Se piangono i ministri, cosa devono fare i
lavoratori e i pensionati...sciopero generale
La manovra decisa dal governo Monti è un
intollerabile concentrato di aggressioni alle condizioni di vita della
maggioranza della popolazione italiana. Il 10% più ricco del paese, che detiene
la metà della ricchezza nazionale, pagherà si e no l’1% dei costi della
manovra. Il restante 90% paga tutto il resto e la stragrande maggioranza dei
costi sono su lavoratori dipendenti e pensionati.
Si va in pensione a 66 anni gli uomini e a
62-63 le donne, una vergogna sociale che colpisce le condizioni di lavoro di
chi fatica davvero, di chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese, di chi
non ha contributi sufficienti. La pensione di anzianità va a 42 anni, ancora
una volta un danno soprattutto per gli operai e per chi fa i lavori più
faticosi. Così i giovani verranno ancora una volta imbrogliati, perché sarà per
essi sempre più difficile accedere al lavoro. Si blocca la rivalutazione delle
pensioni sull’inflazione, una vera e propria carognata che colpisce i redditi
già falcidiati dall’inflazione. E poi c’è una valanga di tasse, in gran parte
sul lavoro e sui redditi più bassi, da quelle sulla prima casa, all’aumento
delle addizionali Irpef comunali e regionali, all’aumento delle tasse sulla
benzina, all’aumento dell’Iva, dai ticket sanitari all’aumento dei prezzi dei
costi di tutti i servizi sociali.
Di fronte a tutto questo i ricchi pagano
con qualche piccola elemosina e le caste vengono lasciate sostanzialmente
immuni.
Non c’è una patrimoniale sulle grandi ricchezze, non si toccano le
spese militari o per le grandi opere o gli sprechi veri della pubblica
amministrazione. Qui, insomma, un massacro sociale che si aggiunge a quelli già
preventivati dalle manovre del governo Berlusconi. Nel 2012 la somma delle
manovre Tremonti-Monti porterà a un salasso di quasi 70 miliardi sui redditi e
sulle condizioni sociali della stragrande maggioranza del paese.
Di fronte a tutto questo le misure per la
cosiddetta “crescita” sono solo sgravi fiscali alle aziende, che significheranno
profitti in più per chi già guadagna, ma nemmeno mezzo posto di lavoro
aggiuntivo.
Questa manovra è semplicemente la cura
greca somministrata all’Italia. E’ la tecnocrazia liberista e bancaria dell’Europa
che impone la stessa ricetta ovunque, con gli stessi fallimenti.
La Grecia ha cominciato così un anno e
mezzo fa e adesso è alla catastrofe sociale ed economica, senza aver ridotto di
un centesimo il peso del debito. La stessa via imbocca l’Italia, con una
manovra che avrà un puro effetto recessivo e che quindi potrà anche salvare il
bilancio di qualche banca ma farà sprofondare il paese nella miseria.
Bisogna contrastare con tutte le forze
queste misure e questa politica. Qui si gioca il futuro del lavoro, dello stato
sociale, dello stesso sindacato.
Occorre un’autocritica profonda in Cgil per le
carte di credito concesse a questo governo che, come si è visto, ha speso tutto
il credito ricevuto contro il mondo del lavoro. Occorre andare a uno sciopero
generale subito e prepararsi a fronteggiare fin d’ora le nuove misure, quelle
annunciate sul mercato del lavoro, che se avranno lo stesso segno della manovra
del 4 dicembre, saranno anch’esse terrificanti. Se stiamo sulla strada della
Grecia dobbiamo fare una sola cosa, lottare come fanno i lavoratori dei sindacati
greci: fino a che le cose non cambiano, in Italia e in Europa. Tutto il resto
sono chiacchiere.
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