli o monete) cresce o cala, s’innescano acquisti o vendite a catena (in Borsa quando il prezzo aumenta si compra, quando diminuisce si vende). Prendere sul serio questi movimenti erratici quali rappresentativi della solidità di uno Stato è come misurarsi la temperatura ad ogni ora e preoccuparsi delle alterazioni che avvengono nel corso della giornata. Eppure così è, perché questo è il gioco dei mercati.
Però è possibile anche una diversa interpretazione. Ciò che chiamiamo “mercati” è un’entità complessa ed elementare allo stesso tempo. E’ un piccolo gruppo di decisori finanziari che persegue obiettivi di guadagno con una “potenza di fuoco” straordinaria (non fu George Soros nel 1992 a determinare l’uscita della sterlina e della lira dallo Sme?). A ogni loro decisione in Borsa seguono comportamenti “di gregge”, accentuati da programmi automatici, così che quando una quotazione (di titoli o monete) cresce o cala, s’innescano acquisti o vendite a catena (in Borsa quando il prezzo aumenta si compra, quando diminuisce si vende). Prendere sul serio questi movimenti erratici quali rappresentativi della solidità di uno Stato è come misurarsi la temperatura ad ogni ora e preoccuparsi delle alterazioni che avvengono nel corso della giornata. Eppure così è, perché questo è il gioco dei mercati.
Ma dove vogliono arrivare i mercati?
Si deve
partire dalla micidiale coincidenza di scadenze del debito pubblico e
privato prevista nel 2012-2013. Si stimano oltre 4000 miliardi di
dollari in scadenza (400 miliardi di euro per l’Italia) che dovranno
essere rinnovati. Però si teme che il rinnovo non sia integrale oppure
che i sottoscrittori esigano condizioni di rinnovo più onerose. Per
evitarlo, bisognerebbe che una parte del debito non si presentasse al
rinnovo perché già rimborsata. Ma quale? Non di certo il debito privato
(soprattutto quello delle banche) che regge le redini del gioco, bensì
il debito sovrano. Però gli Stati Uniti, nonostante il declassamento del
rating, hanno messo in salvo il proprio debito sovrano addirittura
aumentandolo. Ciò ha indebolito il dollaro e la Cina ha minacciato di
“sganciarsi dal biglietto verde”. Certo non per passare all’euro!
Il debito sovrano da sacrificare, insomma, è nell’area euro. E come si fa?
Utilizzando
le agenzie di rating, i “mercati” hanno preso ad accanirsi contro i
debiti sovrani dei PIIGS. E già con l’accomodamento europeo sulla Grecia
hanno raggiunto lo scopo: alla scadenza dei titoli ellenici i creditori
riceveranno appena la metà di valore. Chiaro il concetto?
Allora l’attacco all’Italia è per screditare la moneta unica?
Dopo il
“salvataggio” della Grecia, che sta costando sacrifici anche alle
banche europee creditrici, è venuto il turno dell’Italia. Abbassato il
rating così che, se non arrivasse a pagare tutto il debito, giù anche
l’euro. L’Unione europea ha allora imposto dapprima il “commissariamento
economico” e poi anche il cambio di governo così che, a governo di
emergenza, si dimezzi il debito entro il 2012. Vanno rimborsati, a forza
di “patrimoniale” e quant’altro, i creditori (per la metà stranieri)
perché l’Italia sa onorare i suoi debiti. Così l’Europa dimostrerebbe la
sua forza, che però non è quanto vogliono i “mercati”. Che hanno già
spostato il tiro sull’unico Stato europeo troppo grande per salvarsi: la
Francia. E’ bastata la minaccia di toglierle la tripla A e si è aperto
lo spread tra titoli pubblici francesi e tedeschi.
L’effetto domino avrà pure un termine: sarà la fine dell’euro?
No,
l’obiettivo dei “mercati” è solo di indebolirlo rispetto al dollaro.
Finora il gioco è tutto a loro favore perché o i debitori (cioè i
cittadini europei) pagano manovra dopo manovra, oppure il debito non si
paga (default) e a rimetterci sono i creditori che sono soprattutto le
banche europee. Comunque a farne le spese sarebbe l’Europa. Ma questa
non è tutta la storia perché ci sono anche i CDS (Credit Default Swaps),
ossia le polizze assicurative che i creditori (europei, ma non solo)
possono aver stipulato per garantirsi contro il default dei titoli in
euro. Se allora l’euro facesse default, potrebbero dover pagare queste
assicurazioni che sono soprattutto anglo-americane (sembra che i Lloyds
di Londra siano in fibrillazione). Così il gioco dei “mercati” potrebbe
ritorcersi contro di loro, giusta la regola del “triello” (creditori,
debitori e assicuratori) per cui, invece del duello in cui chi spara per
primo vince, il primo che spara muore perché il terzo lo uccide. Se le
cose stanno così, per paradossale che possa sembrare, per stroncare
l’assalto speculativo dei “mercati” basterebbe minacciare che i debiti
sovrani europei non vanno pagati.
Ma non ci sarebbero misure per non soccombere ai mercati?
Ce ne
sono, ma sono troppo lente. Ne elenco solo quattro. Emettere BOT
europei, perché è assurdo che ci siano titoli emessi nella stessa moneta
con valutazioni di mercato differenti. E poi che la BCE si faccia
“prestatore in ultima istanza” acquistando i BOT europei eventualmente
rifiutati, alle condizioni d’emissione, dai “mercati”. Quindi separare
nelle banche l’attività commerciale (retail) da quella di investimento.
Infine ripristinare il cambio fisso tra dollaro-euro, come peraltro già
fanno i cinesi. Ma tutto questo va deciso a livello europeo e proprio
qui al momento non ci siamo.
Da Il Salvagente n.26/2011
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